Testi » Cultura Fotografica » Scheda Articolo

Il libero arbitrio nel mirino
Autore: Fulvio Bortolozzo
- Pubblicato il 11/01/14 - Categoria
Cultura Fotografica
Ripubblico qui con grande piacere il testo critico che Nello Rossi ha voluto dedicarmi su Facebook.
Il libero arbitrio nel mirino.
(Cartoline a Ponzone)
Quello che colpisce subito, guardando le belle immagini di Fulvio Bortolozzo, è l'omogeneità dello sguardo di chi le ha prelevate, che è come dire che si riconosce lo stile: cosa non comune, quando l'immagine è prelevata da un apparecchio fotografico.
Come ho scritto commentando "Appunti per gli occhi (2009-2011)", l'album di immagini che Fulvio Bortolozzo ci ha permesso di sfogliare il 16 dicembre 2013 in Whe Do the Rest, io lo conoscevo quasi esclusivamente per i suoi suggestivi "notturni", di cui due nuovi, visti nella raccolta di immagini, mi hanno attratto particolarmente, richiamando alla memoria, come spesso mi accade, altre immagini manuali egualmente suggestive. L'immagine notturna di una via di Torino si è subito legata ai tanti apparentemente algidi notturni di Paul Delvaux, mentre il gruppo di persone su una collina con alle spalle Torino, suggerita da quella che avrebbe dovuto essere la più grande sinagoga italiana ed è invece diventata il simbolo della città dove Fulvio vive, mi ha subito colpito per la somiglianza con "Die Erwartung" (L'attesa), il quadro similmente ambiguo dipinto da Richard Oelze nel 1936.
Anni fa, in "La bacheca del Diavolo
digitale", una scheda allegata al saggio sulla rappresentazione del
sesso femminile, per la quale Ando Gilardi mi aveva regalato una forse
anche troppo entusiasta introduzione, partendo dall'analisi di quelle
che in fondo sono le poche pose, più o meno "oscene", che il fotografo
può chiedere alla sua modella di assumere, mi era venuto da riflettere
su quale sia, di fatto, il "libero arbitrio" a disposizione di chi
prende l'immagine. In breve: la scelta del soggetto, quella
dell'inquadratura, dove la libertà, pur con dei limiti, è piuttosto
grande; la scelta dell'intensità e della qualità della luce, intimamente
legata alla profondità di campo, un "concetto" del tutto estraneo ai
giovani "fotografi" col telefonino ma di sicuro uno degli "strumenti"
più propriamente fotografici, che può anche limitare la libertà
espressiva. Tutte queste risorse, a disposizione del "libero arbitrio"
del fotografo, si ritrovano, usate sapientemente, nelle fotografie di
Fulvio Bortolozzo: sono la cifra della sua abilità nel "fare fotografie"
che ne rendono riconoscibile la paternità, insieme a un'altra qualità
che un fotografo, degno di questo nome, dovrebbe sempre avere: l'onestà
dello sguardo che generosamente e democraticamente si mette a
disposizione di chi guarderà l'immagine. Perché, sempre in tema di
"libero arbitrio", la scelta più importante che si offre a chi ha deciso
di scrivere con la luce, vale a dire l'inchiostro scelto dal Dio
ebraico quale primo oggetto della sua creazione, è di servirsene per
aiutare sé stessi e gli altri a vedere.
Nello Rossi
.
Il libero arbitrio nel mirino.
(Cartoline a Ponzone)
Quello che colpisce subito, guardando le belle immagini di Fulvio Bortolozzo, è l'omogeneità dello sguardo di chi le ha prelevate, che è come dire che si riconosce lo stile: cosa non comune, quando l'immagine è prelevata da un apparecchio fotografico.
Come ho scritto commentando "Appunti per gli occhi (2009-2011)", l'album di immagini che Fulvio Bortolozzo ci ha permesso di sfogliare il 16 dicembre 2013 in Whe Do the Rest, io lo conoscevo quasi esclusivamente per i suoi suggestivi "notturni", di cui due nuovi, visti nella raccolta di immagini, mi hanno attratto particolarmente, richiamando alla memoria, come spesso mi accade, altre immagini manuali egualmente suggestive. L'immagine notturna di una via di Torino si è subito legata ai tanti apparentemente algidi notturni di Paul Delvaux, mentre il gruppo di persone su una collina con alle spalle Torino, suggerita da quella che avrebbe dovuto essere la più grande sinagoga italiana ed è invece diventata il simbolo della città dove Fulvio vive, mi ha subito colpito per la somiglianza con "Die Erwartung" (L'attesa), il quadro similmente ambiguo dipinto da Richard Oelze nel 1936.

Nello Rossi
.