"UNA GUERRA
FOTOGENICA"
Fotogiornalismo e guerra civile in
Spagna |
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Grazie all’obiettivo della
macchina fotografica, la guerra civile combattuta in Spagna dal 1936 al
1939 ha lasciato, come nessun’altra in passato, un marchio indelebile
nelle coscienze moderne. Banco di prova delle nuove tecnologie belliche,
la Spagna divenne anche la culla di un nuovo tipo di fotogiornalismo che,
con l’evoluzione della tecnologia fotografica, permise ai fotografi di
rispondere con prontezza ed estrema efficacia alle nuove realtà della
guerra. Un’evoluzione che coincise con mutamenti radicali nella struttura
dei media, con un enorme aumento delle pubblicazioni rivolte ad un
pubblico di massa avido di immagini fotografiche sia in Europa che negli
Stati Uniti. La guerra civile spagnola, per la sua natura, richiedeva
nuove forme di rappresentazione e strumenti più avanzati; lo straordinario
impegno dei suoi numerosi fotografi indusse molti di loro a raccogliere la
sfida. Ispirati da quella che un osservatore definì "la guerra più
fotogenica mai vista" (1), i fotografi della guerra civile crearono una
raccolta di immagini che rappresenta a tutt’oggi gran parte della memoria
visiva del conflitto ed un’opera che costituisce da allora un riferimento
obbligato per tutti i fotografi impegnati in altre guerre. I fotografi della stampa straniera, che avevano letteralmente invaso la Spagna dopo il golpe dei generali del 17 luglio 1936, lavorarono con una passione tale da contribuire alla nascita di una nuova estetica della fotografia impegnata; una forma di fotografia che, per ragioni tanto tecnologiche quanto ideologiche e logistiche, non aveva caratterizzato la guerra del 1914-18. Analogamente, i loro colleghi spagnoli, che ancora riuscivano a lavorare nonostante i pericoli incombenti e la scarsità degli approvvigionamenti, produssero immagini dall’inquietante impatto emotivo. L’introduzione di macchine fotografiche più piccole e portatili, come Ermanox, Rolleiflex e Leica, che garantivano maggiore mobilità e discrezione rispetto al passato, la realizzazione di obiettivi compatti caratterizzati da una maggiore luminosità e pellicole più sensibili che non richiedevano l’uso del flash conferirono alle fotografie scattate in Spagna maggiore spontaneità e un carattere più personale rispetto a quelle del passato. I fotografi lavoravano in condizioni ben diverse da quelle dei loro predecessori durante la guerra di Crimea (1854-56), costretti a muoversi sui campi di battaglia con le camere oscure trainate da cavalli, o da quelli impegnati durante la prima guerra mondiale, che armeggiavano nelle trincee con lastre di vetro, emulsioni lente e mirini azionati dall’altezza della cintura. Ma niente di tutto ciò avrebbe veramente lasciato il segno se anche la stampa non avesse subìto una profonda evoluzione. I progressi dell’editoria giornalistica, non escluse le tecniche di stampa che resero possibile una più vasta diffusione di pubblicazioni come "Life", "Picture Post", "Match", "Regards" e "Vu", portarono ad una diffusione senza precedenti il lavoro dei fotografi della guerra civile, facendo del conflitto spagnolo il primo prodotto fotografico per l’informazione di massa. La guerra di Spagna fu inoltre la prima ad essere documentata liberamente, con una copertura incoraggiata, almeno in termini generali, dalla mancanza di censura o di controlli da parte delle autorità. Una delle caratteristiche più evidenti del nuovo fotogiornalismo nato in Spagna fu una sorta di "estetica dell’immagine ravvicinata", che metteva in risalto, come mai in passato, l’impatto del conflitto sulla vita delle persone comuni. Il primo piano veniva spesso utilizzato per risvegliare sentimenti di identificazione e di solidarietà, per colpire o per commuovere il pubblico. Allo stesso tempo, tuttavia, prendeva forma un movimento parallelo che spostava la prospettiva su un piano più lontano, riportando la rappresentazione della guerra verso forme più astratte. Questo nuovo punto di osservazione derivava principalmente dal diffondersi dei bombardamenti aerei come nuova arma di distruzione diretta indistintamente contro civili e combattenti, un’arma che in Spagna raggiunse quasi livelli di perfezione. L’astrazione spersonalizzata delle incursioni aeree, e la loro rappresentazione fotografica, viene a tutt’oggi utilizzata nelle immagini televisive relative all’intervento NATO su Belgrado e prima ancora alla supertecnologia dei bombardamenti alleati in Iraq. Come appariva la guerra civile spagnola agli occhi dei fotografi che si avventuravano nei punti caldi di una crisi che sembrava incarnare con tanta drammaticità i conflitti ideologici dilaganti in tutta Europa? Con attrezzature più avanzate a loro disposizione, con una libertà mai concessa a nessun altro fotografo di guerra prima o dopo di allora (2), con la natura mutevole tipica di una guerra meccanizzata che scorreva sotto i loro occhi, come riuscivano a trasmettere attraverso il freddo occhio meccanico della macchina fotografica le passioni della guerra al loro pubblico e, più tardi, a noi? In che modo la guerra ha dato forma alle loro immagini e in che maniera quelle immagini hanno a loro volta plasmato la nostra memoria del conflitto? Prima di tentare di dare una risposta a queste domande, è opportuno precisare che ogni singola immagine divenuta di dominio pubblico era il risultato di un processo di selezione a più fasi e che il messaggio che le fotografie volevano trasmettere era filtrato dal contesto istituzionale del luogo in cui venivano pubblicate. Quando la Spagna si divise in due fazioni principali e i paesi europei si schierarono a fianco dell’una o dell’altra, i fotografi, le loro immagini e i media che le utilizzavano furono trascinati in una lotta propagandistica il cui inizio coincise praticamente con lo scoppio delle ostilità. Le fotografie spedite ai giornali venivano quindi impiegate in una guerra meno sanguinosa, ma certamente non meno amara e, in questo processo, le fotografie, in teoria la forma d’arte più obiettiva, perdevano qualsiasi traccia d’imparzialità, nonostante i media insistessero nel ribadire il contrario. Con il proseguire del conflitto, le fotografie che ne ritraevano le varie sfaccettature, al servizio delle due fazioni in lotta, cessarono di essere una testimonianza diretta e si trasformarono in armi per una battaglia intellettuale ed emotiva che si combatteva spesso ben oltre il confine spagnolo. Questo saggio fa riferimento principalmente alle fotografie apparse sulla stampa straniera, soprattutto in Gran Bretagna, in Francia e nelle vicine democrazie che vedevano i propri conflitti farsi realtà negli avvenimenti in Spagna. La stampa illustrata spagnola, sebbene avesse incoraggiato notevolmente la sperimentazione negli anni precedenti la guerra civile, fu sottoposta a cambiamenti radicali durante il conflitto, per poi scomparire definitivamente quando la crisi si aggravò. La scarsa disponibilità di carta da stampa e l’inadeguatezza della carta di produzione sovietica costrinsero i fotografi spagnoli schierati dalla parte dei repubblicani a rispolverare le vecchie macchine fotografiche a lastre o, in alcuni casi, addirittura a ricorrere ai negativi in vetro. Quelli schierati con i ribelli ebbero maggiore fortuna, grazie alla collaborazione tedesca che assicurava almeno qualche fornitura di materiale fotografico. Tuttavia, anche costoro dovettero tornare alle macchine fotografiche di grandi dimensioni, secondo lo studioso spagnolo di storia della fotografia Publio Lopez Mondéjar. Il fotografo americano di origine ungherese Robert Capa (1913-1954), che nel corso del conflitto vendette le sue fotografie a "Vu", "Picture Post", "Match", "Paris-Soir" e ad altri giornali, riuscì a garantirsi le forniture necessarie da Parigi (3). La stampa straniera rappresenta quindi sia un contesto istituzionale più stabile, sia una fonte di immagini più attendibili. Sebbene vi siano state omissioni, ad esempio in merito alla portata delle atrocità e degli stermini commessi, che lasceranno per sempre una lacuna nella memoria collettiva della guerra, la relativa mancanza di censura e la qualità delle fotografie stesse portarono alla creazione di una raccolta di lavori che rappresentano da allora un metro di misura e una sfida per i mezzi di comunicazione visiva. Non fu a caso se il critico televisivo del "New Yorker", per citarne uno, valutò i risultati ottenuti dai fotografi in Vietnam sulla base degli standard di riferimento di fotografi quali Capa nella guerra civile spagnola e nel periodo successivo (4). Il terrore dal
cielo La guerra civile spagnola è
considerata da molti un laboratorio per le nuove tecniche di combattimento
utilizzate successivamente nella seconda guerra mondiale; in parallelo
l’evoluzione della scienza bellica portò con sé anche nuovi modi di
osservare e ricordare la realtà. L’aspetto più allarmante di questo
fervore di sperimentazione era il massiccio uso delle incursioni aeree, la
nuova tecnologia del terrore che stava completamente stravolgendo la
percezione umana della guerra, sui villaggi e sulle città spagnole.
Utilizzati per la prima volta durante la prima guerra mondiale, i raid
aerei affascinarono la stampa straniera quando si ripresentarono in modo
devastante in Spagna, culminando con il tristemente noto bombardamento
dell’antica capitale basca di Guernica da parte della Legione nazista
Condor nell’aprile del 1937. Sin dallo scoppio della guerra,
l’obiettivo della macchina fotografica fu puntualmente utilizzato per
cogliere tutti gli aspetti e le reazioni umane che le incursioni aeree
provocavano. In Gran Bretagna e in Francia apparvero innumerevoli immagini
che ritraevano i preparativi per i bombardamenti, gli aerei impegnati
nelle battaglie aeree, le macerie lasciate dai disastri aerei e
addirittura gli inglesi intenti a dipingere il simbolo neutrale della
bandiera nazionale britannica sul tetto dell’ambasciata di Madrid. I
francesi andarono oltre, identificando gli aerei fotografati di
fabbricazione russa o italiana, illustrandone le fasi di assemblaggio,
mimetizzazione o atterraggio e dipingendo i piloti come eroi moderni. Il
bombardiere entrava così inevitabilmente nell’immaginario collettivo come
un aspetto quotidiano della guerra moderna. Allo stesso tempo, il connubio
aereo-macchina fotografica, adottato per la prima volta nella prima guerra
mondiale, ma utilizzato a quel tempo per azioni di ricognizione piuttosto
che per la pubblicazione delle fotografie scattate, produsse nuove forme
di percezione della realtà (la ripresa aerea dal finestrino
dell’aeroplano, quasi un punto di vista divino sul mondo) che dal Medioevo
fino a quel momento erano state solo immaginate (5). Accerchiando Madrid, gli uomini del Generale Franco conquisteranno la capitale quartiere per quartiere, strada per strada, mentre le milizie governative si sacrificheranno in una battaglia eroica e tragica al tempo stesso. Sganciati da aerei nazionalisti, bombe e siluri hanno causato ingenti danni in varie zone dove, tra strade e case in fiamme, sono stati raccolti centinaia di morti e di feriti. La necessità di ricorrere al mezzo
testuale per evocare la sofferenza umana trascurata dalla visione
spassionata e onnisciente della fotografia aerea ci indica quale fosse il
potenziale della nuova forma di rappresentazione visiva. La sua capacità
di rappresentare in modo accettabile, innocuo e addirittura affascinante
l’uccidere senza mostrare la morte, il distruggere senza mostrare i danni,
costituiva una nuova evoluzione nella rappresentazione della guerra il cui
potenziale iniziava appena ad essere riconosciuto sia dalla stampa
illustrata che dagli interessi che questa serviva.
L’eroe-soldato in primo
piano Le fotografie scattate dai fotografi
della guerra civile spagnola furono pesantemente strumentalizzate dalle
campagne propagandistiche orchestrate da entrambe le parti. Le immagini
dei combattenti venivano selezionate o deliberatamente costruite per
creare testimonianze di una battaglia eroica combattuta per una giusta
causa. Imbracciando le armi in una guerra in seguito definita "l’ultima
guerra romantica del secolo", i soldati del fronte repubblicano giuravano
di difendere la democrazia da oligarchie consolidate e reazionarie che si
erano sollevate per attaccarla, mentre per i ribelli di Franco la rivolta
fu battezzata tardivamente come una guerra santa per salvare la Spagna dal
comunismo. I fotografi non tardarono a fare loro e ad arricchire di nuovi
risvolti queste storie e le immagini con le quali le hanno raccontate
hanno reso immortali questi miti della guerra civile. Questi uomini [...] divennero famosi in Spagna per il loro scaltro e risoluto coraggio e per la loro abilità nel combattimento: soprattutto per la capacità di resistere con tenacia in qualsiasi situazione [...] In un’occasione, resistettero novanta giorni nelle trincee [...] Hanno dimostrato [...] che gli uomini di queste isole non hanno dimenticato come affrontare circostanze avverse e gravi perdite combattendo per quella che sentono essere la causa della democrazia e della libertà. Altruismo, coraggio, disciplina,
stoicismo, idealismo: le virtù esemplari del soldato ideale sono state
catturate da questi commoventi primi piani scattati il giorno in cui le
Brigate Internazionali sono state congedate e affidate alla
leggenda. Numerose truppe hanno lasciato Valladolid per dirigersi verso gli eserciti che combattono per la conquista di Madrid. Prima di partire per la Sierra, i soldati a cavallo sono stati benedetti da un prete militare dell’esercito del Generale Mola. Anche se il prete è alle dipendenze
dell’esercito, il simbolismo della fotografia è forte e vuole far capire
che la Chiesa e l’esercito hanno fatto fronte comune in una guerra santa,
pronti a chiamare martirio la sconfitta e a giustificare come "necessarie"
le violenze compiute in nome di Dio. I fotografi del conflitto spagnolo
svolsero un ruolo importante nella creazione del mito della guerra civile,
sia per i loro tempi che per i nostri, in quanto contribuirono in misura
fondamentale all’aura di romanticismo della causa repubblicana con i primi
piani delle milizie cittadine e delle Brigate Internazionali.
Le donne-soldato Alcune delle fotografie più discusse
scattate in Spagna durante il conflitto ritraevano donne, soprattutto
repubblicane, che si erano unite all’esercito. Per quanto la presenza
femminile all’interno dei corpi militari sia sempre stata una
caratteristica della fotografia di guerra sin da quando la macchina
fotografica arrivò per la prima volta nelle trincee (21), fu solo durante
la guerra civile spagnola che vennero scattate numerose fotografie che
ritraevano donne che si univano in massa alla truppe per combattere. A
prendere parte al conflitto durante i primi otto mesi della guerra furono
soprattutto le sostenitrici dei repubblicani; si hanno pochissime
testimonianze di donne schierate in armi con i ribelli. Fu un fenomeno di
breve durata (le testimonianze ricordano le campagne della
Pasionaria che nel marzo 1937 raggiunse il fronte per incitare le
donne a ritornare al proprio posto, dietro le trincee (22)); la vista di
donne in uniforme che imbracciavano il fucile scatenò l’orrore della
stampa conservatrice britannica e mandò in estasi la stampa francese di
sinistra. Eppure, le fotografie apparse in Francia furono scelte
attentamente affinché esprimessero le conseguenze potenzialmente
minacciose delle donne soldato; d’altra parte, anche le pubblicazioni che
sostenevano le donne che prendevano le armi interpretarono il fenomeno
come una misura d’emergenza resa necessaria dalla crisi e il fatto che le
donne fossero ben presto allontanate dal fronte come un segno che, anche
per i repubblicani, le donne dovevano ritornare a ruoli più
tradizionali. [...] dovunque si tratti di bruciare un convento, una chiesa o un monastero (soprattutto il primo) troverete sicuramente giovani donne che passano le latte di petrolio o addirittura ne versano il contenuto sulle reliquie sacre. Solo vedendole con i propri occhi si può arrivare a capire fino a che punto odiano le suore [...]. Proprio come i cronisti della Comune di Parigi, Tuohy rappresentò la minaccia politica come una minaccia sessuale incarnata dalle donne rivoluzionarie. La "Carmen rossa" fu scelta con cura a tale scopo e qualsiasi riferimento a precedenti positivi o idealizzati, come l’antico simbolo della Repubblica Francese, Marianne (25), e La Libertà che guida il popolo di Delacroix, fu immediatamente soppresso. La risposta della stampa francese
pro-repubblicana non avrebbe potuto essere più diversa. Abili nel
riconoscere una potente arma propagandistica, i redattori del settimanale
"Regards", in particolare, elaborarono un format concepito
appositamente per sfruttare la potenza sprigionata dalle donne armate. Con
un’ostentazione tutta francese trasformarono le donne-soldato repubblicane
in ragazze copertina, tappezzandone le prime pagine come se fossero
modelle di una rivista. Per la stampa francese non si trattava di un
problema di dissimulazione del sesso, come accadeva in Gran Bretagna; le
donne-soldato conquistarono le copertine di oltre un terzo dei numeri di
"Regards" pubblicati tra agosto e novembre 1936 (26). E non era certo un
caso che tutte fossero giovani e belle e che i loro fucili apparissero in
modo così evidente. L’abbinamento trasgressivo di donne e armi da fuoco ne
metteva in risalto la femminilità, mentre il loro essere donne veniva
deliberatamente utilizzato per esprimere l’urgenza della lotta armata. I
fotografi adulavano le donne-soldato con inquadrature che le ponevano
metaforicamente su un piedistallo come raramente era accaduto per gli
uomini; gli attributi chiaramente femminili (capelli lunghi, braccia nude,
corpi sinuosi) enfatizzavano il loro stoicismo e la loro disciplina nel
sopportare il pesante armamentario bellico maschile.
Le vittime Nelle fotografie della stampa
straniera, la guerra civile spagnola, come in precedenza la prima guerra
mondiale, fu ripulita dagli aspetti più cruenti. Mentre i francesi
sembravano più inclini a tollerare almeno alcuni aspetti della realtà di
morte e sangue, sicuramente tra i realizzatori di cinegiornali britannici
c’era una certa "preoccupazione per il carattere schizzinoso del pubblico
britannico che fece sì che non venisse pubblicato il materiale più
scabroso della guerra civile spagnola". Alcune scene erano semplicemente
considerate "troppo forti per il palato britannico" (28). E neppure i
direttori dei giornali erano immuni da tale autocensura che, in certo qual
modo, spiega la natura profondamente eufemistica delle fotografie di morti
e feriti durante la guerra spagnola, soprattutto nella stampa d’oltre
Manica. Tuttavia, ciò non è sufficiente a spiegare il modo in cui venivano
presentate tali realtà. Se si considerano ad esempio i feriti, si nota che
i corpi erano quasi sempre intatti, puliti, mai sporchi di sangue,
contorti, sfigurati o alterati dal dolore e raramente in pericolo di
morte. In Spagna, gli esseri umani venivano feriti solo allegoricamente e
le fasciature candide trasformavano ferite gravi in un simbolo
confortante. Quasi mai veniva mostrato il momento in cui una persona si
feriva; le lesioni gravi venivano citate solo molto dopo l’evento e mai
senza essere mediate da un racconto ricco di pathos. Le ferite non
venivano quasi mai associate alla morte (a un punto tale che i fotografi
della guerra civile spagnola e le loro pubblicazioni potrebbero essere
accusati di non aver raccontato tutta la verità sulle vicende spagnole).
Evidentemente, "l’estetica dell’immagine ravvicinata", che consentiva ai
fotografi di scattare primi piani fra gli uomini delle Brigate
Internazionali o dei profughi stipati nei rifugi antiaerei, non si
spingeva fino al punto di riprendere fedelmente gli aspetti più terribili
della guerra. L’innocente. Una scena pietosa e straziante: una bambina di 10 anni, che ha perso la gamba nello scoppio di una bomba, impara a camminare con la gamba rimastale, come un piccolo insetto atrofizzato, amorevolmente assistita dal medico dell’ospedale di Luerca. Una vita rovinata da una guerra civile spietata. "Pietosa... straziante... una vita
rovinata"; il sentimentalismo lenisce lo shock della mutilazione,
alleviandone gli aspetti più spaventosi e celandoli con il pathos che
copre con un velo la realtà. La Spagna La guerra civile spagnola scoppiò in
un momento cruciale sia per la storia del XX secolo che per la fotografia
di guerra. L’avvento di nuove strategie e tecnologie belliche coincise con
nuovi modi di rappresentare il conflitto e i fotografi della guerra civile
furono i primi a raffigurare e ritrarre per il grande mercato le nuove
astrazioni a cui era stata ridotta la sofferenza umana, soprattutto in
seguito alle incursioni aeree. L’industria fotografica legata alla guerra
civile spagnola produsse inoltre una serie di immagini-simbolo (donne
armate, il soldato morente di Capa, la partenza delle Brigate
Internazionali) che hanno fortemente influenzato la nostra attuale
percezione della guerra. Tuttavia, il lavoro dei fotografi della guerra
civile spagnola non fu sempre intriso di eroismo. Commissionate per scopi
spesso discutibili, tali immagini vennero utilizzate anche per costruire i
miti propagandistici su cui si basavano alcune vicende del conflitto:
contribuirono, ad esempio, alla creazione del mito della crociata di
Franco contro il comunismo, che divise l’opinione pubblica in paesi come
la Francia cattolica, e furono strumenti importanti anche per dipingere
l’unità e la resistenza implacabile della risposta repubblicana
all’insurrezione militare. Molte di queste rappresentazioni contribuirono
anche a forgiare nella coscienza popolare un’immagine eroica e asettica
della guerra; un’immagine che dovette attendere i massacri tecnologici
della seconda guerra mondiale per essere abbandonata. Tuttavia, nonostante
le loro omissioni, le fotografie scattate durante il conflitto spagnolo
costruirono un’immagine altamente efficace e, a volte, fortemente
politicizzata della guerra che, grazie all’impatto che esercitò
sull’opinione pubblica nelle più importanti democrazie, influenzò il
risultato stesso della guerra. Molte di queste fotografie, insieme ai
manifesti, cinegiornali e dipinti come Guernica di Picasso, ebbero
un ruolo fondamentale nella creazione delle immagini che formano la
memoria collettiva della guerra. NOTE (1) Cfr. C. Cockburn: In Time of Trouble: An Autobiography, London, Rupert Hart-Davis, 1956, p. 252. (2) Fatta eccezione, forse, per i primi giorni della guerra in Vietnam, quando la libertà da qualsiasi censura era tale che i giornalisti si sentivano "sopraffatti dall’aiuto e dall’ospitalità della macchina propagandistica americana". Cfr. i commenti di Richard West citati da P. Knightly, The First Casualty: From the Crimea to the Falklands: The War Correspondent as Hero, Propagandist and Myth Maker, London, Pan Books, 1989, p. 32. (3) Per i dettagli sui fotografi spagnoli del conflitto, desidero ringraziare P. Lopez Mondéjar, Las fuentes de la memoria II: fotografía y sociedad en España 1900-39, Madrid, Ministero della Cultura-Lunwerg, 1992, in particolare pp. 92-93. (4) Cfr. M.J. Arlen, Living Room War, New York, Viking Press, 1969, p. 82. (5) In "Practices of Space", Michel de Certeau descrive i pittori del Medioevo e del Rinascimento che dipinsero le città del loro tempo da un punto di vista che ancora non esisteva, inventando "sia il volo sulla città che la rappresentazione che questo rendeva possibile". Cfr. M. Blonsky, On Signs, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1985, p. 124. Gli esperimenti di Nadar con fotografie scattate da mongolfiere negli anni intorno al 1850 anticiparono la nuova rappresentazione aerea, mentre il racconto di André Malraux di un’incursione aerea sulla Spagna in L’Espoir (Paris, Gallimard, 1937) sembra essere la prima testimonianza scritta di tale innovazione. (6) Cfr. R. Fraser, Blood of Spain: The experience of Civil War 1936-1939, Harmondsworth, Penguin, 1979, p. 175. (7) Cfr. P. Fussell, The Great War and Modern Memory, London, Oxford University Press, 1977, p. 322. (8) Allan Sekula, in un articolo sulla fotografia aerea di Edward Steichen durante la II guerra mondiale, pone l’accento sulla rappresentazione astratta dell’immagine aerea. Cfr. The Instrumental Image: Steichen At War, in "Artforum", XIV, dicembre 1975, n. 4, p. 28. (9) "L’Illustration", 14 novembre 1936, p. 337. (10) Steichen guidò le spedizioni di fotografia aerea della American Expeditionary Force in Francia nella I guerra mondiale. Cfr. E. Steichen, American Aerial Photography at the Front, "USA Air Service", 1919, p. 34, citato in A. Sekula, The Instrumental Image: Steichen At War, "Artforum", cit., pp. 29-30. (11) "Illustrated London News", 31 ottobre 1936, pp. 778-779. (12) "Illustrated London News", 14 novembre 1936, pp. 844-845. (13) "Vu", 11 novembre 1936, p. 1146. (14) I conflitti che serpeggiavano all’interno della sinistra culminarono nelle famose Giornate di Maggio del 1937. Cfr. la descrizione di George Orwell di quel periodo in Homage to Catalonia, Harmondsworth, Penguin, 1987 in particolare pp. 144 e sgg. Nello stesso periodo, Hugh Thomas descrive l’ondata di violenza anticlericale scatenata dalla guerra, sebbene sottolinei che molte delle più importanti opere d’arte della Chiesa furono conservate. Cfr. la sua opera: The Spanish Civil War, Harmondsworth, Penguin, 1986, pp. 1268 e sgg. (15) "Daily Herald", 29 luglio 1936, p. 16. (16) "Regards", 29 ottobre 1936, p. 16. (17) Cfr. B. Alexander, British Volunteers for Liberty: Spain 1936-39, London, Lawrence and Wishart, 1986, pp. 238 e sgg. (18) "Picture Post", 12 novembre 1936, p. 36. (19) Ronald Fraser cita il commento di Franco, mentre si trovava ancora in Marocco, su "El Defensor de Córdoba", 25 luglio 1936. Cfr. R. Fraser, Blood of Spain, cit., p. 320. (20) "Paris-Soir", 25 ottobre 1936, p. 12. Una copia quasi identica, ma comprendente un gruppo di ragazzi che assisteva alla cerimonia, apparve su "Illustrated London News" sei giorni dopo, il 31 ottobre 1936, p. 775. (21) Bernd Hüppauf nota la loro presenza come infermiere o agli spacci militari in fotografie del 1854-56 della guerra in Crimea in Modern War Imagery in Early Photography, "History and Memory", 5, primavera/estate 1993, n. 1, pp. 131, 136. (22) Cfr. R. Fraser, Blood of Spain, cit., p. 286. (23) "Daily Mail", 27 luglio 1936, p. 10. (24) Cfr. G. L. Gullickson, La Pétroleuse: Representing Revolution, "Feminist Studies", 17, estate 1991, n. 2, pp. 241-265; e E. Thomas, Les Pétroleuses, Paris, Gallimard, 1963. (25) Agulhon descrive la genesi della figura di Marianne come simbolo della Repubblica in Marianne au combat: l’imagerie et la symbolique républicaines de 1789 à 1880, Paris, Flammarion, 1979 e Marianne au pouvoir: L’imagerie et la symbolique républicaines de 1880 à 1914, Paris, Flammarion, 1989. (26) "Regards", 13 agosto; 27 agosto; 8 ottobre; 5 novembre 1936. (27) "Regards", 13 agosto 1936, p. 1. (28) B. Crossthwaite, Newsreels Show Political Bias. Editing of Spanish War Scenes Disclose Partisan Views, "World Film News", 1, 1936, n. 7, p. 41. Secondo Crossthwaite, tali immagini "censurate" includevano fotografie di repertorio di R. Butin della Pathé Gazette a Badajoz, che ritraevano "immagini sconvolgenti della città distrutta [...] particolarmente agghiaccianti erano le file di corpi bruciati e anneriti sparsi lungo le strade [...]". (29) "Vu", 2 settembre 1936, p. 1020. (30) G. Jackson, A Concise History of the Spanish Civil War, London, Thames and Hudson, 1974, p. 176. Verso la metà del 1939, Jackson calcola che la Spagna ha perso 1.000.000 di abitanti su un totale di 25.000.000. Di questi, 400.000 erano emigrati come rifugiati politici, mentre stima che dei 500.000-600.000 morti in guerra, solo da 100.000 a 150.000 morirono in combattimento; ciò implica che 350.000-500.000 persone furono eliminate in seguito a rappresaglie. Jackson afferma che 20.000 delle uccisioni furono opera dei repubblicani nei soli primi tre mesi di guerra, mentre "[...] i nazionalisti, dal luglio 1936 alla fine delle esecuzioni sommarie del 1944, eliminarono da 300.000 a 400.000 dei loro compatrioti, con una violenza tale da poter essere paragonata [...] alle repressioni naziste nell’Europa orientale e in Iugoslavia". (31) "Daily Herald", 24 luglio 1936, p. 1. (32) "L’Illustration", 1 agosto 1936, copertina. (33) "Vu", 22 luglio 1936, p. 856. (34) Cfr. "Regards", 8 ottobre1936, p. 3; "Paris-Soir", 7 settembre 1936, p. 12; "L’Illustration", 12 settembre 1936, p. 46; "Illustrated London News", 12 settembre 1936, p. 348; "Vu", 9 settembre 1936, p. 1049. (35) Pubblicata su "Vu", 23 settembre 1936, p. 1106; "Paris-Soir", 28 giugno 1937, p. 1; "Life", 12 luglio 1937, p. 19 e "Regards", 14 luglio 1937, p. 21. (36) Cfr. il mio commento alla fotografia in C. Brothers, War and Photography: A Cultural History, London, Routledge, 1997, pp. 178-184. Molti di questi temi sono trattati più approfonditamente nel mio libro War and Photography: A Cultural History (Londra, Routledge, 1997). Desidero dedicare questo articolo a Barbara Kastelein, Elizabeth Malkin ed Eduardo Garcia, con amicizia. |