Testi » Riflessioni » Scheda Articolo

Come un cavallo selvaggio.
Autore: Fulvio Bortolozzo
- Pubblicato il 31/01/14 - Categoria
Riflessioni
Come un cavallo selvaggio, il fotografico resiste con tutte le sue forze
ad ogni tentativo di renderlo un docile strumento di trasporto, lavoro e
divertimento. Come capita però alla maggior parte dei cavalli selvaggi,
le briglie finiscono prima o poi per porre termine alla sua libertà
nativa. I domatori, e ne nascono di nuovi ogni giorno, hanno tecniche
via via più sofisticate, ché il puledro è sempre pronto a tornare alle
sue praterie. La più antica, e ancora una delle più efficaci, è la
parola. Mettete delle parole accanto ad una fotografia e l'avrete
costretta ad andare nella direzione voluta. Se non bastasse, le parole
potete anche mettercele sopra, come ben sanno i comunicatori
pubblicitari. Altra briglia particolarmente efficace è la grafica.
Inserite la fotografia in un impaginato predisposto con cura, o anche
sovrapponete segni, colori e forme al fotografico. Ecco che una
fotografia senza particolare senso, e magari nemmeno di grande qualità
estetica, diventa qualcosa d'altro e si avvierà ciondolando dove la
vorrete condurre. Non bastasse, nell'epoca della multimedialità
interconnessa e sociale, ci pensa la musica a riempire il fotografico di
stati d'animo. Prendete delle fotografie, anche le più banali e
scialbe, e montatele in uno slide-show con un bel sottofondo epico. Come
cambiano, come tutte sembrano trovare un senso trionfale che mai
avrebbero avuto nel silenzio dell'osservazione di ciascuna di esse.
Infine, ma non per ultimo, sovrapponete ad una fotografia le stigmate di
una nostalgia farlocca usando magari dei filtrini automatici: finto
polaroid, finto seppiato ottocentesco, finto pellicola recuperata dalle
grinfie di un gatto, ecc. Come cambiano le fotografie, come diventano
piene d'espressione e sentimento. Come vi appartengono. Sì, perché lo
scopo finale di tutto questo lavorio incessante è quello di far
diventare propria un'immagine che non è tale. Una traccia nata
liberamente dalla luce che attraversa un foro o un sistema di lenti e
diventa durevole nella sala parto chimica o elettronica in cui viene
accolta. Sala che lascia fuori ad aspettare il padre, foss'anche di
genere femminile, in attesa del lieto evento. Sarà venuta? No? Una volta
il parto durava dall'esposizione alla provinatura, oggi dura appena il
tempo di veder apparire il neonato sul lato B di una fotocamera, ma
nulla cambia. Il mio augurio è che possano ancora sopravvivere dei
puledrini liberi e senza briglie, nella rinuncia dei troppi domatori a
dar loro per forza un nome e un compito estraneo.
.
.