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Autore: Fulvio Bortolozzo
- Pubblicato il 12/02/14 - Categoria Riflessioni
Dice: "In ogni fotografia c'è un racconto". Ah, bè. Ma come si
legge? Inizio a leggere dall'alto a sinistra o da dove? Ah, sì la Regola
dei Terzi, la Gestalt, la sezione Aurea, la Semiologia in tre lezioni
semplici semplici ecc. ecc. Già, "leggere" si intende in senso lato...
Bene e cosa c'è scritto di grazia? Ma tutto quello che vuole il lettore
perbacco! Non siete mai andati a farvi "leggere le carte" ai banchetti
dei Festival? Vai da Tizio e ti dice che problemi psichici hai, vai da
Caio e scova una tua poetica tardoromantica che non sospettavi di avere,
vai da Sempronio e proprio manco riesce a guardarle le tue stampe
fotografiche tanto gli fanno orrore. Ohibò, se una fotografia contiene
un racconto dev'essere ben arzigogolato. Ma no, è che non sei abbastanza
bravo a "scrivere", si leggono troppe robe che hai lasciato lì senza
accorgertene e che non c'entrano nulla con quello che "volevi dire". Ma
volevi dire qualcosa vero? No. Come no? No. Non volevo dire, ma solo
mostrare. Mostrare cosa? Mostrare una traccia il più simile possibile a
quello che ho visto di persona e che mi ha spinto a fotografarlo. Ho
provato col disegno, ma ci va tempo, pure della capacità per il vero, e
poi viene fuori quello che già so di pensare. La fotografia è meglio
perché la fa una macchina. Pensa essa a tutto, il mio tenero "Giotto
automatico"... io devo solo decidere se quello che fa mi va bene o lo
voglio un pochino diverso. Che comodità! Ora posso mostrare a tutti
quello che ho visto. Sì, ma come lo spiego? Cosa c'è da spiegare? Da
leggere? Da capire? Niente, assolutamente niente. C'è solo da guardare
di nuovo quello che qualcuno ha guardato di persona, per mezzo di
un'immagine automatica. Un'esperienza di secondo livello potrei dire. E
che vantaggio c'è? Cosa se ne ricava? Ognuno ciò che vuole. Fare una
fotografia può essere diverso dal fare un'immagine. Un'esperienza
analitica la prima, sintetica la seconda. Una fotografia è senza parole,
altro che mille, nemmeno una. Proprio lì, in quel suo mutismo ostinato
sta la sua necessità in un'epoca invasa da immagini sintetiche, ormai
ottenute quasi tutte con sistemi fotografici peraltro, che per forza ti
vogliono dire qualcosa, affermare idee, pensieri, parole, parole,
parole. Non un vuoto, non un silenzio. Gasp! Mi sento soffocare. Aiuto!
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