Incontro con
Ando Gilardi

IL PIU' TRASGRESSIVO 
E GRAFFIANTE TRA I CRITICI 
E STORICI ITALIANI

Articolo e intervista:
© testo di Luca Pagni
e Lucio Valerio Pini

   
Per conoscere ancora meglio Ando Gilardi:
 
http://www.fototeca-gilardi.com/pages/gilardi.asp -  http://stores.ebay.it/Gilardi-Digitale

http://www.photographers.it/gilardi.cfm
 - 
http://www.photographers.it/tassellature.htm

http://www.photographers.it/articoli/auschwitz.htm


<< NEL SISTEMA DIGITALE LA MACCHINA E' SOLO IL MEZZO PER PROCURARSI IL FOTOTIPO
CHE ADESSO DIVENTA NON UNA SEMPLICE MATRICE DA STAMPARE
MA UNA VERA A PROPRIA SINOPIA DA TRASFORMARE NELL'OPERA
E CHE QUESTA PUO' ESSERE SCELTA FRA INFINITE VERSIONI. >>

 

Lezioni di fotografia di ANDO GILARDI: http://www.youtube.com/user/AndoGilardi
 

 

 
Lo specchio della memoria - Nuovo libro di Ando Gilardi

 

 
Lo specchio della memoria - presentazione del libro a Fano - 27 gennaio 2009

 

 

 

MEGLIO LADRO CHE FOTOGRAFO

Tutto quello che dovreste sapere sulla fotografia ma preferirete non aver mai saputo In questo agile libretto, un grande protagonista del panorama della fotografia italiana concentra la sua straordinaria esperienza maturata in più di mezzo secolo vissuto tra le immagini. La sua attività di fotografo nel campo del sociale, lo sviluppo di un’impostazione anarchica della teoria fotografica, l’indagine dei cambiamenti della società attraverso un’osservazione partecipata: sono soltanto alcuni degli ingredienti che compongono la vita avventurosa di Ando Gilardi e che, qui, si trasformano in riflessioni indispensabili per tutti i giovani che aspirano a diventare fotografi.
La fotografia è un’arte difficile, spesso praticata in modo amatoriale come distrazione dai pensieri quotidiani. E proprio a chi fotografa per diletto può risultare preziosa l’esperienza di Gilardi che, pur nella consapevolezza di trovarsi di fronte a un mezzo in continua evoluzione, conosce a fondo i meccanismi e i segreti di uno dei modi più meravigliosi che abbiamo per soddisfare il nostro “bisogno visivo”.

http://www.brunomondadori.com/scheda_preparazione.php?ID=2162

 

 

 

 

 

 

 

 

ANDO GILARDI

e...

LA FOTOGRAFIA DEL FUTURO
 

clicca QUA per leggere il nuovo articolo dell'Ando-Veggente

 

 


La vita è bella. Dedicata alle vittime innocenti di tutte le guerre.

Sala Polivalente Comunale "ex Iuta"

Arquata Scrivia (AL)


dal 26/1/2008 al 10/2/2008

un pannello della mostra   dettaglio di un pannello    
             
un pannello della mostra   un pannello della mostra


Sala Polivalente Comunale "ex Iuta", Via B. Buozzi - Arquata Scrivia AL
Orari mostra: Sabato: 10:00-12:00 / 15:00-18:00 Domenica: 10:00-12:00 / 15:00-18:00 Giorni feriali su prenotazione.
Per informazioni e prenotazioni: telefono 0143 600407

http://www.fototeca-gilardi.com/pages/mostra_arquata.asp


Come tutti più o meno sapranno il Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita con la legge numero 211 del 20 luglio 2000 del Parlamento italiano che ha aderito in tal modo alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata per commemorare le vittime del nazismo e dell'Olocausto detto forse meglio Shoah. Il testo dell'articolo 1 della legge così definisce le finalità del Giorno della Memoria: La Repubblica Italiana riconosce il giorno 27 gennaio data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz Giorno della Memoria, al fine di ricordare la Shoah, lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Ora, io nasco abito e vivo in provincia di Alessandria dove lo sterminio antisemita ebbe poche conseguenze numeriche: in totale 101 deportati, dei quali una trentina erano di una piccola città che non voglio nominare. Di questi sopravvisse e tornò viva a casa solo una donna e adesso quello che racconto sembra una parabola ma è invece una storia vera: si trova nel saggio di Adriana Muncinelli intitolato Even, pietruzza della memoria. Ebrei 1938-1945. La sopravvissuta era una povera donna dalle idee confuse, cominciò a raccontare le cose atroci che aveva visto ad Auschwitz fino a quando non venne convocata dal commissario di PS il quale la diffidò ad andare avanti a diffondere il panico perché molta gente attendeva ancora il ritorno dei cari dalla prigionia. Questa storia e altre anche più importanti, come per esempio il romanzo Se questo è un uomo di Primo Levi che prima di essere pubblicato venne respinto da due editori perché reputato inverosimile, mi confermò e conferma che senza le immagini della fotografia e senza i fotogrammi delle riprese, la Shoah ovvero il cosiddetto Olocausto e poi il Giorno della Memoria non ci sarebbero nella nostra coscienza e conoscenza. Proprio così e voglio ripeterlo con altre parole più chiare: senza le fotografie la gente comune non solo - ma anche gli storici - non crederebbero ai fatti, agli eventi, così come sono avvenuti nei loro casi e dettagli.

Tutto questo mi spinse a suo tempo e sono passati circa dieci anni, a fare una mostra dal titolo lungo La Gioconda di Lvov ovvero il capitolo mancante nella storia della Fotografia, mostra che da tempo si trova in Internet nel sito della Fototeca che porta il mio nome, dal quale può essere scaricata, guardata e volendo stampata. La quale mostra che è unica nel suo genere associa un centinaio di fotografie della Shoah ad altrettante citazioni tratte dai saggi storici più seri e famosi sull'argomento, che raccontano la medesima cosa raffigurata in ciascuna istantanea. In certi punti questi testi sarebbero incredibili come lo era il racconto di quella povera donna che dicevo se non ci fosse una fotografia eloquente che leva ogni dubbio. Molte di queste fotografie vennero prese diciamo da dilettanti e sovente quasi per caso; io e i colleghi storici che furono con me passo passo in questo lungo e non semplice lavoro, chiamammo queste istantanee con il nome di Fotografia Spontanea. In conclusione: oggi , alla vigilia del Giorno della Memoria abbiamo rimesso in piedi una rinnovata versione inedita della mostra che ho intitolato La vita è bella e che ho voluto dedicare ai bambini, alle vittime innocenti di tutte le guerre. In questa sala della ex-Iuta di Arquata Scrivia: la cittadina che mi ha dato i natali e dove il Comune ha stampato un mio strano manifesto che prende in prestito l'immagine di una scultura di Maurizio Cattelan, un grande artista contemporaneo che amo tantissimo.

Ma adesso devo concludere in modo difficile: io non ho simpatia per certe mansioni e una di queste è quella degli storici della Shoah, perché non scrivono mai quello che prima dicevo e cioè che ciò che nei loro libri li rende credibili è solo la Fotografia e specialmente quella Spontanea. Poi oggi quello che finisce per renderli patetici è che come ignoravano quella di ieri della Shoah, ignorano oggi la Spontanea della Spontanea che esplode in You Tube, il portale video su Internet che molti di voi conosceranno. Adesso quello che scrivo potete subito verificarlo: se voi in You Tube digitate Shoah, Holocaust, Nazi concentration camps, Evidence denial, deniers, lager, extermination nazi, WW war, camp jews, jewish e camminate per giorni lungo le immagini e i testi di questo rosario in inglese, vi vengono in video più di 7.000 video dove di Shoah se ne illustra, e scrive e canta per un totale di mezzo milione di immagini, che sono appunto Spontanee delle Spontanee: sono cioè fotografie e fotogrammi della Shoah rielaborati musicati e riproposti in You Tube da individui, spesso molto giovani, di tutto il mondo.

Ora concludo davvero e so bene quello che dico: tutti i Musei dell Olocausto della Terra, e tutti i fotolibri sull'argomento, e le Mostre come la mia, e anche i film come Il Pianista (che del resto in YT trovate anche quello!) insomma tutto ma tutto ma tutto quello che fino a oggi ha provato in un modo o nell'altro che quella povera donna che prima dicevo non raccontava fandonie ma parlava sul serio, ebbene tutto questo diventa un bel niente in confronto a quello che si trova in You Tube.

Proprio così: un lunghissimo Giorno della Memoria, non quello patetico che ha visto anche il Papa passeggiare per Auschwitz, ora comincia e si badi siamo appena al principio con un motorino di ricerca chiamato You Tube che tanti credono sia solo un giochino dei ragazzi per scaricare i film senza pagarli o caricare i video delle proprie bravate.
- fine discorso introduttivo -


Istruzioni per l'uso, ovvero i linguaggi dell'annientamento:

 


Questa mostra, dobbiamo riconoscerlo, è piuttosto complicata. Fin dalla nascita: l'idea ci è venuta assistendo una delle ultime sere dello scorso inverno, alla orribile presentazione da parte di un preside sciocco, di una ricerca sulla Shoah affidata ai ragazzi dei tre o quattro licei che si trovano in Acqui Terme. Durante la quale una brava e bella fanciulla, sbadigliando, fu incaricata della proiezione di alcune vecchie e logore istantanee scattate dagli Alleati nel 1945 in quello che restava dei lager ormai abbandonati: cioè mucchi di ammuffiti cadaveri spinti nelle fosse comuni da quelle macchine che si usano per i mucchi di terra e detriti. Pensammo allora di nuovo che il peggiore degli annientamenti non era quello delle immagini fotografiche, ma del commento che le accompagnava fra l'indifferenza generale.
 

Poi riflettendoci su e sviluppando un'idea che del resto ci ronzava da tempo, abbiamo deciso di fare un "discorso", quello appunto di questa mostra, per dire e provare che quello delle immagini da molto tempo, millenni, è sempre stato un linguaggio rivolto allo scopo di liquidare, annientare, qualcosa che, per riassumere tutto in poche parole, possiamo descrivere come l'intelligenza dell'uomo, il senso morale, la ragione e la logica. Le immagini e soprattutto quelle dell'Arte più eletta, più apprezzata e lodata, sono sempre state contro a qualcuno o a qualcosa. Il loro annientamento si può dividere in due tipi: o è rivolto contro un'idea o ne propone e impone una falsa. (...)
 

Per chi come il sottoscritto ha visto un milione di immagini, il loro "linguaggio" si è taciuto: come si dice  non fanno più effetto e ha solo imparato e non credere, appunto, che dicano ancora qualcosa che conti sugli eventi dai quali vennero prese o pensate. Ed è cresciuta in lui, semmai, la minima fiducia possibile sulla Parola, su quella specialmente della Poesia. In questa mostra ci sono molte poesie, molti versi: naturalmente sappiamo che nessuno li legge, ma non importa, importa che noi li abbiamo scritti, copiati o inventati. (...)
 

Come soggetto di Immagini gli eventi degli ultimi anni dell Ottocento e dei primi decenni del Novecento, sino alla seconda guerra mondiale, sono di estremo interesse. Non solo per gli studiosi e gli storici che possiamo considerare "addetti ai lavori", ma per chiunque ami l Arte. La caratteristica di questo periodo è l estrema vivacità culturale di alcuni gruppi, che, parallelamente a una cultura "ufficiale" più ingessata e acriticamente orientata a forme ripetitive e logore, si caratterizzarono con proposte innovative, o addirittura sovversive. Le prime manifestazioni di questa irrequietezza e voglia di sovvertire i canoni della tradizione iconica, potremmo trovarle nei movimenti simbolisti ed impressionisti nati per - attenzione! - sopravvivere alla Fotografia. Questi movimenti, ebbero il merito di rompere un principio: quello di credere che la filosofia fosse una cosa seria. (...) Lo stato hitleriano, così come lo stato mussoliniano, erano in ultima analisi vecchi vecchissimi stati etici, nati per liquidare le Immagini nuove "degenerate"; che sopravvissero alle cosiddette Dittature che tuttavia vennero poi liquidate dal cosiddetto Mercato. Dove l'Arte vale esteticamente solo il denaro che si ottiene in cambio. Così le Immagini alla fine annientarono anche se stesse: tutte le immagini sia chiaro, da quelle fatte a mano a quelle fatte a macchina.
 

(...) Vogliamo concludere queste istruzioni superflue con una battuta di brutta retorica? Nelle super-citate camere a gas di Auschwitz, nelle diecimila fosse comuni, sono definitivamente finite anche le Immagini. Sopravvive la Poesia, però ogni giorno che passa sempre peggio, a fatica.

Ando Gilardi


 

 

 
L'arte che nasce dall'arte, che nasce dall'arte, che nasce dall'arte

L'arte che nasce dall'arte, che nasce...

Mostra a cura di Marcello Sparaventi, allestimento di Sandro Rivelli.

dal 27/01/2007 al 7/02/2007

Inaugurazione il 27 gennaio 2007 ore 17:30;

presentazione di Pierpaolo Loffreda (docente di storia del cinema all'accademia di Urbino).

Saletta Nolfi (Antico Oratorio della chiesa di San Pietro in Valle) in Via Nolfi a Fano


 Promenade
 

Una mostra nata come...

Penso davvero che questa sia una mostra perlomeno insolita e per alcune ragioni che voglio elencare: primo, per la tecnica di fabbricazione delle immagini; secondo per la loro origine; terzo per come è cominciata. Cominciamo da quest'ultima: un giorno è venuto a trovarmi nel paesucolo dell' Alto Monferrato dove vivo, come si suol dire per commuovere, "i miei ultimi giorni" l'amico Marcello Sparaventi il quale crede davvero - e la cosa mi diverte - che sono un "grande" fotografo. Aveva con sé un portatile e mi chiese se gli lasciavo copiare qualche file delle mie "opere" e anche questo nome mi diverte. Gli ho aperto il mio archivio, tutto, che ne contiene migliaia, e lui ha passato tre giorni a fare copia e incolla, copia e incolla, copia e incolla. Alla fine credo che gli facesse male la testa: posso, mi ha detto, stamparne qualcuna? Puoi stampare quello che vuoi. Posso farne una SUA mostra a Fano? Puoi fare una TUA mostra. Ma le immagini sono SUE! Ma i file che hai incollato nel tuo portatile sono tuoi: io li avrò fatti ma tu li hai presi. Il dialogo amichevole e divertente è continuato per un pezzo ma Marcello non si è convinto e adesso ha voluto metterci il mio nome.  E cosí ancora una volta non sono riuscito a spiegarmi e a convincere che le fotografie, e i file delle fotografie, non si fanno ma si prendono. Pensate, ci sono milioni di fotografi artisti che non si rassegnano all'idea che quando eseguono, alcuni dicono catturano ed è più giusto, un'istantanea non la fanno ma la prendono con un attrezzo che la fa. Ripeto e non potete negarlo: la prendono con un attrezzo, un apparecchio, un portatile, che la fa. Ora tutti poi abbiamo la vanità, se facciamo una mostra, di firmarla con il nostro nome, di dire che siamo gli autori, ma questa per quanto simpatica e innocua è francamente paranoia. E resta il fatto che comunque, se proprio si crede necessario, che il nome, la firma dell'opera è dell'ultimo che l'ha presa. Ora dunque di questa mostra la firma giusta è Marcello Sparaventi (...)

Ando Gilardi



Restauri


Segni e colori molto affascinanti

 

(...) La mostra vuole rappresentare il laboratorio digitale di Ando Gilardi, molto contaminato dalle correnti storiche del novecento e vuole segnalare la continuità intellettuale che esiste tra il fotografo Gilardi che inizia a fotografare nel 1945 con lastre di vetro sensibile, studioso-ricercatore, fondatore di riviste e della Fototeca storica, autore di numerosi libri, e il Gilardi di oggi artista totalmente impegnato, esperto di elaborazioni digitali dalla fine degli anni novanta. Sono state scelte per la mostra di Fano circa cento immagini che sono simbolicamente allestite in sette gruppi: gli autoritratti, l'arte che nasce dall'arte, le donne vere digitali, la favola, gli alberi, Cristo spirali, Sara e i Gatti.
 

Le fotografie di Gilardi sono sorprendenti, immagini elaborate e molto belle, che attraversano la storia dell'arte e la riconducono a nuovi orizzonti estetici e politici. Gilardi stravolge i capolavori dei maestri, viola i codici della prospettiva e della natura, fa di ogni donna una Gioconda coi baffi ed è coinvolgente per lo stupore ludico del colore improbabile espresso nelle opere.

Vedrete che gli argomenti che Gilardi ha studiato per tutta la sua vita, ora si sono materializzati in segni e colori molto affascinanti, che hanno la forza di evocare concetti, con la grande coerenza e causticità che sempre hanno caratterizzato la sua scrittura. Sono le nuove immagini digitali di un "grande vecchio" della fotografia italiana.

Marcello Sparaventi.

L'albero di Giuda          Maddalna El Greco


Saletta Nolfi, Antico Oratorio della chiesa di San Pietro in Valle, Via Nolfi - 61032 Fano PU - orario 18.00-20.00 tutti i giorni. Per informazioni: 347 2974406, e-mail: marcello.sparaventi@alice.it

 

 


Appuntamento da non perdere:



Ando Gilardi a Milano

martedì 28 marzo 2006 - ore 21

Spazio Oberdan

viale Vittorio Veneto, 2 - Milano

 

Ingresso libero sino ad esaurimento posti

 

Per informazioni: tel. 02.77402807

Ufficio Stampa: Provincia di Milano - Settore Cultura
tel. 02.77406358 - 6359

 


Daniela Benelli

Assessore alla cultura, culture e integrazione

è lieta di invitarla

alla presentazione del video

della collana Gente di Milano prodotto da Medialogo

"Ando Gilardi. Fotografia e società"

di Tonino Curagi e Anna Gorio

oltre agli autori saranno presenti

Ando Gilardi

Gabriele Mazzotta

Paolo Namias

Maurizio Rosenberg Colorni

la redazione di “Phototeca”

la Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi

 

http://temi.provincia.milano.it/cultura/medialogo/ultimeproduzioni.html

Gente di Milano è una collana di video dedicata a personalità del mondo della cultura,
dell'arte e dello spettacolo, particolarmente attive a Milano, persone che hanno eletto il capoluogo lombardo
a luogo della loro attività e che rappresentano un punto di riferimento importante
per comprendere lo sviluppo culturale della città.

Una ricerca, attraverso il video, che risponde all'esigenza di conservare memoria di idee, parole, gesti,
sguardi di personalità che hanno espresso, ed esprimono, con la loro opera,
significative testimonianze di legame con la cultura e il territorio.
 

 


http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=5291

La guerra di Ando

 
Collecchio Film Festival - La guerra di Ando Collecchio Film Festival - La guerra di Ando
Ando Gilardi, oggi noto intellettuale e allora membro di una formazione garibaldina del basso Piemonte, racconta senza reticenze né oleografia la Resistenza nel territorio fra Genova e Acqui Terme alla luce della sua militanza comunista, stalinista e sionista.

Autore: Giuliano Grasso
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    Interprete: Ando Gilardi

    Visita il sito:
    www.collecchiovideofilm.it

  • Italian (447 downloads)

    data: 01/08/2006 - fonte: Collecchio Film Fest - lunghezza: 30,35 min.

    Per vedere il filmato:

    See RealPlayer format - ADSL See RealPlayer format - 56k

    Per scaricare il filmato:

     See Windows Media Player format - ADSL See Windows Media Player format - 56k

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    http://stores.ebay.it/Gilardi-Digitale

    Da quasi due secoli il Fotografo Artista combatte inutilmente per ammettere quella della Fotografia nel Pantheon delle Arti Visive quando la diffusione della loro conoscenza dipende proprio dalla stessa Fotografia: se la legge dei grandi numeri è vera, l’originale della Gioconda oggi è la sua Fotografia e il quadro al Louvre è un esemplare senza importanza da mezzo secolo non più fotografato ma riprodotto da riproduzioni. Sulla Fotografia Artistica pesa una maledizione: "è troppo fedele, troppo facile per essere presa sul serio". Ma non è vero: mezzo secolo fa Pablo Picasso in una conversazione registrata da chi scrive, spiegava che a parità di dimensioni la stampa fotografica a colori di un quadro che lui dipingeva in due ore, richiedeva due giorni per un costo maggiore di 100 volte.

    Per lo sviluppo del Mercato dell’Arte nascono nuovi valori. Il più falso è che l’opera d’arte debba essere originale e non copiata da un’altra. Il criterio capovolge quella che è stata per secoli la regola del dipingere; da sempre il dipinto nasce da un altro: un quadro ricco di effetti pittorici si dipinge imitando gli effetti già perfezionati da altri Pittori. Del resto è la regola che vale per la Musica, la Letteratura, il Cinema, il Teatro e tutte le Arti. Non si trova in tutti i musei del mondo un quadro figurativo che non ne imiti un altro, più o meno infedelmente: nei materiali, l’olio, le tempere, gli acrilici, eccetera, come nelle forme. Il pittore che dipinge un tramonto o una Madonna con Bambino ha come modelli altri tramonti e altre Madonne con Bambino.

    Da poco tempo è nato il Digitale. Chiamare Fotografia anche l’immagine Digitale non è giusto e dipende dalla vischiosità del linguaggio. Queste immagini non hanno ancora nomi propri perché l’evoluzione del mezzo è stata più rapida di quella del linguaggio, perciò siamo costretti a parlarne con vecchie nomenclature. I soggetti che illustrano sono vecchi di secoli, come il ritratto sacro e profano, ma nuovissimo è il procedimento che chiamiamo digitale. Infine alcune di queste immagini sono copie di copie di copie eccetera: arrivano da una lunga catena di trasmissione iconografica saltando da una immagine all’altra, cambiando forma, dimensione, colori, supporti e autori.

    Alcune delle immagini in questa eBay-galleria sono state prelevate da quadri appesi a un muro; altre da modelle viventi oppure da una loro foto tessera. In alcuni di questi quadri si vedono altre immagini di vario genere fuse insieme ma non sono fotomontaggi. Pochi hanno visto prima di adesso Opere d’Arte simili a queste; esistono e già si contano in Internet a milioni immagini digitali, ma queste sono le prime che nascono programmaticamente dalla tradizione dell’Arte nata dall’Arte. Le possibilità artistiche del metodo Digitale stanno dividendo la preistoria dell’Arte dalla sua storia moderna e futura. Seguitemi: ne vedrete delle belle.

    Ando Gilardi

     

     


    http://stores.ebay.it/Gilardi-Digitale

     

    Intervista a Ando Gilardi

    È ARRIVATA LA RIVOLUZIONE ICONOGRAFICA!

    Spunti per l’ennesima appendice
    ad un’infinita "Storia Sociale della Fotografia"

     

    Domanda: Una delle sue metafore preferite e più efficaci per raccontare l’evoluzione dei sistemi di fabbricazione delle immagini è quella ormai nota e collaudata che chiamiamo "Storia delle Matrici". La riassumiamo all’estremo limite di "compressione": lo scopo finale dell’evoluzione tecnica, nella produzione di immagini, è sempre stato quello di automatizzare completamente le quattro fasi necessarie: progettazione (disegno), trasporto, incisione e stampa della matrice; la fotografia per prima le aveva automatizzate tutte e quattro. Quando Lei afferma che la digitalizzazione, è una "rivoluzione" nella produzione di immagini intende che è qualcosa al di fuori di quella storica evoluzione?

     

    Risposta: Può sembrare impossibile, ma per rispondere a questa domanda non esiste ancora la terminologia necessaria, cioè le parole che riassumano il concetto appropriato. Non è una novità, questa mancanza di nuova terminologia nel parlare di Arte rivoluzionaria è la regola: le nuove parole vengono dopo la nuova produzione di nuove opere. Per cui risponderemo alla domanda in forma vaga: nella fabbricazione di una immagine digitale la progettazione, cioè il disegno, diventa un fatto mentale: una "immaginazione" appunto. Poi segue ma anche precede la scelta di un oggetto-soggetto nel quale si reifichi, si "incarni" l’idea immaginata. Nel nostro caso l’oggetto-soggetto è un’opera d’arte prelevata dalla storia antica o recente : pittura, scultura, fotografia, incisione … eccetera. Segue il prelievo dall’opera scelta che può essere eseguito con lo scanner o con l’apparecchio fotografico digitale. Il trasporto del "file" in cui si è trasformata l’opera prelevata, che volendo possiamo chiamare disegno numerico, avviene attraverso il calcolatore sul video dove appare la forma, la "riproduzione fedele" di tipo fotografico tradizionale, dell’oggetto-soggetto prescelto. Questa immagine video può essere fedelmente o infedelmente stampata con gli a getto di inchiostri sopra supporti di varia natura, dalla carta alla tela. Potremmo dunque con molta buona volontà (e… rassegnazione semantica in attesa della nuova terminologia) considerare l’immagine-video come una "matrice" variabile all’infinito: nei colori, nelle dimensioni, nelle contaminazioni possibili con altre matrici-video con le quali può combinarsi. Come ho detto, questa spiegazione sviluppata sulla base dell’uso della vecchia terminologia valida per l’immagine analogica e manuale è molto, diciamo, "stiracchiata". Quello che però conta di dire è che il procedimento digitale è infinitamente (in senso proprio) più veloce, comodo, economico di quello della produzione analogica. Il salto è realmente epocale.

     

    Domanda: Lei crede che questa "rivoluzione", abbasserà il livello di specializzazione o di naturale predisposizione necessario all’artista per realizzare le sue opere, e quindi si tratterà di una sorta di "democratizzazione" dell’Arte ?

     

    Risposta: Il livello di specializzazione del nuovo artista digitale sarà la funzione di tre variabili: la sua conoscenza delle possibilità tecniche del nuovo procedimento, ovvero delle numerosissime possibilità del mezzo; la sua creatività, ovvero la sua libera fantasia, ovvero la sua intelligenza; terzo, la sua cultura visiva, ovvero la sua concreta conoscenza della storia dell’arte cioè delle opere nate e rinate in un certo periodo. In poche parole: un artista dotato di molta fantasia creativa potrà realizzare buone cose digitali anche con i soli "rudimenti" del mezzo, e in questo senso si può parlare di "democratizzazione". Sarà comunque, io penso, sempre indispensabile una almeno discreta cultura visiva, cioè una conoscenza della produzione artistica antica e moderna. L’Arte, non sarà mai abbastanza ripetuto, nasce dall’Arte che resta il "mezzo" mentale, depositato nella memoria, della creazione del nuovo.

    Domanda: L’artista, il creativo in genere, assistito dal computer . e quindi dai programmi chiamati riduttivamente "di ritocco" come "Photoshop" o "Corel Draw", e dagli apparecchi fotografici digitali, secondo Lei è più libero o meno libero nelle sue espressioni?

     

    Risposta: E’ infinitissimamente più libero dell’artista fotografo analogico. La fotografia artistica diciamo tradizionale oggi esce dal medioevo della istantanea: oggi va stretta come non mai, come una camicia di forza ai fotografi artisti che cercano disperatamente di recuperare una sia pur modesta libertà di movimento riutilizzando "esteticamente" gli stessi errori fotografici (il mosso, lo sfocato, la sovra e sotto esposizione, le sovrapposizioni, le pellicole nate per altri usi, eccetera) come "effetti" artistici, come scelte creative personali. Molti fotografi artisti sono intelligenti e bravi, e compiono sforzi ammirevoli per uscire all’umiliazione cui sono costretti dalle povere possibilità del mezzo analogico, tanto più povere dopo i salti verso la libertà completa vecchie regole compiute dalle altre arti: pittura, musica, poesia, scultura, eccetera.

    Domanda: Lei ci insegna che tutti gli artisti del passato, pittori, scultori, fotografi o altro, hanno tratto ispirazione, e materia prima, dalle opere dei colleghi che li hanno preceduti; passando i secoli il campionario storico di forme e stili a loro disposizione è ovviamente aumentato. Secondo Lei l’evoluzione dei modi che hanno gli artisti di rappresentare la realtà che ci circonda deriva solo dai cambiamenti strettamente tecnici dei sistemi di fabbricazione delle immagini o anche dall’accumulo di questo enorme millenario giacimento-serbatoio culturale?

     

    Risposta: E’ un rapporto dialettico: il grande pittore "copista" più o meno infedele (Rubens da Tiziano, Picasso da Manet) aggiunge di proprio all’originale le sue nuove esperienze e invenzioni tecniche nuove. E’ questa evoluzione la prima sostanza dei progressi dell’Arte. E soprattutto si evolvono i materiali pittorici, specialmente i colori e i supporti: all’olio si aggiungono gli acrilici, le tempere, gli acquarelli, gli inchiostri a colori, gli smalti eccetera eccetera. E alla tela di lino si aggiunge quella di iuta, le carte di vario tipo, i legni massello o compensati, il vetro, eccetera.

    Domanda: Parliamo ora dei temi iconografici scelti per gli esperimenti digitali del laboratorio "Arte nata dall’Arte". Nel testo che segue avremo modo di leggere, che artisti (pittori, scultori…) hanno sempre tratto ispirazione ed esperienza da opere già eseguite da altri. Successivamente l’uso di altre immagini si sarebbe potuto assimilare all’uso di un attrezzo; per esempio la fotografia usata come assistente alla copia dal vero sia per i ritratti come per altri generi di pose o riprese d’ambiente. Con la fotografia digitale per la prima volta il tipo di contributo è assolutamente diverso. Nel testo che precede quest’intervista è ben illustrato il concetto di "riproduzione infedele", che spiega ciò che è stato fatto per la mostra "Le Belle Infedeli" ma nell’esperimento "Bevevano i nostri Padri", forse per la prima volta nella storia, le cavie sono antiche fotografie. Si possono ancora definire -riproduzioni infedeli – o c’è qualcosa di più?

     

    Risposta: La fotografia, soprattutto usata per fare arte, è un mezzo, un "procedimento", in evoluzione. La sua vicenda è di 170 anni, l’annuncio della scoperta fu dato nel gennaio del 1839.Abbiamo il primo periodo "paleolitico" dei dagherrotipi durato meno di una ventina d’anni; al quale è seguito il periodo "preistorico" delle talbotipie, calotipie e delle immagini nate negative e poi stampate a contatto in positivo sempre su carta, che hanno sicuramente un grande pregio artistico come lo possono avere le antiche incisioni xilografiche. E’ seguito il periodo storico delle varie collotipie e ambrotipie del fototipo negativo su vetro, stampato su carta sensibile sottile e ancora a contatto, seguito dal periodo della fotografia "istantanea" su "pellicole" stampate a contatto e presto ingrandite, periodo che considero il "medioevo" fotografico nel senso deteriore della parola. La presa negativa si otteneva con una "posa" di meno di un 15° di secondo e richiedeva dunque un tempo lavoro insignificante, come pure la stampa in positivo. Questo rappresentò un grande vantaggio per l’impiego della fotografia in molte applicazioni (documentazione, informazione, scienza, sport, eccetera) ma non un progresso nella produzione di immagini che potessero considerarsi veramente opere d’arte. Infatti la società, la nostra cultura, non le ha mai ammesse seriamente come tali: nell’immensità del Louvre non si trova appesa ai muri una sola istantanea. Il medioevo fotografico dura fino ai nostri giorni e sta tramontando con l’avvento della immagine digitale. Sottolineo che io parlo sempre di immagini nate e proposte come opere d’arte, diciamo per meglio capirci da appendere al muro in cornice. Ora queste nuove opere digitali, ma è una scelta per restare nella tradizione, possono nascere ancora come sempre dall’Arte storica, cioè "copiate" più o meno infedelmente dall’immenso repertorio delle immagini di ogni genere, pittura, scultura, incisione; e anche dalle "istantanee" sublimando come dalle sinopie nell’affresco la loro poverissima qualità artistica. Si compie in questo modo un salto epocale dal "medioevo" alla nuova e vera Arte Fotografica.

    Domanda: Per l’esperimento "Gipsoteca Monteverde" le cavie sono opere plastiche, un raro caso in cui un’opera a due dimensioni nasce da un’altra a tre, senza che la prima sia solo la semplice copia fedele della seconda. Per acquisire le tecniche di "copia infedele" dal vero, questo può essere considerato un esercizio utile quanto lo era la "copia dal vero" classica. Tuttavia queste forme classiche mantengono con molta forza il ricordo della realtà della "cavia": secondo Lei l’artista può applicare nella copia infedele digitale le sue proprie stesse capacità di sintesi e quindi avere le stesse possibilità di spaziare tra astrattismo e realismo, che potrebbe avere utilizzando i sistemi di copia "manuale"?

     

    Risposta: Certamente, anzi la sua chiamiamola libertà infedele non ha e soprattutto non avrà con i progressi informatici limiti. Una prima libertà più importante è quella del formato possibile: la stampa dell’opera digitale può essere di molti metri quadrati, e anche su tela, dimensioni prima possibili solo con l’affresco. Il passaggio dal figurativo dell’"originale" infedelmente copiato all’astratto della nuova opera digitale e in infinite varianti sarà "mostruosamente" variabile. Questo comporta anche in superamento senza ritorno dell’arte della serigrafia, con conseguenze assai gravi per questa industria. Ma temo e spero insieme che si avranno conseguenze sul mercato dell’arte del Novecento, dal cubismo all’astrattismo, da Picasso a Kandiski. L’astrattismo digitale su tela ad alto livello, indiscutibilmente "bello", si potrà prelevare anche dal disegno di un bambino, una volta che sia stato trasformato in pura informazione matematica. Qui parlo sempre di arte nata dall’arte per il gusto di restare nella millenaria tradizione storica. Secondo me, in questa tradizione, un vero nuovo e antico artista insieme preferirà copiare un tramonto, o una bottiglia, dipinte da una grande Maestro, che non un tramonto o una bottiglie veri. Del resto sempre di copiare si tratta.

     

    Domanda: Nell’esperimento "Fiori immaginari" l’Arte come materia prima non è un’immagine o un oggetto d’arte plastica ma alle origini c’è un "capolavoro" della natura prelevato dalla realtà direttamente con procedimento digitale; con quale motivazione Lei sceglie i soggetti per le sperimentazioni digitali, siano Opere d’Arte naturali o artificiali? Sono criteri estetici o anche filosofici?

     

    Risposta: I fiori sono un caso speciale come aveva bene capito Andy Warhol: non sono artisticamente parlando opere della natura ma opere … indefinibili. Sono la vera prova ontologica dell’esistenza di un Dio. Le confesserò una cosa: credo di essere riuscito a ottenere copie dai capolavori della pittura migliori degli originali. Non sono mai riuscito a "migliorare" un fiore. Ne ho ricavato immagini più strane, spettacolari, stupefacenti, eccetera dei fiori veri ma non esteticamente superiori. L’unico effetto aggiunto positivamente è quello dell’ingrandimento: una copia grande mille volte il fiorellino da cui è stata presa sembra più bella. E’ solo più grande.
     

    A cura di Patrizia Piccini
     

     

     


    "Siamo nel mezzo di un enorme salto epocale che cambierà tutta la cultura totalmente
    e non solo quella fotografica: il salto dell'analogico al digitale.
    Il salto dalla fotografia analogica alla digitale
    è solo paragonabile a quella dal sistema tolemaico al copernicano.

    Se dovessi riassumere l'essenza di quello che ho imparato in mezzo secolo di fotografia
    direi che ho capito bene che ... la fotografia di un quadro non è un quadro ma una fotografia.
    Sembra un battuta ma non lo è."

     bonne lumiere Ando
     

     


    Incipit di<<
    FRANCO FONTANA - LA LINEA DELL'IMMAGINE >>
     

    presentazione di Ando Gilardi
     

    supplemento di "Fotografia Italiana" 241 - settembre 1978

     

    <<Il sottoscritto, che ha avuto l'incarico gradito ma difficile di parlarvi di Franco Fontana, non è un critico e non vuole nemmeno sembrarlo. Si occupa di ricerca fotografica in questo senso: da una determinata attrezzatura, o da una certa quantità di materiale sensibile, cerca di ricavare, sperimentalmente, la maggiore e migliore qualità di quelli che si chiamano «effetti» o materiali grafici, intesi come colori, sfumature, grigi disponibili per la fabbricazione delle immagini. Insomma, chi scrive è un tecnico , modesto, per il quale, dicendolo in metafora, il fotogramma è un mezzo limone, molte volte imperfettamente spremuto lasciandovi dentro il succo. E che cerca accorgimenti operativi per ridurre lo spreco delle capacità espressive della fotografia, nel senso che rimangono inutilizzate.>>
     

     

    L'intervista è stata prodotta nel 1997

    ma viene riproposta in occasione dell'uscita del libro
    "WANTED! Storia, tecnica ed estetica della fotografia criminale, segnaletica e giudiziaria"

     per i tipi di Bruno Mondadori.

    Ando Gilardi: geniale distruttore di miti.
    Ando Gilardi: recensore epatante.

     

    Ando Gilardi

     In questo autoritratto si ritrae  in mezzo ad innumerevoli opere d'arte erotica virtuale.
    E' molto recente ed è tratto dalla sua ultima ricerca in digitale che ha voluto intitolare
     "Il mercante d'Arte"

    Ando Gilardi

    Si autodefinisce come un vecchio fotografo invidioso e un po' maligno, rimbambito, cinico, morboso, voyeur, nichilista, sionista, narcisista, ribelle stalinista, velenoso, retorico  e perfino zoppo, con una coscienza equina, afflitto da schizofrenia critica con sdoppiamento della personalità e rotolante nel grasso come i ciccioli di maiale alla turca. Sostiene di non essere più capace di scrivere un testo serio su ordinazione, e quando ci prova diventa "estremista, manifestando tutta la velenosa retorica di chi non distingue ciò che davvero pensa dalla massa celebrale di tutto quel lo che pensa".

    I suoi testi sono dichiaratamente scritti in "barocco", ovvero con parole che quasi non esistono e includono appena un frammento di lingua reale, allo scopo di "epatare il lettore", cioè di strabiliarlo.
         Gilardi ha appena la metà dell'età della fotografia e da almeno mezzo secolo si interessa attivamente a tutto ciò che è immagine ed iconografia, dal graffito ai moderni libri elettronici interattivi di cui lui stesso è stato ideatore e primo realizzatore, affogando nella propria presunzione Gilardi arriva a pretendere di  "svolgere nel  Paese della fotografia  la stessa funzione  di Gorbaciov nel Paese dei Soviet", di essere "l' origine della fotografia"  e al tempo stesso "la prova vivente che la fotografia non esiste".
         Gilardi può essere definito senza timore di smentita, un caso limite di un essere relegato ai margini della società nonché la rappresentazione quotidiana degli elementi dissonanti e di disturbo, dell'equilibrio sonnolento e perbenista delle società del vecchio e nuovo mondo.
         Un critico e uno storico  che arriva ad ammettere di ripetersi, perché non ha più nulla da dire anche perché quello che ha detto lo ha quasi sempre detto "contro". Se l'è presa con tutti:  persone, istituzioni, ideologie. Ha "demolito" Cristoforo Colombo, Stieglitz, i fotografi della Farm Security Administration e perfino la povera Roberta Valtorta. Ando Gilardi è tutto questo e forse anche di più.
         La sua cultura enciclopedica  l'ha portato ad essere autore di innumerevoli articoli, saggi e testi, tra cui ricordiamo "Storia sociale della fotografia", "Sillabario fotografico  per la prima elementare"  e  "Fotografie di maciari e della loro clientela"  splendido saggio pubblicato sulla rivista "Ferrania", e ritenuto  "fondamentale sulle applicazioni sociologiche della fotografia"  dal critico della fotografia, di fama internazionale, prof. Italo Zannier.
         Lo stesso Zannier riconosce ad Ando Gilardi il merito di aver osservato con occhio "nuovo" la storia dell'immagine in generale, e non soltanto della fotografia, e di averla fatta riscoprire ai più giovani "...in una dimensione meno noiosa e accademica".
         Ando Gilardi dichiara di aver letto nella sua lunga vita professionale, almeno un milione di libri sull'immagine e di averne recensiti oltre cinquecento (nell'arco di dieci anni) per la rivista "Progresso Fotografico" il cui direttore non ha mancato di descriverlo come 
    "una persona scomoda e sostenitore di posizioni spesso controcorrente ma comunque una voce importante della fotografia italiana".

    Abbiamo intervistato questo personaggio per sapere qualcosa di più sul "suo" modo di vedere l'immagine e tutto il mondo che ad essa ruota intorno.

     

    Photographers
    Sig.Gilardi, Lei ha sempre scritto sulla fotografia con taglienti durezze, aspri commenti intrisi di vetriolo, stroncature, turpiloqui, fini ironie, ma sempre con una lucidità geometrica delle idee. Le domandiamo: qual'è la "sua" fotografia?
    Gilardi :
    La "mia" fotografia cambia nel tempo, ma è naturale. La regola: a 30 anni uno vede 2000 fotografie e ne apprezza 100, a 40 anni ne vede 10.000 e ne apprezza altre, ma sempre 100, a 70 anni ne ha viste 100.000 e ne apprezza sempre, altre, 100. Ma questo vale per i libri, i film, le musiche, i quadri, eccetera. Qual'è oggi la "mia" fotografia? Quella spontanea e anonima dello Sterminio degli Ebrei in Europa.
    Photographers :
    Quando e se, secondo lei, la fotografia diventa arte e il fotografo artista?
    Gilardi:
    La fotografia diventa sicuramente arte e il fotografo è sicuramente artista, quando è in buona fede.Se uno ha come me (purtroppo(c) mezzo secolo di mestiere,  riconosce la buona fede e dunque  l' arte vera, alla prima occhiata.
    Photographers :
    Si afferma che la fotografia possa contribuire a cambiare il modo di vedere della gente e quindi il mondo...lei cosa ne pensa?
    Gilardi :
    Penso che non sia vero, ma che è vero il contrario. E' la "gente" che potrebbe cambiare il modo di fotografare, se la gente cambiasse. La fotografia nella norma vale poco perché la "gente" non cambia.
    Photographers :
    A chi serve la fotografia?
    Gilardi :
    C'è la fotografia come prodotto (pubblicità, cronaca, scienze...) c'è quella come consumo (amatoriale, artistica...). La prima serve ovviamente a chi la fa, per vivere e a chi la compera per usarla, la seconda a chi la fa e a chi produce apparecchi e materiali per fotografare.
    Photographers :
    Lei ha affermato che l'utilità dei critici e degli storici non consiste in quello che dicono ma in quello che non dicono, e che il loro scopo essenziale risiede nella legittimazione "spirituale" del potere... Come definisce il suo ruolo specifico, qual'è la sua utilità?
    Gilardi :
    Gli storici e i critici, ma non solo e non tanto della fotografia, ma in generale sono come quel dottor Linguetta di Striscia la Notizia, alcuni leccano meglio, altri peggio, ma leccano tutti. Non è un "tradimento" della loro mansione ma è proprio la natura stessa del loro mestiere.
    Photographers :
    A chi servono i critici e chi sono i "suoi" "critici di regime"?
    Gilardi:
    La critica serve a far campare il critico, come la musica il musicista, la pittura il pittore, e così via: è un lavoro come tanti. Tutti i critici sono di regime come tutti i giornalisti,gli insegnanti, tutti i pittori, tutti i magistrati, eccetera. Quelli che non sono direttamente di regime, come me, servono a dare un  minimo di chiaroscuro al regime, che altrimenti  sarebbe  troppo piatto. La società e la cultura in generale,  sarebbero semplici da spiegare: troppo. Complichiamo le spiegazioni per darci delle arie.
    Photographers
    Le gallerie, a suo avviso, aiutano la fotografia o servono solo per gestirla meglio?
    Gilardi :
    Le gallerie servono all'utopia fotografica, servono a dare "importanza" alla fotografia di consumo di tanta brava gente. Rendono felici molti fotografi e per me, naturalmente, questo va benissimo.
    Photographers :
    Nella sua prima mostra fotografica personale: "Memorie di un fotografo pentito" (riproposta nell'estate 1997 a Villa Pomini (Va) ndr) si dice pentito per aver umiliato la fotografia, mettendola a servizio delle utopie sociali, ed autoaccusandosi di aver usato la fotografia come un'arma, che ha definito dolorosa e fonte di ridicolo. Perché le piace perseverare?
    Gilardi :
    Mi sono pentito della mia attività fotografica dei primi vent'anni e anche un poco vergognato, ma senza dramma, anzi ¡   Con un poco di nostalgia. Come siamo stati presi in giro ¨ a me è successo anche questo). Ma per essere sincero fino in fondo, non posso anche fare a meno di pensare che se mi fossi dedicato subito alla fotografia commerciale,  invece che a quella sociale, oggi potrei rendere felici  cento cani  invece due. Comunque è andata bene così: mi pento però non mi lamento.
    Photographers :
    Lei ha letto e criticato moltissimi libri sulla fotografia, qual'è a suo avviso lo stato di salute dell' editoria fotografica italiana, anche rispetto ad altri Paesi europei o americani?
    Gilardi :
    L'editoria fotografica italiana è molto modesta, ma lo è l'editoria italiana in generale,cosí lo è il nostro cinema, la pittura,le scienze, eccetera. Credevamo di essere bravi almeno nel gioco del pallone, ma ha visto com'è andata? (il riferimento è ai Campionati Europei del 1996). Siamo un Paese con una storia grossa grossa, ma un presente piccolo piccolo. Ma io ci invecchio volentieri.  Certo, se avessi vent'anni, partirei per New York anche per fare lo spazzino.
    Photographers :
    A Milano esiste una Fototeca Storica Nazionale che porta il suo nome, ce ne può parlare?
    Gilardi :
    La "Fototeca Storica Nazionale ­ archivi Elettronici Iconografici" delle sorelle Patrizia e Elena Piccini,  alla quale  hanno voluto dare il mio nome, e ne sono orgoglioso, è la societa' più avanzata in Italia nel campo della registrazione, trasporto e imballaggio delle immagini, nelle vecchie forme analogiche e nelle nuove forme digitali. Può sembrare strano, ma è proprio così.
    Photographers :
    In conclusione: chi è veramente Ando Gilardi "Fotografo esemplare"?
    Gilardi :
    Un vecchio contento di essersi occupato di immagini, e non solo di quelle fotografiche, per tutta la vita. E' un lavoro difficile e faticoso, ma molto bello.


    Cliccare sulle immagini per ingrandirle
     

    Wanted ! ... - Gabriele Mazzotta Editore - 1978 


    Wanted ! ... - Paravia Bruno Mondadori Editori - 2003
     


    "L'illustre prof. cav. uff. Rodolfo Namias
    [1867-1938] pubblicò
    (Progresso Fotografico n. 9 Anno XIX del 2 settembre 1912) sotto il titolo:
    La mancata identificazione d'un delinquente
    e le deficienze tecniche del comune ritratto fotografico per quanto riflette la somiglianza

    Un articolo poco benevolo nei riguardi della Questura di Milano, a proposito degli accertamenti fati in confronto
    del sospettato autore dell'assassinio di un sacerdote, avvenuto sotto la Galleria Vittorio Emanuele, di detta città.
    In quell'articolo, l'esimio cultore di fotografia, lamenta che il servizio segnaletico si dimostrò
    assolutamente insufficiente o, meglio, incapace del suo altissimo ufficio.
    E la critica, dettata indubbiamente dall'amore grande che il Prof. Namias nutre per la fotografia in genere, ha, mi pare,
    assunto un atteggiamento d'insolita asprezza, sotto l'incubo forse, della commozione che invade tutta
    l'ottima cittadinanza, all'annuncio del grave delitto e alla tema di ritenerlo impunito.
    Sennonché, pregato, con tutta   serenità d'esame, mi farò a contestare gli addebiti elevati contro la funzione fotografica segnaletica; funzione che bisogna pur convenire, non è ancora da tutti conosciuta abbastanza."

    Questo articolo è stato  pubblicato sulla Rivista internazionale illustrata "La fotografia artistica" nel  dicembre 1912.

     Da allora ad oggi molte cose sono cambiate ed Ando Gilardi, con acutezza e sarcasmo, ce ne parla  in ben 10 capitoli:

     "WANTED! Storia, tecnica ed estetica della fotografia criminale, segnaletica e giudiziaria"

           Prefazione                                                                                                              IX
     1.   Un ministro degli Interni per la pensione di Daguerre                                                 7
     2.   La "targa fotografica" alla faccia di tutti i cittadini                                                     22
     3.   Negli Atlanti di medicina legale tocca il vertice l'immagine ottica                               35
     4.   La fotosegnaletica come rito del gran sacerdote Bertillon                                         53
     5.   Un occhio che non ha preconcetti se anche li avesse chi l'usa                                   72
     6.   Due Gemelle diffondono in Italia la grande filosofia del Bertillon                               89
     7.   Del masturbarsi "davanti alla" o "con" la macchina ed altre stramberie criminali       108
     8.   Il cartellino segnaletico come opera dell'arte contemporanea                                  135
     9.   Da Ellero a Gernsheim tutti danno addosso alla fotografia artistica "alle polveri"      157
    10. Come guarire le piaghe sociali con l'unguento dell'amplificazione criminale              174
           Note                                                                                                                    195
           Bibliografia                                                                                                           197
           Indice dei nomi                                                                                                     205

    Questa nuova edizione presenta un'importante prefazione di ben 34 pagine
    in cui Ando Gilardi spazia con l'acutezza ed il sapiente sarcasmo che lo caratterizzano,
    dal passato al presente dei vari modelli di fotografia segnaletica, senza tralasciare uno slancio verso il futuro!

    "La fotografia segnaletica specifica di polizia nelle schede per archivi di ricerca dei criminali
    nasce da quella artistica eseguita per la scultura.
    Le fotografie segnaletiche <<classiche>>, con il passare degli anni, fuori dalla propria attualità,
    soprattutto se sono morti i soggetti, finiscono per entrare nella categoria delle opere d'arte:
    non certo per l'esposizione al pubblico ma per il collezionismo.
    In alcuni casi vengono compromesse anche celebrità viventi criminali o niente affatto criminali.
    <<Wanted!>> come forma delle immagini e come invenzione grafica (il sembiante di fronte e di profilo)
    è antico di secoli..." (cit. pag. XX)

     


    Steinberg visto da Ando Gilardi...

     


    La Sindone, rivista da Ando Gilardi...

    Un esempio di Autoritrattophotomaton che non ha precedenti nella storia dell'autosegnaletica:
    i moderni apparecchi digitali con ottica rotante (Nikon Coolpix, ad esempio) consentono l'autofocus da brevissima distanza per cui l'operatore può riprendersi in multipose diverse successive tenendo personalmente l'apparecchio, guardando in obiettivo, inquadrandosi nel piccolo schermo della macchina e cambiando espressione durante la ripresa."
    (cit. pag. XXVII)


    Ando Gilardi in un accattivante <<Autoritrattophotomaton>>

     

     


    C
    OMUNE DI ACQUI TERME - BIBLIOTECA CIVICA

    Biblioteca Civica e S.B.A.A.
    Via Maggiorino Ferraris, 15 - 15011 Acqui Terme (AL)
    Tel.: 0144 770267-219 - Fax.: 0144 57627
    E-mail: 
    AL0001@biblioteche.reteunitaria.piemonte.it

    La Biblioteca si è integrata con un programma di Mostre Didattiche che trasformano le pareti della galleria in "scaffali" per la consultazione di Immagini e Testi complementari. E’ stato elaborato un primo programma di 6 mostre; in questi giorni è stata aperta la terza. Di seguito i titoli di tutte le Mostre passate e future.
    L’esecuzione del programma, poiché ogni rassegna dura 2 mesi, si concluderà alla fine dell’anno.
     

     
    http://www.acquiterme.it/biblioteca.htm

    dal 28 ottobre 2004 al 25 gennaio 2005

    è aperta con gli orari della Biblioteca Civica di Acqui Terme (AL)

    la quinta mostra didattica di Ando Gilardi

    "L'ABC della follia"
    http://www.fototeca-gilardi.com/pages/gilapitt_abcfol.htm

     

    Chi ha visto le precedenti non ha bisogno di presentazioni.

    A chi non le ha viste possono essere utili le parole di Gilardi:
    "non è davvero semplice (...) L'uomo e' un pazzo da sempre (...). Questa mostra e' un campionario di ribellioni, raffigurate e scritte. Mostra inutile o sprecata? Gli Autori lo sanno benissimo: sanno che farla, e costa molta fatica, e' pura... follia"

     

    Biblioteca Civica "La fabbrica dei libri", Via Maggiorino Ferraris, 15 - 15011 Acqui Terme AL

    Per informazioni: telefono 0144 770267, e-mail: al0001@biblioteche.reteunitaria.piemonte.it

     


    3° L’ABC della Guerra – contaminazione e fusione digitale fra opere di Otto Dix sulla prima Guerra Mondiale con poesie di Bertolt Brecht e di altri. Primo esperimento mondiale.

    Per saperne di più: http://www.fototeca-gilardi.com/pages/gilapittguerr.htm

    ABC della guerra

    Alla Biblioteca Civica di Acqui Terme
    dal 12/2/2004 al 12/4/2004

    Una mostra didattica non deve essere "visitata" ma deve essere letta e studiata come un libro di testo. Le sei mostre didattiche (siamo solo alla terza) di questa Biblioteca con Galleria d'Arte unica al mondo, sono dedicate ai giovani, che possono leggerle o non leggerle: come vogliono. Ma sarebbe meglio che le studiassero: se non lo fanno non sono poi tanto Giovani e nemmeno Adulti: Dio solo sa cosa sono.
    Questa mostra è un esempio di Contaminazione Globale fra Immagini e Poesia consentita dal nuovo mezzo digitale. È il primo storico esempio e nessuno ci crede, ma nemmeno nessuno ha creduto a Copernico per centinaia di anni.

    Adesso pensavo, mi piacerebbe morire tra le mie lenzuola...        Seppellitemi dalla cinghia in su: gli stivaloni lasciateli fuori...
     


    L’Arte Digitale nata dalla Storia dell’Arte -
    http://www.fototeca-gilardi.com/pages/gilapittvogh.htm

    Estate 2003

    una prima illustrazione delle conseguenze estetiche nella Pittura antica e moderna della rivoluzione della Fotografia Digitale.

     


     

    Bevevano i Nostri Padri - http://www.fototeca-gilardi.com/pages/gilapittbeve.htm

    Dal 12 novembre 2003 al 7 gennaio 2004 -

    INAUGURAZIONE: Mercoledì 12 Novembre 2003 ORE 17.45

    Comunicato stampa della mostra © Testo di Ando Gilardi

    << In meno di due anni gli apparecchi fotografici digitali hanno sostituito quelli tradizionali, detti analogici: si è trattato senza confronto della più grande rivoluzione tecnica  e iconologica non solo nella Storia della Fotografia ma della Cultura e dell’Arte  visive di tutti i tempi. La rivoluzione più che storica addirittura epocale è al principio e le sue conseguenze anche economiche oltre che estetiche sono imprevedibili: si pensi alla possibilità già in atto di prendere una fotografia o un breve film con gli ultimi telefonini e alla possibilità di spedirli subito telefonicamente. La maggior parte dei “consumatori” di immagini non se ne sono ancora resi conto; la scuola già vecchia sta invecchiando velocemente. Presso la Biblioteca Civica di Acqui Terme è stata aperta questa estate per due mesi la prima mostra mondiale di Arte digitale nata dall’Arte storica: il successo è stato modesto, per visitare e “capirla” la mostra richiedeva un salto mentale che anche agli esperti dell’Arte la maggior parte dei quali non sono ancora in grado  di compiere.

    Il 12 novembre nella stessa Biblioteca Civica sarà aperta una seconda mostra mondiale della Fotografia di Ingrandimento ed Elaborazione digitali. Questo rivoluzionario procedimento consente infatti di ingrandire per la stampa, e modificare anche radicalmente le dimensioni e la forma delle immagini prelevate da un originale (ritratto di persona ) o da un’altra immagine (ritratto di un ritratto) fotograficamente. Questo consente altresì il recupero artistico straordinariamente economico dell’accumulo di miliardi di vecchie e nuove fotografie tradizionali come delle immagini di ogni genere dell’Arte antica e moderna che riproducono. Non è facile rendersi conto di cosa questo significa; anche dal punto di vista  sociale. Fra l’altro la fine dell’Arte storica e moderna nelle sue forme correnti, degli “stili” e dei suoi depositi tradizionali, come i musei, eccetera.

    L’operazione dovrebbe interessare soprattutto, per la conoscenza del problema della trasformazione radicale analogica nella comunicazione, chi ha già rapporti con l’iconografia e la didattica, come gli Artisti e gli Insegnanti. La mostra resterà aperta negli orari della Biblioteca fino a Natale, l’ingresso è gratuito. Le elaborazioni sono eseguite su antiche (secolari) fotografie di bevitori “famigliari” >>
     


    4° L’ABC della Follia – contaminazione e fusione fra le Immagini della Follia tratte dalla Storia dell’Arte, e le poesie di Rimbaud, Lee Master e di altri Poeti. Citazioni elaborate di testi sulla pazzia da Freud e altri psichiatri.

    5° Il Vino e l’ Uva nelle Xilografie Popolari – esempi di recupero digitale e ulteriore estetizzazione delle stampe "a risparmio" varie incisioni e disegni; con la collaborazione del Wine Museum of San Fancisco.

    6° Combattimento delle Immagini Oscene – rassegna storica della evoluzione dalla Pornografia all’Erotismo e all’Arte narrata in digitale. Il ritorno vittorioso dell’iconografia "vietata" alle Grotte di Clochemerle.

     

     

    LIBRI DI ANDO GILARDI

     

    Il Risorgimento italiano nella documentazione fotografica, Ferrania, Milano 1960.
    Il colore nella fotografia, collana "I documentari", Istituto Geografico De Agostini, Novara 1972.
    La Fotografia Creativa. Guida a fabbricare immagini diverse. Fratelli Fabbri Editori, Milano 1977.
    Storia Sociale della Fotografia, Feltrinelli Editore, Milano 1976. (ristampa 1981).
    Wanted! Storia, Tecnica ed Estetica nella Fotografia Criminale Segnaletica e Giudiziaria, Mazzotta, Milano 1978.
    Fotografia macchina per insegnare, Ilford, Saronno (VA) 1979.
    Muybridge, il magnifico voyeur, Mazzotta, Milano 1980.
    Dalle origini alla fotoincisione: storia di un'immagine molto salata, Ilford, Saronno (VA) 1981.
    La fotografia senza obiettivo, Ilford, Saronno (VA) 1981.
    Storia Sociale della Fotografia, seconda edizione, Bruno Mondadori, Milano 2000.
    Storia della fotografia pornografica, Bruno Mondadori, Milano 2002.
    Wanted! Storia, tecnica ed estetica della fotografia criminale, segnaletica e giudiziaria, nuova edizione aggiornata, Bruno Mondadori, Milano 2003.


    Tra i libri "collettivi" segnaliamo "I viaggi verso sud di Ernesto De Martino", Ed.
    Bollati Boringhieri 1999,
    a cura di Clara Gallini e Francesco Faeta, con fotografie di Arturo Zavattini, Franco Pinna e Ando Gilardi.

    Cliccare  qui  per leggere la presentazione del libro, firmata dal Prof. Faeta (ordinario di Antropologia culturale).

    120-32 Narrazione di un episodio di affascinazione, Albano di Lucania, 17-28 maggio 1957

    << Le mie istantanee servivano a De Martino come dati mnemotecnici, come nodi visivi al fazzoletto della Fotografia, per rivedere gli eventi ed illustrare i suoi testi. Faeta mostra una rara capacità di analisi delle fotografie scrivendo che, mentre quelle di Pinna e Zavattini avevano lo scopo "...di servire ad altro fine, culturale e commerciale, che non quello per cui erano eseguite..." le mie"... furono eseguite per funzionare esclusivamente nel dispositivo della ricerca e della riproposizione etnografica e sono realizzate in una condizione di grande umiltà conoscitiva". Faeta cita la mia affermazio­ne: "...mi spaccavo la testa per capire ciò che de Martino, che era un uomo la cui intelligenza funzionava a 360 gradi, volesse, e facevo di tutto per rea­lizzarlo". E tale del resto fu sempre il mio impegno nei molti anni in cui ho fatto il fo­tografo per conto di altri an­tropologi e sociologi, come Tullio Seppilli, Diego Carpitella, Silvio Pampiglione, Danilo Dolci; di cento sindacalisti della CGIL, fra i quali il glorioso "bracciante" Giuseppe Di Vittorio, che nelle sue "spedizioni" nel Sud anche lui mi portava con sé, e che oggi vorrei ricordare, insieme a De Martino e a tutti, con nostalgia e affetto. >>
    (cit. Ando Gilardi, Progresso Fotografico, novembre 1999, pagina 76)
     


    Il 1° Maggio 2000

    a Villa S. Lorenzo


    I viaggi nel Sud di Ernesto de Martino

    fotografie di
    Arturo Zavattini
    Franco Pinna
    Ando Gilardi

     

    ore 15.00
    inaugurazione

    interverranno:

    Andrea Barducci
    Sindaco di Sesto Fiorentino

    On. Francesca Chiavacci
    Presidente Istituzione Servizi Educativi Culturali e Sportivi di Sesto Fiorentino

    Clara Gallini
    Presidente Associazione Internazionale Ernesto de Martino

    Ivan Della Mea
    Presidente Istituto Ernesto de Martino

     

    ore 16.00
    concerto del gruppo ARAMIRÉ

    compagnia di musica salentina

    Dal 1 al 28 Maggio 2000
    presso la Villa S. Lorenzo al Prato

    Istituto Ernesto de Martino
    in collaborazione con
    Bollati Boringhieri editore

    Mostra Fotografica
    I viaggi nel Sud di Ernesto de Martino

    fotografie di
    Arturo Zavattini, Franco Pinna e Ando Gilardi

     

     

    Tra il 1952 e il 1959 tre grandi fotografi italiani hanno accompagnato Ernesto de Martino nelle sue ricerche nell'Italia del meridione. Solo una piccolissima quantità di questo materiale è stato usato da Ernesto de Martino a illustrazione dei suoi testi; la mostra - che è parte del libro edito da Bollati Boringhieri - rappresenta dunque un'importante novità e si segnala per il suo indiscutibile valore documentario e per l'immediata valenza estetica.

     

    Comune di Sesto Fiorentino
    Istituzione Servizi Educativi Culturali e Sportivi
    Sesto Fiorentino
    Villa S. Lorenzo al Prato
    Via Scardassieri, 47
    Tel: 055.4211901
    [
    E-mail ]
    ISTITUTO ERNESTO DE MARTINO

     

     


    Tra le numerose e particolari mostre fotografiche organizzate da Ando Gilardi, segnaliamo:

    "La Gioconda di Lvov  -  immagini spontanee e testi relativi ai fatti dello sterminio!


     

    Testo © Paolo Momigliano Levi, Direttore dell'Istituto Storico della Resistenza in Valle d'Aosta, 30 aprile 1997

    "La mostra è stata concepita e realizzata da Ando Gilardi, utilizzando materiali fotografici conservati nella  Fototeca Storica Nazionale di Milano che porta il suo nome.
    Per questa iniziativa Ando Gilardi si è avvalso della consulenza scientifica e della collaborazione di Angelo Schwartz, Adolfo Mignemi, Paolo Momigliano Levi e Patrizia Piccini.
    La mostra ed il relativo catalogo sono il frutto di un'iniziativa promossa dall'Istituto Storico della Resistenza in Valle d'Aosta e dall'ANED, d'intesa con il comitato regionale valdostano per le celebrazioni del 50° anniversario della Resistenza, della Liberazione e dell'Autonomia.
    Inaugurata a Courmayeur l'8 aprile 1995, la mostra - che è a disposizione gratuita di enti, istituti ed associazioni non aventi scopi di lucro - è stata esposta fino ad oggi in numerose città italiane.
    In molte delle località dove l'esposizione è stata presentata, sono state promosse iniziative culturali collaterali:
    conferenze, rassegne di film ed altre mostre che hanno favorito l'approfondimento del tema della deportazione nei campi nazisti di concentramento e di deportazione, che la mostra propone attraverso immagini fotografiche e brani tratti da saggi sull'argomento.
    La Gioconda di Lvov  è stata presentata al pubblico di Saint-Vincent nell'ottobre del 1997,
    in occasione di una giornata di studi in ricordo di Primo Levi."

    Il catalogo è acquistabile presso la Tipografia Valdostana, av. du Père-Laurent, n. 5, 11100 Aosta, al prezzo di Euro 9,30 (telefono 0165 / 239.559; Fax: 0165 / 236.648; E-mail: office@tipvaldostana.it)
     

     

     
    Storia della fotografia pornografica, Bruno Mondadori, Milano 2002.

    Quello che segue è un estratto da una recensione al libro "Santiago, Pequena Historia Natural"
    pubblicata da Ando Gilardi su Progresso Fotografico, Marzo 1995, pagina 75

    "Uso le parole perversione e pervertito, secondo il significato più dolce e mite che possono avere nella privata attività sessuale. La maggior parte degli uomini e delle donne sono pervertiti: pochi hanno il coraggio della pratica i più si accontentano del perverso spettacolo puro e semplice. Oggi è facile e naturale pervertirsi in questo modo.
    L'oceanica diffusione delle immagini ottiche ses
    suali, fisse e mobili, disponibili in una scala di perversità che va dallo spot televisivo alle cassette di Magic America, ha reclutato tutti nell'esercito mondiale dei perversi voyeur. La scoptofilia, che era un tempo considerata a sua volta perversione, rientra adesso nella norma più normale della normalità. Ma alcuni esseri infelici, per ragioni patologiche che qui non è il caso di rimescolare, respingono questa liberazione che è fra le più preziose della storia dell'uomo. La forza repressa della sana perversione, non soddisfatta dalla pratica e nemmeno dal l' immagine, come succede con i foruncoli quando il corpo non ha uno sfogo naturale, si scatena umiliando anche la fotografia: distraendone l'ottica dal sessuale per fissarla sopra lerci giacigli, latrine e lavabi vomitevoli, tavoli fetidi con avanzi di cibo imputridito, mani grinzose di poveri vecchi che non si lavano da anni, e così via.
    È molto difficile convincere que
    sti disgraziati che sono queste e solo queste le imma
    gini oscene."

    Ando Gilardi
     

     

     
    Quello che segue è un estratto da una recensione al libro "SEGNI DI LUCE"
    pubblicata da Ando Gilardi su Progresso Fotografico, dicembre 1992/gennaio 1993, pagina 28


    "Segni di Luce, alle origini della fotografia in Italia"

    a cura di Italo Zannier, testi di Zannier, Costantini, Becchetti, Settimelli, Gilardi, Malandrini, Reteuna, Montemurro, Beltra­mini, Leone, edito da A. Longo Editore per iniziativa della Amministrazione Provincia­le di Ravenna, 200 pagine, numerose illu­strazioni,
    Lire 50.000.

    "Ecco una ammirevole raccolta di saggi, fra i quali, purtroppo, quello del sottoscritto. Un testo che avevo scordato e rimosso dalla mia confusa coscienza, e che ho commesso lo sbaglio di leggere. Ahimé! che se scrivere è una colpa, rileggere è un castigo troppo crudele. Così come oggi mi sono fisicamente ridotto e non reggo a salire più di quattro scalini, mentalmente non posso produrre dei testi più lunghi di mezza cartella, come quelli di questa rubrica, dove ogni scheda non supera cinquecento parole. Eppure ne sono appagato perché il testo breve, il cosiddetto pezzullo, ha una storia antica almeno come il Magnificat, che ne è un magnifico esem­pio. Del resto il pezzullo è ideale per la fotografia che conta solo 150 anni. Permettete una breve parabola come quelle dei pezzulli di Cristo: un certo Bernardo del mio paese, quando morì, e a me pare ieri, aveva la stessa età della fotografia: centovent'anni.
    Era nato infatti nel 1839..."

     

     

     

    La presentazione di quest'intervista è stata pubblicata sulla rivista ApARTe°6

    << Quaderno Creativo n. 6 ottobre 2002 >>

    in occasione di un'intervista ad Ando Gilardi, di Pino Bertelli

    "Sulla storia infame della fotografia pornografica e sulla storia bastarda della fotografia sociale"
     


    cliccare sulla pagina per ingrandirla



    http://www.sitart.org/aparte/aparte6.htm
     

     

    Ando Gilardi visto da Pino Bertelli


    FOTOgraphia, anno XI, n. 103, Luglio 2004, pagg. 65-66
     

     

     


     

     Luca B. Pagni © Roma, 23 gennaio 2004 -  23 settembre 2007


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