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Testi » Fotografia & Dintorni » Scheda Articolo

A ciascuno il suo workshop
Autore: claudia rocchini - Pubblicato il 18/04/12 - Categoria Fotografia & Dintorni
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Spesso nei corsi di fotografia domanda ed offerta faticano a comprendersi e questo è causa di delusioni per chi partecipa e per chi insegna. Colpa anche della tecnologia? E visto che sono in molti a confondere la tecnica con la tecnologia fotografica, perdendo così di vista i fondamentali della fotografia, perché non organizzare workshop specifici per marche e modelli di fotocamere e obiettivi?

Due anni fa pubblicammo un articolo dedicato ai workshop di fotografia (Workshop, la parola magica?, Fotografia Reflex, marzo 2010) in cui, partendo da un’analisi dell’offerta di mercato, mi mettevo nei panni di chi desidera partecipare a un corso di fotografia e quasi non sa da che parte cominciare per scegliere quello ideale. Eccesso di offerta, molto spesso standardizzata, inflazione di informazioni e crisi economica tra i principali motivi che rendevano e rendono la scelta quasi sempre un terno al lotto. In aggiunta, le difficoltà degli aspiranti corsisti di capire il proprio reale livello fotografico, per essere certi di basare la decisione non tanto e non solo su ciò che piace, ma su quello che si avrebbe realmente bisogno di imparare. E anche coloro con le idee chiare su cosa portare a casa da un workshop, di frequente incappano nelle false percezioni o aspettative su cosa aspettarsi da un corso, tipo confondere la tecnica fotografica con la tecnologia degli strumenti utilizzati per fotografare.

Lato offerta, invece, il modo più semplice per tastare il polso della situazione, visto che ancora non esiste un servizio tipo Tripadvisor che offre un riscontro sui corsi fotografici, è quello di leggere i commenti nelle ormai innumerevoli community fotografiche su un dato corso o docente. Le lamentele più frequenti di quei corsisti che, delusi dai workshop cui hanno partecipato, scrivono le loro impressioni/accuse nei vari forum riguardano programmi poco esaustivi o ambigui, didattica non adeguata, organizzazione sui generis, scarsa capacità comunicativa dei tutor e, in generale, aspettative deluse. Con il risultato, in molti casi, di scatenare un passaparola negativo su un professionista o un’azienda che non sempre corrisponde al vero perché dovuto a false aspettative, con conseguenti danni di immagine: ci vogliono anni per crearsi una reputazione e purtroppo, in epoca di social network, basta una discussione in un forum, magari indicizzata dai motori, per rischiare di screditare anche il professionista più affermato.

L’impressione era ed è che in tantissimi casi domanda e offerta faticano a comprendersi. I motivi? Impossibile entrare nel merito specifico ma al di là del cronico problema di comunicazione, in generale si può dire che l’offerta sembrerebbe non tenere in sufficiente considerazione non tanto e non solo le esigenze, più o meno consapevoli, della domanda, quanto le reali aspettative; la domanda perché tende ad avere percezioni non sempre corrette su cosa si dovrebbe insegnare, e imparare, in un corso di fotografia.



Senza avere la pretesa di salire in cattedra, vorrei offrire alcuni spunti di riflessione ad entrambe le parti in causa: ai professionisti per perfezionare al meglio l’offerta; agli amatori per aiutarli a focalizzare le proprie esigenze e, soprattutto, per metterli nelle condizioni di farsi e fare le domande giuste prima di scegliere a quale corso partecipare. Uno degli equivoci più frequenti è pensare che un corso di fotografia (che sia di tecnica fotografica, composizione o estetica poco importa) si concretizzi in un corso sulle corrette impostazioni dell’attrezzatura fotografica. Come dicevo in apertura articolo, si tende a confondere la tecnica fotografica con la tecnologia degli strumenti utilizzati per fotografare. Lasciando perdere i casi più clamorosi di chi non legge il manuale e chiede come si cambiano gli ISO sulla propria reflex, mi riferisco per esempio a chi si aspetta che il tutor spieghi come gestire al meglio l’esposizione in una specifica situazione con una reflex di una data marca che monta un determinato obiettivo (che nella quasi totalità dei casi non corrisponderà all’attrezzatura di chi insegna) e, quasi sempre, esordisce chiedendo al tutor: “Che impostazioni stai usando?”.

Un conto è chiedere come si fa una corretta lettura della luce su una scena, un conto è aspettarsi di sapere come si imposta la propria attrezzatura per ottenere il risultato ottimale. Chi ha questo tipo di approccio è magari la stessa persona che, di fronte a una fotografia, come prima cosa controlla i dati EXIF nella convinzione che siano il Verbo e, in mancanza, magari metterà in dubbio la gestione dello scatto in ripresa, insinuando che il risultato sia stato ottenuto in post produzione.

Chiariamo, sono aspettative lecite e del tutto in buona fede: visto che assistiamo a una continua e impressionante immissione nel mercato di modelli di fotocamere sempre più evolute e con tecnologie innovative, tanto che quasi non si ha il tempo di metabolizzare le novità per capire se sono buone o cattive, se servono o no, che già è pronto un nuovo modello, l’unica costante sembrerebbe essere quella che non si possa più prescindere dall’elettronica per gestire al meglio la ripresa. E quindi tocca rassegnarsi: fotografare oggi non è più una “semplice” questione di tempi, diaframmi, Iso e bilanciamento del bianco.
E se persino i marchi diffondono guide tecniche e tutorial, differenti da quelli forniti con la fotocamera, per l’utilizzo ottimale dei singoli modelli di reflex in relazione a determinate caratteristiche innovative, qualcosa vorrà pur dire. Due esempi recenti che riguardano gli ultimi modelli Nikon e Canon. Per la D800, Nikon Usa, a poche settimane dal lancio, ha diffuso una guida tecnica compilata con l’aiuto di fotografi NPS sui punti critici nell’utilizzo della nuova fotocamera (dovuti essenzialmente al mega sensore da 36MP), con relativi consigli pratici su come gestirli che, tuttavia, si concretizzano nella necessità di modificare le abitudini di ripresa. Discorso simile per la Canon 1Dx, con la messa a disposizione di tutorial ufficiali per aiutare a gestire il nuovo sistema di autofocus a 61 punti, basato anche sul colore.

Si sente sempre ripetere che è fondamentale la conoscenza del mezzo che si possiede, ma ormai anche con l’attrezzatura fotografica vige la legge del telecomando, quella che su una media di 50 tasti, di norma se ne utilizzano al massimo una decina, inclusi i numeri. Delle due l’una: o in un telecomando ci sono 40 tasti inutili (può anche essere che sia così, ma almeno verifichiamolo), oppure è il caso di aiutare a far scoprire a cosa servono.

E’ dunque comprensibile che moltissimi fotoamatori sentano come prioritario il bisogno di capire come funziona la propria attrezzatura, al di là dei manuali, e che si aspettino di trovare in un corso le applicazioni pratiche di quanto letto nelle guide online. Ed è qui che si possono intravedere nuove opportunità di offerte formative: visto che la domanda sulle corrette impostazioni dell’attrezzatura è molto alta, visto che l’offerta è standardizzata e la concorrenza aumenta a vista d’occhio, perché non provare a differenziarsi organizzando corsi sì per genere, ma focalizzati su uno o due modelli di reflex di una data marca associati a specifici obiettivi?

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