Gerda Taro (alias Gerda Pohorylle)
(1910 - 1937)


Incontro con Irme Schaber, Elisabetta Bini, Elena Doria... - via del Pigneto 247 Roma - http://www.gerdaphoto.org/

 

Gerda Taro è il ritratto di una figura femminile, morta precocemente, eccezionale e tragica.
Una biografia appassionante che riporta alla luce un personaggio straordinario, di incredibile vitalità
e precursore di un’affermazione femminile che, storicamente, sarebbe avvenuta solo molto più tardi.

Gerda Taro
Gerda Taro. Una fotografa rivoluzionaria nella guerra civile spagnola - 18,00 Euro - ISBN 978-88-89969-29-8
http://www.deriveapprodi.org/estesa.php?id=326
http://www.gerdaphoto.it/galleria247.html
 

Il libro

Il libro di Irme Schaber, Gerda Taro: una fotografa rivoluzionaria nella guerra civile spagnola (Roma, DeriveApprodi, 2007), costituisce la prima biografia storica sulla fotografa tedesca Gerda Taro. Pubblicato in tedesco nel 1994, con il titolo Gerda Taro: Fotoreporterin im Spanischen Bürgerkrieg, il libro ha vinto il Premio Kodak ed è stato tradotto in francese nel 2006. L’edizione italiana - tradotta dal tedesco da Elena Doria - voluta e promossa dall’Associazione Culturale Gerdaphoto di Roma, contiene una prefazione della storica Elisabetta Bini, ed è stata rivista, corretta ed ampliata dall’autrice. Essa presenta ai lettori italiani una vasta raccolta di immagini di vita privata della fotografa, nonché le fotografie da lei scattate durante la guerra civile spagnola. Irme Schaber ha condotto una lunga e accurata ricerca sulle fonti, mettendo insieme le poche testimonianze rimaste su Gerda Taro. Utilizzando le carte di famiglia, gli archivi di Stato, la stampa dell’epoca, e intervistando le persone che hanno conosciuto Taro, ci restituisce un pezzo di storia rimasto finora sconosciuto. Il suo approccio è quello proprio della storia sociale, mirante a ridare voce a una vita troppo spesso dimenticata e rimasta nascosta dietro le vicende del suo compagno, il celebre fotografo ungherese Robert Capa. Il quadro che ne emerge è ricco e sfaccettato, capace di restituire il nesso tra la vita individuale e la storia generale. Attraverso il costante intreccio tra la biografia di Gerda Taro e gli eventi della storia europea degli anni ’30, Schaber getta nuova luce sulle vicende della persecuzione degli ebrei in Europa orientale e in Germania, e sull’impegno antifascista durante la guerra civile spagnola. Per oltre cinquant’anni, la vita e l’opera fotografica di Gerda Taro sono rimaste per lo più nell’oblio. Nel 1938 Capa, devastato dalla morte della compagna, pubblicò un libro di fotografie sue e di Gerda Taro sulla guerra civile spagnola, Death in the Making, cui seguì una mostra alla New School for Social Research di New York. Entrambi avrebbero dovuto rendere omaggio alla fotografa e al lavoro che Capa e Taro avevano compiuto in Spagna, ma molti degli articoli che apparvero sulla stampa omisero di includere il nome di Taro tra gli autori delle immagini. Nei decenni successivi l’archivio fotografico di Gerda Taro andò in parte perduto, e le fotografie che sopravvissero vennero attribuite a Robert Capa e inglobate all’interno del suo archivio. Nella Repubblica Democratica Tedesca, d’altro canto, Gerda Taro si trasformò in una figura eroica, simbolo della resistenza comunista contro il fascismo, e la sua immagine fu costruita in gran parte da Dina Gelke, madre di Georg Kuritzkes, che era stata amica di Gerda a Lipsia. Solo a partire dalla biografia su Robert Capa scritta negli anni ‘80 da Richard Whelan si è iniziato a far luce sulla vita di Gerda Taro, grazie ad uno studio degli archivi del fotografo ungherese, e ad un contesto storico scevro delle divisioni ideologiche della guerra fredda.

Il libro di Irme Schaber ripercorre la biografia tumultuosa di questa giovane donna dal fascino magnetico. Dalla sua educazione nella Germania pre-hitleriana alla fuga a Parigi; dalla necessità di nascondere le proprie origini ebraiche all’ingresso nella comunità di esuli tedeschi in Francia; senza tralasciare il racconto della sua formazione fotografica e delle numerose avventure sentimentali di una donna che non sembra essere stata contemporanea della sua epoca.
Anche il suo schieramento a fianco della Repubblica spagnola se, da un lato, riflette la strenua opposizione al fascismo – che avanza inesorabile in tutta Europa – dall’altro, risponde a un desiderio di «emancipazione» innanzitutto personale. Perché Gerda Taro è il ritratto di una figura femminile, morta precocemente, eccezionale e tragica. Una biografia appassionante che riporta alla luce un personaggio straordinario, di incredibile vitalità e precursore di un’affermazione femminile che, storicamente, sarebbe avvenuta solo molto più tardi.

Irme Schaber

Irme Schaber è nata nel 1956 in Germania, dove vive e lavora.
Per la sua biografia su Gerda Taro ha ricevuto il premio Kodak del libro fotografico.
 

 

 

http://www.icp.org/site/c.dnJGKJNsFqG/b.2876511/k.1E74/Gerda_Taro.htm
 

Gerda Taro

On view from

September 26, 2007 – January 6, 2008

Media Preview

September 25, 2007

9:30 - 11am

RSVP:

info@icp.org

212.857.0045

 

Gerda Taro (1910-1937) was a pioneering photojournalist whose brief career consisted almost exclusively of dramatic photographs from the front lines of the Spanish Civil War. Her photographs were widely reproduced in the French leftist press, and incorporated the dynamic camera angles of New Vision photography as well as a physical and emotional closeness to her subject. Taro worked alongside Robert Capa, who was her photographic as well as romantic partner, and the two collaborated closely. While covering the crucial battle of Brunete in July 1937, Taro was struck by a tank and killed. Taro's photographs are a striking but little-known record of this important moment in the history of war photography. ICP now holds what is by far the world's largest collection of her work, including approximately 200 prints as well as original negatives. This exhibition will include vintage and modern prints, and magazine layouts using Taro's images. The exhibition will be accompanied by a 184-page ICP/Steidl catalogue, the first major collected document of Gerda Taro's photographs ever published.

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TARO_PRESS

 
This exhibition is made possible with leadership gifts from the Alex Hillman Family Foundation, George and Bicky Kellner, The John and Annamaria Phillips Foundation, and Cornell Capa. Additional support was received from Linda Hackett for C.A.L. Foundation, Ellen and Richard Kelson, The Liman Foundation, Mr. and Mrs. Ted Nierenberg, Susan and Elihu Rose Foundation, Arnold and Louise Sagalyn, Bernard Lee Schwartz Foundation, and Lois and Bruce Zenkel.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A photograph of a woman in Barcelona, Spain training for a Republican militia in August 1936, taken by Gerda Taro. Now, 70 years after Ms. Taro’s death at age 26, the first major exhibition of her work begins Sept. 26 at the International Center of Photography in Manhattan. Many of Ms. Taro’s sympathetic and graphic photographs of supporters of the Spanish Republic will be seen for the first time.

Photo:
International Center of Photography


 

 

 


 

 

Ms. Taro and Mr. Capa in Paris, 1936. Because the two photographers worked together, some of Ms. Taro’s photographs were published under Mr. Capa’s name or with a joint byline.

Photo: Fred Stein/ International Center of Photography

 

http://www.luxury24.ilsole24ore.com/ArteCreativita/2007/10/robert-e-gerda_1.php

A lui piaceva Frank Capra. A lei, immaginarsi diva come Greta Garbo. Ma a entrambi, più di tutto, piaceva il brivido del campo di battaglia. Stare al centro dell'azione con la macchina fotografica al collo, e puntarla dritta sulla Storia.
Robert Capa e Gerda Taro, nomi d'arte dagli echi hollywoodiani di André Friedman e Gerda Pohorylle, sono i protagonisti delle due mostre con cui l'International Center of Photography di New York ripercorre momenti e scatti fondamentali della carriera, e dell'amore, dei due grandi fotografi. La loro storia comincia nella Parigi degli anni 30, quando André non è ancora Robert e Gerda porta ancora un cognome polacco. Lei, fuggita dalla Germania nazista, lui, in cerca di fortuna lontano dalla sua Ungheria. E finisce nell'unico posto in cui poteva finire: nel bel mezzo di una guerra. Lei, investita da un carro armato in Spagna nel '37, mentre documentava gli scontri tra repubblicani e franchisti. Lui, saltato su una mina in Vietnam nel '54, al fronte della prima guerra di Indocina. Vite brevi diventate leggenda per l'intreccio fatale di audacia, amore, spericolato talento. Per uno scatto – quello del miliziano della Guerra Civile Spagnola colto dall'obiettivo di Capa nell'atto di morire, attorno al quale ancora si fanno e si disfano le teorie della visione. Per il coraggio di essere stati i primi, come dimostrano le foto realizzate da Taro a metà degli anni '30, a sfidare, da donne, le armi degli uomini. E per la passione che teneva i due fotografi fianco a fianco nella polvere, spesso intenti a rubare le stesse immagini: Gerda usando una Rollei con la pellicola quadrata, Robert con il formato rettangolare della sua Leica.
«This is war! Robert Capa at work» e «Gerda Taro», i due percorsi espositivi curati da Robert Whelan e Irme Schaber per l'Icp, partono dall'analisi delle innovazioni portate al linguaggio fotografico dai due reporter negli anni '30 e '40. Più di 80 scatti per Taro e le più belle immagini celebri di Capa per tornare a interrogarsi su ragioni e confini della visione. E per farsi sorprendere ancora una volta dall'azzardo di chi sfida, con un click, la vita e la morte.

www.icp.org


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Gerda Taro, Guadalajara Front, Spain," July 1937, by an unknown photographer. Ms. Taro, seen by many as the first woman known to photograph a battle from the front lines and to die covering a war, survived in the public eye mostly for her romance with Robert Capa.

Photo: International Center of Photography


 

 


 

 

"Gerda Taro and soldier, Córdoba Front, Spain," 1936, by Mr. Capa. After her brief career ended, a flood of photographs of World War II helped push her work off the stage and Ms. Taro all but disappeared from public consciousness.

Photo: Cornell Capa/International Center of Photography


 

 

 

 

 


 

 

Ms. Taro's shot of a boy in an Iberian Anarchist Federation cap. Ms. Taro’s celebrity was short-lived but outsize. Shortly after establishing herself independently of Mr. Capa, she was sideswiped by a tank after jumping onto the running board of a car transporting casualties during the battle of Brunete, and killed. Her funeral in Paris drew thousands who hailed her as a martyr to anti-Fascism.

Photo: International Center of Photography


 

 

 

 

 

 

 

Republican dinamiteros, in the Carabanchel neighborhood of Madrid, June 1937.

Photo: International Center of Photography


 

 

 



 



 

Republican soldiers in June 1937. The 184-page catalog that accompanies the exhibition is the first book about Ms. Taro to be published in English.

Photo: International Center of Photography


 

 

 

 

Three Republican soldiers on a field telephone, Segovia Front, Spain, June 1937. Ms. Taro’s work was published in the Parisian newspaper Ce Soir and in the French magazine Regards, among other places; in the United States, her death was reported in Life magazine, which also ran some of her photographs.

Photo: International Center of Photography


 

 

 

 



 

A 1937 image by Ms. Taro of Republican soldiers at the Navacerrada Pass in Spain.

Photo: Gerda Taro/International Center of Photography


 

 




 

A Republican soldier playing the bugle, Valencia, March 1937. The exhibition is one of four concurrent shows at the Center related to the Spanish Civil War, including a display of Capa war pictures.

Photo: International Center of Photography


 

 

 

 

 

 

 

 


 

Women training for a Republican militia outside Barcelona, August 1936. The I.C.P. show, which includes about 100 of her photographs, highlights Ms. Taro as an artist in her own right and as an important figure in both the changing role of women and the use of art as propaganda.

Photo: International Center of Photography

 

 

 

Gerda Taro New

By Gerda Taro

Gerda Taro (1910–1937) was the first woman photojournalist to photograph in the heat of battle. Taro was the lover and photographic partner of famed photojournalist Robert Capa and, as his manager, is often credited for launching Capa’s career. She and Capa covered much of the Spanish Civil War side by side. Taro was killed in July 1937, while photographing a crucial battle near Madrid. ICP holds what is by far the world’s largest collection of Taro’s work, including approximately 200 prints as well as original negatives. Organized chronologically, this exhibition will include vintage and modern prints, and magazine layouts using Taro’s work. The exhibition will be accompanied by a catalogue, the first major collection of Taro’s work ever published.

Item Number: B6913

$40.00 | Members $36.00

http://www.storicamente.org/06_dibattiti/gerda-taro/dogliani.html

Gerta Pohorylle, in arte Gerda Taro, giovane donna, fotografa antifascista, morta in Spagna, sul fronte di Brunete, a 27 anni, il 25 luglio 1937. Ma soprattutto, per i più, la compagna, la moglie, l’amante di Robert Capa. Ovvero di André Friedmann, in arte e per tutta la vita Robert Capa, considerato uno, se non il più importante fotoreporter di guerra della metà del XX secolo. Per quasi sessant’anni l’opera di Gerda è stata oscurata, o forse ancor peggio confusa, con quella di Capa, ingiustamente, per una serie di motivi assai complessi. Finalmente la ricerca di una studiosa tedesca, Irme Schaber, rende giustizia a Gerda, prima con una biografia apparsa in Germania nel 1995 e poi con la cura, insieme a Richard Whelan (il biografo e studioso di Robert Capa, da poco scomparso) di una mostra fotografica: la prima retrospettiva dedicata a Taro, e del relativo catalogo, allestita tra la fine del 2007 e il gennaio 2008 all’International Center of Photography (ICP) di New York. La biografia ha avuto una traduzione francese e più recentemente una bella edizione italiana, voluta con determinatezza e con passione da un gruppo romano di fotografe e di storiche della fotografia, riunitosi in associazione ”Gerdaphoto”. Il libro è stato sempre nel mese di gennaio 2008 presentato a Roma e poi a Bologna. Riproduciamo qui una parte del dibattito scaturito da quelle presentazioni che hanno visto la partecipazione, oltre che dell’autrice, anche di alcuni storici e studiosi della fotografia; tra essi Elisabetta Bini che qui di seguito rivede ed aggiorna, alla luce di quel dibattito, la prefazione posta alla traduzione italiana.
Schaber con il suo lavoro ci restituisce un profilo di donna e di artista; lo sforzo dell’autrice di individuare i soggetti, la messa a fuoco, lo stile, i luoghi delle immagini, l’occhio in definitiva di Gerda[1], è apprezzabile e rende il volume un bel libro di storia e di fotografia, e in definita rende giustizia alla Taro, e ad altre fotogiornaliste di guerra che l’hanno seguita. Irme Schaber vive e lavora a Stoccarda e da almeno due decenni si occupa di “fotografia dell’esilio”, cioè dell’opera di fotografi fuggiti dalla Germania nazista e da paesi fascistizzati dell’Europa centro-orientale (quali la Polonia e l’Ungheria) negli anni ’30 e ’40; tra questi: Hansel Mieth, Joseph Breitenbach, Wolf Suschitzky, Edith Tudor Hart, Ilse Bing. Schaber ha approfondito l’influenza che essi hanno avuto sul fotogiornalismo e sul reportage in particolare nel mondo anglosassone e statunitense (ad esempio, Lisette Model influenzò Diane Arbus all’inizio della sua carriera). Negli ultimi tempi, la ricerca di Schaber si è ampliata ad altri profili di donne fotografe esuli provenienti o ospitate in paesi ad alto conflitto, quali Israele, Argentina, Sud Africa.
Sino al libro di Schaber, e alla mostra newyorkese che ha ricevuto l’attenzione della stampa internazionale, in particolare americana, spagnola e tedesca, sapevano poco di Gerda anche coloro che avevano studiato la storia della fotografia negli anni dei Fronti popolari e della Guerra civile spagnola[2]. Conoscevamo Taro essenzialmente attraverso alcune sue foto pubblicate sui primi grandi rotocalchi degli anni ’30: i francesi «Vu» e «Regards», il nascente americano «Life». Si sapeva di lei, grazie alle cronache del tempo che avevano giudicato le esequie parigine e le successive commemorazioni pubbliche della Taro sino al 1938 come tra le più forti e toccanti cerimonie politiche del Fronte popolare. I più informati la credevano una esule tedesca di origini ebraiche, analogamente a Capa, d’origine ebraico-ungherese. Era sì nata a Stoccarda nell’agosto 1910, ed era vissuta a Lipsia, ma in realtà la sua famiglia proveniva da quell’area della Galizia che era passata dopo la Grande guerra alla Polonia dando alla famiglia Pohorylle una cittadinanza polacca.
La prima grande qualità del libro è quindi quella di ricostruire la vita ma soprattutto la complessa epoca di Gerda in quattro parti di grande respiro, e in meno di tre decenni, estremamente importanti e drammatici per la storia europea. Il primo è composto dalle origini e dalla rete familiare ebraico mitteleuropea dei Pohorylle, la loro cultura cosmopolita e nel contempo piccolo-borghese, e dall’adozione della Germania weimariana come società aperta, moderna, ricca di opportunità per tutti coloro dediti al commercio e agli affari. Secondo affresco, l’inizio di un impegno politico di Gerda a Lipsia tra circoli giovanili filocomunisti negli anni chiave 1932-33. Una parte utilissima non solo in relazione alla vita della Taro, ma anche per la ricostruzione di ambienti giovanili antifascisti alla vigilia della presa del potere da parte di Hitler. Tale ricostruzione mostra come fosse ancora fluida la militanza di molti giovani, essenzialmente connotata dal rifiuto del nazismo, e a volte solo dettata da posizioni anticonformiste, nel difendere culture o musiche “degenerate”, quali il jazz. Gerda si avvicinò a giovani che avevano aderito alla SAP (partito socialista operaio) nato dalla fusione di sezioni “frontiste” uscite dalla KPD e dalla SPD. Il terzo capitolo è rappresentato dalla città di Parigi tra il 1933 e il 1936. Gerda vi arriva nell’autunno 1933, fuggendo alla Germania oramai nazificata, non solo per motivi politici e razziali ma anche alla ricerca di nuove opportunità ed esperienze, con un bagaglio povero ma essenziale per chi come giovane e soprattutto come donna si muoveva in quei tempi: conoscenze linguistiche e una rete di contatti che si allarga nei mesi successivi ai circoli dell’emigrazione antifascista soprattutto tedesca nella capitale francese. Gerda non fu mai una militante professionista, al servizio di un partito, la politica era da lei vissuta con passione insieme ad amori, incontri, letture, viaggi, in una situazione di grande precarietà e spesso di fame sofferta con la leggerezza di chi aveva vent’anni. La sua vita cambiò nel settembre 1934 allorché incontrò André, e non solo per motivi affettivi. Irme Schaber mostra con chiarezza che Friedmann-Capa non fu il solo amore e forse neanche il “grande amore” di Gerta, anche se successivamente Capa dichiarò che Gerda era stata il grande amore della sua vita e quindi di riflesso si è fatto di lui l’«assoluto amore» di lei. Nacque però un sodalizio amoroso, amicale e soprattutto professionale. Gerta diventa Gerda, André si trasforma in Robert. Quest’ultimo trasmette a Gerda le sue conoscenze professionali di fotografo e Gerda mette al servizio di Capa le sue capacità imprenditoriali e le sue conoscenze linguistiche e diviene ben presto anch’essa una fotoreporter, trascinando con il suo entusiasmo l’introverso Robert.
Taro e Capa vivono insieme la Parigi del Fronte popolare trionfante alle elezioni del maggio ’36, l’occupazione delle fabbriche, le grandi manifestazioni di massa. Ma soprattutto, insieme ad altri giovani fotografi fuggiti al fascismo, come Chim, Namuth e Reisner, vivono la guerra di Spagna. La Spagna incide profondamente sulla loro esperienza umana e soprattutto modifica la loro professione, perché il mercato delle immagini cambia radicalmente dal luglio 1936. La Guerra civile spagnola proietta l’immagine cine e fotografica in una dimensione nuova, politica, propagandistica, di mercato internazionale dominata oramai da grandi testate giornalistiche e da agenzie di stampa. Basta una foto, l’essere sul luogo e al momento giusto, avere coraggio, per fare la fortuna di un fotografo, come accade a Capa con l’immagine il Miliziano che cade. Taro rimase più a lungo di Capa in Spagna, mostrò disprezzo del pericolo nel coprire retro-fronti e fronti di guerra, sino all’incidente che le costò la vita.
Perché Gerda fu dimenticata nel secondo dopoguerra? Nell’ultima parte del volume l’autrice ha cercato di dare una risposta, non solo sulla base di un’attenta ricerca documentaria, ma anche con la raccolta di testimonianze dirette, con la storia orale. La fine della Repubblica Democratica tedesca, all’inizio degli anni ’90, le ha permesso anche di accedere a nuovi materiali sino a quel momento di difficile reperimento per uno studioso che operava al di qua del Muro. Molte le ragioni. La vita della Taro era stata mitizzata nella DDR, e in particolare nella città di Lipsia, con errori biografici grossolani, grazie ad una operazione che aveva fatto di Gerda un modello eroico di combattente comunista per la gioventù comunista; lei che comunista non era mai stata e che aveva sostenuto la Spagna repubblicana ma senza mai “combattere”, se non con la macchina da presa, in reparti armati nella Guerra civile. Il ricordo familiare era inoltre rapidamente scomparso: la famiglia Pohorylle, rifugiatasi in Serbia, viene sterminata all’inizio della guerra, la tomba di Gerda creata da Alberto Giacometti al cimitero di Père-Lachaise distrutta durante l’occupazione tedesca. Ma soprattutto diviene difficile l’individuazione di molte foto scattate da Taro: «Per scarsa conoscenza e burocratismo, interessi commerciali e ignoranza, le fotografie che inequivocabilmente portavano il timbro Photo Taro divennero foto di Capa» scrive Schaber, a causa di interventi successivi da parte di agenzie di stampa, degli eredi di Robert Capa (scomparso some sappiamo nel 1954 in Indocina) e persino dell’indipendente Agenzia Magnum, fondata nel 1947 anche da alcuni ex-compagni di lavoro di Gerda.
In contemporanea all’uscita e alla discussione italiana del libro, la stampa internazionale è stata scossa da una notizia che potrebbe cambiare alcune importanti pagine della storia della fotografia del Novecento. Il 27 gennaio 2008 «The New York Times» batteva la notizia (raccolta il giorno stesso e nei giorni successivi da quotidiani e settimanali quali «la Repubblica» e lo «Spiegel») che erano stati consegnati all’ICP, dopo lunghe trattative, tre valigie contenenti i negativi, che sino a poco tempo fa si credevano perduti, che Robert Capa nel 1939 aveva lasciato a Parigi prima di passare oltreoceano. La stessa vicenda del ritrovamento costituisce di per sé una lezione di storia contemporanea. Sembra infatti che le valigie siano state portate nel 1940 a Marsiglia da Imre Weisz, un altro fotografo di origine ungherese, nel tentativo di fuggire all’occupante tedesco della Francia e di ottenere un visto per il Messico, uno dei pochi paesi che ancora accoglieva a quel tempo ebrei ed antifascisti in fuga dall’Europa. Una vicenda individuale simile a quella di tanti altri esuli in Francia, antifascisti, ebrei, ex-combattenti repubblicani della Guerra civile spagnola. Questo destino collettivo è stato ripercorso da ricerche storiche e dal magistrale romanzo della scrittrice tedesca Anna Seghers: Transit. Weisz finì in un campo di internamento (per poi salvarsi e raggiungere a sua volta Città del Messico) mentre le valigie da sole ripararono in Messico, grazie a canali consolari messicani, e lì vi rimasero, in mano a colui che le aveva trafugate, il generale Francisco Aguilar Gonzalez, e poi ai suoi discendenti. Interessante notare che Weisz, conosciuto col soprannome di Cziki, era stato intervistato in passato da Richard Whelan[3] quando preparava la sua oramai classica biografia su Capa, ma in tali colloqui non aveva mai fatto menzione delle valigie.
In breve, dei negativi si ebbe notizia solo a partire dal 1995, quando le biografie più serie su Capa e sulla Taro erano già uscite, e per più di dieci anni, giornalisti e documentaristi nordamericani, da soli o per conto dell’ICP di New York, cercarono di recuperarli, accelerando le trattative prima dell’inaugurazione delle mostre parallele dedicate dal Center a Taro e a Capa [4]. I negativi arrivarono a New York troppo tardi per essere esposti (d’altronde come avrebbero potuto, prima di un restauro e di un attento loro studio) ma, a dire dei conservatori, in ottime condizioni per materiali in nitrato conservati in scatole. Essi permetteranno forse di risolvere alcuni quesiti rimasti aperti negli ultimi settant’anni, e soprattutto l’attribuzione di diverse foto e l’origine di esse, alcune tra le più famose della storia della fotografia. Brian Wallis, direttore dell’ICP, ha addirittura affermato alla stampa che «ci sarebbe anche la remota possibilità che la fotografia del Miliziano che cade possa essere stata scattata da Taro e non da Capa»[5]. Tra i negativi ritrovati anche quelli relativi ad un’altra tra le più famose e simboliche fotografie della Guerra civile spagnola, quella sino ad oggi attribuita al fotografo David Seymour, in arte Chim, che raffigura una donna che con in braccio un bambino guarda spaventata il cielo. Se si giungesse all’attribuzione a Gerda Taro di alcune foto che hanno reso famoso Capa renderemmo finalmente giustizia a questa giovane fotografa. Si potrebbe però anche andare oltre ed approfondire alcuni aspetti della storia del fotogiornalismo, già emersi come problematici negli ultimi anni. Non credo, ad esempio, che l’attribuzione a Taro della foto del Miliziano e neppure la conferma, grazie alla scoperta dell’intera sequenza di fotogrammi scattati sul miliziano, che tale miliziano fosse o non fosse caduto colpito al petto da fuoco nemico, cambierebbe il giudizio nostro sulla Guerra civile spagnola, né sul valore simbolico di tale fotografia. Ci permetterebbe invece di capire meglio l’uso che a partire dalla guerra di Spagna l’informazione ha fatto delle immagini, isolandole, scorporandole, decontestualizzandole, per dare loro un valore universale. Ciò vale per il Miliziano, inciampato o colpito a morte, che è rimasto il simbolo di sacrificio e di eroismo. Ed è coerente anche per la foto della donna con il bambino, attribuita, sino a prova contraria a Chim e ad una scena da egli ritratta di riunione in Estremadura per la distribuzione di terra, ma che poi assunse altri valori e da molti è ricordata come immagine di una civile terrorizzata dagli attacchi aerei fascisti dal cielo di Spagna. Bombardamenti su civili inermi ci furono veramente in Spagna, come ricorda la bella mostra catalana che ha transitato in diverse città italiane questo inverno[6]; come caddero tanti giovani combattenti in difesa della libertà e della democrazia della Spagna.
Ci permetterebbe inoltre di meglio approfondire quello che già Susan Sontag nel suo ultimo coinvolgente e militante scritto: Regarding the Pain of Others, notava sullo star witness. Sontag osservava che «la Fotografia è la sola arte nella quale la formazione professionale e anni di esperienza non conferiscono un insuperabile vantaggio su altri non qualificati ed inesperti» fotografi, «e questo per tante ragioni, tra queste il grande ruolo che caso (o fortuna) gioca nel prendere le foto, e l’inclinazione verso la spontaneità, il grezzo, l’imperfetto»; come furono i casi sia di Gerda Taro che di Robert Capa. Ecco perché la difficoltà di separare le loro foto, se non conosciamo la loro origine, le sequenze dal quale furono tratte, se non localizziamo nel tempo e nello spazio il lavoro di una fotografa rispetto ad un altro, come ha fatto con intelligenza Irme Schaber. Prosegue Sontag: «In un sistema basato su una vastissima riproduzione e diffusione di immagini, testimoniare richiede la creazione di star witnesses (testimoni che assumono il ruolo di star), resi famosi dall’esercizio della loro audacia e zelo nel procurare importanti e sconvolgenti fotografie»[7], come fu appunto reso Capa tanto da oscurare la fama e il ricordo di Taro.
Sontag però aggiunge anche, in successivi articoli apparsi sulla stampa internazionale poco prima della sua scomparsa, che la fotografia è innanzitutto un modo di vedere e non l’atto di farlo. Occorre pertanto scindere l’occhio di chi ha visto e di come ha visto rispetto a quello si è voluto vedere, attraverso frammenti – le foto – , il contesto – cioè l’aspetto discorsivo e persino ideologico dei media che pubblicano o riproducono un’immagine – , e secondo l’epoca nel quale vediamo le immagini. Ricostruire la vita, l’opera, l’epoca di Gerda Taro contribuisce anche a questo importante approfondimento del ruolo della fotografia nella lettura dell’età contemporanea.


 

 

 
Gerda Taro. Una fotografa rivoluzionaria nella guerra civile spagnol

www.arteconomy24.ilsole24ore.com/news/2007/10/26
 

Domenica 21 Ottobre 2007
Fotografa da trincea

di Laura Leonelli

Lo aveva indossato per pochi mesi, il suo nuovo nome, Gerda Taro, quasi fosse un abito, buono per i caffè di Parigi come per la guerra di Spagna. Nome e cognome, e in mezzo solo ventisette anni di vita, trascorsi in Germania, agli albori del nazismo, quindi in Francia e da lì sul fronte incandescente di Brunete. A ricordare questa figura così tragica e moderna, donna e personaggio insieme, intervengono oggi una mostra e due libri. Un triangolo, dall'International Center of Photography di New York, dove è aperta fino al 6 gennaio la retrospettiva, «Gerda Taro», al breve ma coinvolgente racconto di Francois Maspero, L'ombre d'une photographe, Gerda Taro, edito a Parigi da Seuil (pagg. 140, € 14,00), alla versione italiana della biografia di Irme Schaber, la più esaustiva, Gerda Taro. Una fotografa rivoluzionaria nella guerra civile spagnola, in uscita a metà novembre per DeriveApprodi di Roma (pagg. 192, € 15,00). 
 

 
http://www.archinto.it/sclibro.php?idlb=265
 


Gerta Pohorylle nasce nel 1910 a Stoccarda da una famiglia della buona borghesia ebraica, colta e di sinistra. Cresce studiando a Lipsia, poi a Ginevra dove impara anche il francese, oltre al tedesco e all’inglese che già conosce. Nel 1933 è arrestata con l’accusa di volantinaggio antinazista, e alla fine dell’estate del 1933 è a Parigi, dove all’inizio è dura sopravvivere - anche potendo contare su diverse amicizie interessanti e che condividono gli stessi ideali. Diffusa tra molti intellettuali che vivono a Parigi è la convinzione ottimistica che il momento presente sia transitorio, destinato a finire presto come il nazionalsocialismo di Hitler. Nel 1934 Gerta conosce André Friedmann, fotografo ungherese di tre anni più giovane, con cui instaura una relazione e con cui comincia a fotografare, dopo avere imparato le tecniche di sviluppo dall’amico Fred Stein, che la ospita a Parigi. È di Gerta l’idea geniale di inventare un misterioso fotografo americano, Robert Capa, le cui foto sono molto più costose di quelle di André, autore degli scatti di entrambi. Anche Gerta cambia nome in Gerda Taro, e insieme a André-Bob parte per immortalare la cruenta guerra civile spagnola, teatro di uno scontro più grande tra nazismo-fascimo e comunismo. Gerda cade in battaglia pochi giorni dopo che il suo compagno ha lasciato il fronte, investita da un carro armato impazzito e crivellata di colpi che le hanno aperto il ventre. Durante l’operazione in cui cercano di salvarla chiede una sigaretta che stringe forte in mezzo ai denti aspirando per un’ultima volta prima di morire...

 

L’ombra di una fotografa. Gerda Taro e la sua guerra di Spagna
Finito di stampare ad Ottobre 2007
ISBN 978-88-7768-494-3
136 pagine
17.00 Euro

 

Un'ombra, dice di lei, Maspero, famiglia nella Resistenza, libraio nel Quartiere Latino a 23 anni, quindi editore. Ed è curando la pubblicazione in francese del diario spagnolo di Pietro Nenni, che Maspero, alla ricerca di un'immagine per la copertina, scopre che dietro molte fotografie firmate Robert Capa, per non dire dietro lo stesso personaggio "Capa", si nasconde, appunto, l'ombra sottile, bionda con riflessi rossi, di Gerda Taro. E probabilmente a Gerda, questo gioco di destini incrociati, nel nome della libertà e del sacrificio personale, sarebbe piaciuto molto. Si sarebbe sentita a casa, lei che di case ne ha cambiate tante. La prima, degna di una famiglia borghese e liberale di ebrei polacchi, è a Stoccarda, dove Gerda Pohorylle, il suo vero cognome, nasce nel 1910. Pochi anni dopo ed è la volta di Lipsia, una boccata di aria fresca all'insegna di quel "Wandervogel", che spinge i giovani del primo Novecento a immergersi nella natura e a emancipare il corpo da ogni convezione, abiti compresi. Anche Gerda si spoglia e in un attimo si ritrova in collegio a Ginevra. Altra divisa, altri studi ed eccola di nuovo a Lipsia, marzo 1933, Hitler al potere da gennaio, a distribuire volantini dell'Opposizione Sindacale Rivoluzionaria. L'arresto avviene una sera e in cella Gerda è in abito da cocktail, «scusate – dirà alle altre detenute – mi hanno preso mentre andavo a una festa». Ma il suo passaporto polacco è ancora una garanzia di libertà. Rilasciata Gerda fugge in Francia insieme a un'amica, Ruth Cerf. A Parigi, le ragazze frequentano il Cafè Capoulade e il Dome, e qui incontrano personaggi come Willy Brandt, fuoriuscito dalla Norvegia, Arthur Koestler, allora agente segreto del Komintern, e un giovane fotografo ungherese, Andrè Friedmann, in fuga anche lui da una dittatura, quella di Horthy. Complice una pubblicità per un'assicurazione svizzera e Gerda e Andrè si conoscono, più da vicino. Amore grande, poche stanze insieme e un sogno, diventare, per quanto riguarda Andrè, «ricco, celebre, affascinante e americano».

Se Friedmann è il primo attore, Gerda è la regista. È lei a inventarsi quel nome, Robert Capa, lei a insegnargli l'arte dell'eleganza. In cambio Bob, nel suo nuovo esotismo hollywoodiano, le offre i primi rudimenti della fotografia e Gerda, a sua volta trasformatasi in Taro, omaggio al fascino di Greta Garbo, lascia i panni della segretaria dell'agenzia fotografica Alliance e diventa fotografa. Il battesimo avviene a luglio del 1936, guerra di Spagna. Gerda e Robert lavorano vicini, ma la firma è una sola, quella di Capa. Pochi mesi e le fotografie delle macerie e dei soldati in festa portano la dicitura Capa&Taro. Un anno dopo, nel 1937, Gerda è solo Taro ed è lei sola a fotografare l'assalto di Brunete. I repubblicani sono in fuga. Gerda, sul predellino di una macchina, scatta e urla di resistere fino a quando un carroarmato la investe. È il 25 luglio, morirà il giorno dopo. Ai funerali a Parigi, Louis Aragon trattiene Capa in preda alla disperazione. Anni dopo, piangendo, Bob confesserà di non aver amato nessuna come lei. E nessuna, come Gerda, neppure Ingrid Bergman, compagna di Capa per una stagione, ha mai saputo indossare una parte così bene.


1 «Gerda Taro». International Center of Photography, New York, fino al 6 gennaio 2008. www.icp.org

 

Ecco come LIFE ha presentato Gerda Taro (alias Gerda Pohorylle)...

Aug. 16, 1937 (p. 62-63) The Spanish war kills its first woman photographer (Gerta Taro, 1911-1937).


cliccare sull'immagine per vederla a dimensioni naturali

 

The Capa Archive (I.C.P.) has written:

<< Yes, LIFE magazine did say that. In 1937 no American magazine would ever have said that anyone was someone's lover -- so they said she was his wife. Irme Schaber, in her definitive biography of Taro published in Germany in 1994, confirms that Capa and Taro never married. >>

 

 
http://elangelcaido.org/comunicacion/028/028gerdataro.html

Este reportaje es el último que envió la fotógrafa Gerda Taro a la revista ilustrada "Regards". Las fotografías corresponden a la toma de la villa de Brunete por las tropas republicanas españolas en Julio de 1937, en el transcurso de la Guerra Civil española.

Este fue su último reportaje, porque Gerda Taro murió como consecuencia del aplastamiento que la mitad inferior de su cuerpo sufrió en la batalla de Brunete en julio de 1937, cuando se hallaba en el estribo del coche del general Walter, que fue arrastrado por un tanque republicano.
Gerda falleció al día siguiente en el hospital de El Escorial.
Estaba a punto de cumplir veintisiete años.

El periódico francés "Ce Soir", para el que trabajaba, daba así la noticia:
"Ce Soir, 28 juillet 1937. Notre reporter photographe Mlle. Taro a été tuée près de Brunete où elle avait assisté à la bataille. Un tank républicain tampona la voiture sur le marchepied de laquelle elle était montée pour quitter le village tombé aux mains des insurgés."

Una reseña norteamericana de 1938, reflejaba la muerte de Gerda Taro, a quien consideraba la primera reportera gráfica muerta en una acción de guerra:
 



Gerda Taro è morta all’età di 27 anni schiacciata da un carro armato durante la Guerra civile spagnola. Era il 1937. Fotografa reporter sulla linea del fronte, fino al giorno della sua morte ha rifornito le principali riviste dell’epoca di immagini sensazionali, spesso scattate insieme al fotografo ungherese Robert Capa che era all’epoca il suo compagno. Gerda Taro fu la prima reporter donna a morire in un’azione di guerra mentre svolgeva il proprio lavoro. Negli anni a venire, il ricordo della sua opera sarebbe via via sbiadito, fino a scomparire dietro la celebre e ingombrante figura del fotografo mondialmente noto Robert Capa.


 

¿ Pero quién era Gerda Taro ?
Su verdadero nombre era Gerda Pohorylle, había nacido en Stuttgart ( Alemania ) el 1 de Agosto de 1910, llegó a España, en plena Guerra Civil española, al poco tiempo de comenzar ésta.

Su obra fotográfica es poco conocida.
Aunque su firma, en los reportajes que publicó en diferentes medios franceses para los que trabajaba, está haciendo posible la identificación de sus fotografías.

Quisiéramos conocer en detalle su obra fotográfica, aunque entendemos que se trata de una labor difícil de conseguir.
Una de las dificultades con la que nos encontramos es que, al igual que gran número de mujeres, Gerda Taro es conocida por ser la "compañera de", en este caso de Robert Capa.
Este fotógrafo de reconocido prestigio a nivel mundial, es quien ha acaparado toda la atención de los estudiosos.
Además, dado que compartían sus cámaras fotográficas, las imágenes realizadas por Gerda son aún más difíciles de identificar.

Esperamos que entre nuestros lectores, alguno esté interesado en este tema y que pueda enviarnos algún material para rendir el homenaje que se merece Gerda Taro.

Vaya desde estas páginas, al agradecimiento, el reconocimiento y el respeto por el trabajo de esta mujer que, como otras muchas personas, tomaron partido y defendieron, incluso con su vida, la justicia, el progreso y la democracia en un momento crítico de la historia de Europa y en especial de España.

" Cuando piensas en toda esa gente que conocimos y ha muerto en esa ofensiva, - Guerra Civil española - tienes el sentimiento de que estar vivo es algo desleal ".
( Gerda Taro, unos días antes de morir ).

Selección y comentarios: Manuel Rodríguez

 

Irme Schaber, "Gerta Taro: Fotoreporterin im spanischen Bürgerkrieg: eine Biografie",  1994


Imre Schaber
Gerta Taro
Fotoreporterin im Spanischen Bürgerkrieg
erschienen Oktober 1994
254 Seiten, 118 Abb., Gebunden
Jonas Verlag für Kunst und Literatur GmbH | ISBN: 3894451750

25.00 EUR 

1937 kommt Gerta Taro im spanischen Bürgerkrieg um. Zwei Jahre hat sie an vorderster Front als Fotografin mit ihrem damaligen Gefährten Robert Capa gearbeitet und die Welt mit »sensationellen« Bildern versorgt. Taros Begräbnis auf dem Pariser Friedhof Père-Lachaise wurde zu einer Manifestation gegen den Faschismus. Das Leben dieser engagierten Frau und Fotoreporterin - 1910 in Stuttgart geboren und 1933 nach Paris emigriert - ist in der BRD vergessen. Ihr fotografisches Œuvre verschwand hinter und im Werk des berühmten Mannes und Kollegen Capa.

http://www.jonas-verlag.de/shop/Fotografie3-89445-175-0.html

http://www.knaab.de/jonas/shop/Fotografie3-89445-175-0.html

http://www.deutschesfachbuch.de/info/detail.php?isbn=3894451750&PHPSESSID=sp

 



http://www.randomhousemondadori.es/_data/Derechos/Catalogos/Pdfs/7.pdf




Gerda Taro fotógrafa de guerra.
Del periodismo como testigo de la historia
Fernando Olmeda
Fecha de publicación: 16/03/2007
ISBN: 978-84-8306-702-4
Idioma: Castellano
Editorial Debate
Precio: 26 euros
 

 

http://www.fernandoolmeda.blogspot.com/
 


 

 

 

Robert Capa   & Gerda Taro:   "Death In the Making",  Covici Friede (New York) 1938,  First edition

 


http://www.photographers.it/articoli/capa.htm

In Italia uno dei primi articoli ("Bob Capa: di foto si muore") in cui sono stati espressi dubbi sull'autenticità della foto in questione è stato firmato da Piero Berengo Gardin, sulla rivista "FOTOGRAFIA ITALIANA" (Edizioni "Il Diaframma" giugno 1972). La pubblicazione di un numero speciale e monografico fu un omaggio a Bob Capa e presentò una eccezionale raccolta delle immagini inedite più significative dell'uomo che ha iniziato una tradizione del reportage di guerra.

Piero Berengo Gardin fa emergere dalle immagini il ritratto di una personalità unica oltre che il segreto di una fotografia che, come ha detto Steinbeck, <<nasceva nel suo cervello e la macchina solamente completava>>."

L’Autore, nella dettagliata biografia dedicata a Robert Capa,  presenta il 1936, l’anno della guerra di Spagna, in questo modo:

<< la guerra di Spagna e la foto 'cosiddetta del miliziano', scattata nei pressi di Cadice. Anche in questo caso abbiamo rintracciato quattro foto, anch'esse inedite, che si avvicinano sensibilmente ai fatti così come sono accaduti.

Ecco la storia del miliziano.

Robert Capa è in trincea con una pattuglia di repubblicani delle più diverse estrazioni.
Essi si battono contro una postazione franchista dalla quale un mitra spazza a ventaglio.
C'è una prima ondata, e Capa resta in trincea ad osservare come vanno le cose.
Molti sono uccisi e i superstiti, ripiegando, riprendono a sparare ad intervalli irregolari.
Il mitra fascista tace. Tutti credono che sia stato spacciato. Non Capa, però, che resta in trincea,
piazza la macchina fotografica al di fuori di essa e sopra la propria testa e scatta la foto giusta
al momento giusto: è l'attimo in cui uno dei miliziani superstiti si fa cogliere in contropiede dal mitra sornione.    

E' la fine del miliziano e l'inizio del mito di Capa.

Che il miliziano ucciso sia poi quello che si vede ancor vivo, primo a sinistra con le braccia  alzate, in una delle altre foto, è una grossa e suggestiva tentazione. dalla quale onestamente, malgrado i tanti elementi a favore, ambientali e fisionomici, non ce la sentiamo di lasciarci prendere.

Alla foto del miliziano, sintomatica ed esemplare in ogni sua caratterizzazione ai fini della creazione di un mito per antonomasia (l'attimo catturato e l'effetto della morte ben saldi insieme, in ogni loro implicazione di facile commerciabilità), contrapporrei invece la sequenza della difesa dell'Università di Madrid, in cui l'adesione del fotografo non è solo vicina ai fatti ma li sostiene con una discreta presenza morale.

L'immagine, come del resto è avvertibile in tutto Capa, è sempre scarna e dimessa, talvolta addirittura sciatta, ma comunque "diretta", come l'accento esclamativo del ferito che si trascina e che recupera il tono di suspense con un drastico giro di vite. >>   

 Questa pagina ha mostrato quattro fotografie allora inedite riguardanti il miliziano e la trincea da cui questo sarebbe saltato fuori,  facendosi cogliere in contropiede dai colpi sparati da una mitragliatrice franchista .

Questa pagina presenta "Il miliziano che muore, con gli inediti dello stesso servizio: Guerra Civile Spagnola, 1936. L'ultima in basso è la compagna di Bob, la fotografa tedesca Gerda Taro, morta a Brunete l'anno dopo, schiacciata da un carro armato".
 

 

 

 

 

 

 



 

 

http://www.editionsdurocher.fr/

Irme Schaber, translation by Pierre Gallissaires,
"Gerda Taro : Une photographe révolutionnaire dans la guerre d'Espagne"

ISBN 2-268-05727-5

Editions du Rocher (Paris 2006)
ISBN 2-268-05727-5

23,00 Euro

 

 

Il critico e storico della Fotografia Cesare Colombo mi ha scritto una lettera che desidero condividere con tutti i fruitori di Photographers.it, ecco cosa afferma:

Volevo confermarti l'apprezzamento per la corretta puntualizzazione su Capa ed il suo "miliziano" da te già espressa sulla rivista "Photographie Magazine" (n. 1/1998).  Mi è capitato negli anni scorsi di discutere già di questo dilemma apparente (è vera scena cruenta o no ?) sostenendo sempre che non si tratta della documentazione di una morte, ma di una caduta. Le foto dei due miliziani sono state tratte dal settimanale 'VU' che ingenuamente le aveva accostate nel 1936 in un articolo dal titolo "Così si muore". Queste due foto non fanno altro che aggiungersi ad altri indizi, chiarissimi per chi conosce e pratica la tecnica di ripresa. E' folle scattare, allo scoperto, anche per un attimo solo, al fianco ed alla stessa altezza di chi viene preso di mira dai proiettili nemici. Le altre foto note di Robert Capa, scattate in quello stesso giorno, mostrano un gruppo di miliziani che saltano sorridendo più volte - a scopo chiaramente propagandistico - oltre una trincea scavata nel terreno.
Tra essi vi sono il 'martire' ed il collega imbranato che non passerà alla storia.


Altre foto mostrano il 'martire' che ridacchia su una sdraio con Gerda Taro, moglie di Capa dal 1936
(clicca quì per leggere il testo pubblicato su LIFE)
Ovviamente bisognerebbe aver sottomano i contatti delle originali riprese in sequenza, per capire tutto meglio.


Cesare Colombo mi ha invitato a vedere la foto del Miliziano accanto a Gerda Taro,
presente a pagina 326 del volume edito  nel 1995 dai tipi della Fondazione Antonio  Mazzotta
intitolato "Fotografia della libertà e delle dittature - da Sander a Cartier-Bresson 1922-1946". 

 

Nella didascalia si legge:

Due volontari repubblicani in un momento di riposo durante le esercitazioni, Spagna, 1936.


Le macchine fotografiche di Gerda Taro e Robert Capa riprendevano spesso le stesse scene.
Le angolature, le sequenze o i dettagli di un'immagine
fanno supporre che i due lavorassero continuamente uno accanto all'altra.
(cit. Irme Shaber, Gerda Taro, Derive Approdi, Roma 2007)

Nella didascalia Magnum è indicato che trattasi di due miliziani che si riposano in una terrazza di Barcellona, Agosto 1936.

Stesso luogo e stessa data di altre foto in cui i miliziani stanno per partire sul treno diretto al Fronte di Aragon.

E' curioso come la storia ci indichi che le milizie partirono da Barcellona per l'Aragona in Luglio.

Dunque non vi sarebbero le esercitazioni, ma solo saluti e baci d'addio, nella speranza di tornare vivi.

Molte altre cose non tornano:

* NON sono in un momento di riposo durante le esercitazioni ma su di una sdraio in vimini, lungo una strada in cui si vedono altre persone che passeggiano tranquillamente; ci sono altre persone sedute su altre sdraio e gli abiti indossati non sono quelli per andare ad un'esercitazione
(lui ha la cravatta e lei un bel vestito lungo);

** Da un primo confronto tra questa foto e le altre del "Miliziano che cade", siamo persuasi che possa trattarsi della stessa persona:

        
Copyright : Robert Capa R / Magnum Photos

**** Sul cappello del Miliziano si vede una stella, senza alcuna scritta...

Quest'ultima annotazione evidenzia un ulteriore lato oscuro nel processo di mistificazione operato intorno ad alcune fotografie di Robert Capa,
al fine di mantenerne intatto il mito più che la persona :

Ci domandiamo perché nelle didascalie date da Magnum alle foto dei miliziani si legge:

"The initials CNT embroidered on his cap stand for Confederacion Nacional del Trabajo an anarcho syndicalist organisation"

Traduzione:

"Le iniziali CNT ricamate sul suo copricapo, stanno per Confederazione Nazionale del Lavoro, un'organizzazione sindacale anarchica".

  

 

 

 



"Fotografia e Società" - Einaudi 1976-1980
 

Lucien Vogel vide André al lavoro in esclusiva a Ginevra, durante una riunione della Società delle Nazioni.

Quando successivamente gli furono presentate le foto scattate in quell'occasione, con il copyright Robert Capa,
il gioco dei ruoli (Capa fotografo, Friedmann stampatore e Gerda Taro segretaria) non fu più un mistero per nessuno. 
Col nome di R.Capa, Friedmann era in Europa un fotografo americano ed in America un francese.

 

 


Segnalazione © Luca B. Pagni, Roma 8 luglio 2003 - 02 novembre 2007