Testi » Mostre » Scheda Articolo

Un orologio, un
paio di occhiali, un pettine. Tutti oggetti identitari ritrovati nelle fosse comuni
che riconducono a vite spezzate, rimaste senza un nome e una degna
sepoltura. Matteo Bastianelli attraverso luoghi, persone e oggetti ha tracciato la
triste realtà delle identità perse
negli anni del conflitto serbo-bosniaco. Un passato ancora tangibile nel presente che il
tempo e la memoria non ha cancellato.
Teatro agli inizi degli anni Novanta di un conflitto
interetnico e interreligioso tra musulmani, ortodossi e cattolici, la Bosnia a
quindici anni dalla fine del conflitto è un Paese in cui le ferite sono rimaste
aperte. Il costo in vite umane, nell’ex Jugoslavia tuttora non è definito: mancano all’appello 30.000 esseri
umani, scomparsi nella furia omicida. Grazie al lavoro dell’International Commission on
Missing Persons (ICMP) di Sarajevo, su tutto il territorio della Bosnia
Erzegovina ancora oggi vengono ritrovati oggetti e corpi a cui spesso è difficile
restituire un nome e un’identità. Matteo Bastianelli attraverso le città di Cerska, Srebrenica, Tuzla, Mostar e Sarajevo ha
ricostruito questa storia dell’orrore. Il suo lavoro ha dato vita a The
Bosnian Identity (L’identità della Bosnia), una selezione di fotografie
tratte dal lungo reportage realizzato a più riprese tra Bosnia e Repubblica
Srpska. L’anteprima di una parte del lavoro verrà presentata il 16 gennaio a Officine Fotografiche (in mostra fino al 3 febbraio). Una mostra che vedrà come ultima tappa
naturale, proprio Sarajevo. Coniugando l’esperienza umana a quella professionale,
Matteo Bastianelli è riuscito a entrare con discrezione nel profondo di una
realtà mai scontata e superficiale. «Questo lavoro – spiega l’autore - è nato
grazie al volontariato. Il primo viaggio mi ha segnato profondamente. Raccogliendo
le storie e i ricordi di più di settanta famiglie, conosciute attraverso un
progetto di adozione a distanza dall’Italia, promosso dalla Fondazione Onlus “Il Giardino delle Rose Blu”, un’associazione
che alterna campi e progetti di volontariato in alcune aree dei Balcani». The Bosnian Identity nasce come
contributo di commemorazione
nei confronti delle vittime scomparse e come omaggio all’affettuosa accoglienza
della popolazione bosniaca. Al bianco e
nero delle immagini, si alternano ombre che ricalcano luoghi, persone e avvenimenti, spesso inquietanti fino
all’angoscia. Il giovane fotoreporter da questa esperienza
bella e sconvolgente allo stesso tempo, non ha solo ricostruito la triste
realtà delle identità perse. Le sue immagini
rievocano un passato ancora tangibile nel presente che il tempo e la
memoria non hanno cancellato. Luci e ombre fotografiche non schiariscono il
racconto drammatico di un popolo che ha vissuto la crudeltà di una guerra senza
senso, ma quanto meno ricostruiscono frammenti di vita, di luoghi e persone le
cui sorti sono ancora oggi, avvolte dal mistero.
La mostra è organizzata da Officine Fotografiche in collaborazione con Marta Dahò curatrice progetti espositivi.
E' stata prodotta con il contributo di Interno Grigio di Daniele Coralli e con la collaborazione della Fondazione Internazionale Onlus “Il giardino delle rose blu”.
Matteo
Bastianelli, nato nel 1985 a Velletri (Roma), è fotografo freelance e giornalista. Dopo
la maturità scientifica ha frequentato la Scuola Romana di Fotografia.
Attualmente sta realizzando diversi progetti a lungo termine sulla condizione
di vita dei senzatetto, sui centri sociali della Capitale, sul sistema
sanitario in Croazia e sul genocidio operato dai serbi nei confronti dei
musulmano- bosniaci tra Cerska, Srebrenica, Tuzla, Mostar e Sarajevo. Le sue
immagini sono state pubblicate su alcuni dei maggiori quotidiani nazionali, tra
cui Il Messaggero, Il Corriere della Sera e Liberazione.