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Testi » Riflessioni » Scheda Articolo

Che cos'è una bella foto
Autore: Fulvio Lo Cicero - Pubblicato il 15/05/10 - Categoria Riflessioni
Gradimento: Molto Interessante
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Nonostante esista oramai da più di 150 anni, per molti versi la fotografia è ancora un oggetto misterioso. Benedetto Croce la considerava poco più di un gioco, dove l’aspetto tecnico è prevalente – come nel cinema, secondo la sua visione – e dunque inadatta ad essere rappresentata da una teorica generale. Il fatto è che, data la sua popolarità (miliardi di persone ogni giorno scattano una foto) la fotografia rischia effettivamente di essere ridotta ad una semplice tecnica riproduttiva e non sempre risulta in grado di captare l’attenzione, di essere osservata con interesse analitico. Perché? Uno dei problemi che si possono discutere è quello del definire una “bella foto”. Che cos’è una bella foto? Sembra una domanda molto facile ma, in realtà, non lo è affatto. Molto semplicisticamente, si potrebbe pensare che una “bella foto” sia un’immagine con personaggi gradevoli o paesaggi stupendi (sole al tramonto, mare colore azzurro, foresta lussureggiante, ecc.), una buona inquadratura e un’altrettanto buona esposizione. Poi, ci si accorge che foto di questo tipo le abbiamo sempre ammirate guardando le cartoline esposte dal tabaccaio. Non solo, ma sfogliando distrattamente una rivista, scopriamo una foto che ci colpisce tantissimo: è sfocata e soffre di micro mosso, l’inquadratura è colta al volo eppure dall’insieme comprendiamo benissimo che l’immagine ci fornisce una notizia essenziale: ritrae gli effetti di un attentato in Iraq e il fotoreporter l’ha colta mentre scappava in quanto si era diffusa la voce che ci fosse un’altra auto-bomba. A questo punto davvero non siamo più in grado di dire che cos’è una bella foto. In molte riviste di fotografia per amatori, direttori e collaboratori si sforzano di ribadire alcune regole che andrebbero applicate per fare una “bella foto”. Una di queste sarebbe quella per cui in una fotografia non ci devono mai essere molti centri di attenzione; lo sguardo di chi osserva la foto deve essere subito attratto da non più di un personaggio o elemento. Ed allora, se così non è, la foto è considerata “brutta” o “poco interessante”. Ma è davvero così? Nel ritratto, come deve porsi il personaggio perché il tutto componga una “bella foto”? E la luce? Deve essere radente, come nei dipinti di Edward Hopper, o diffusa, assomigliare a quella caravaggesca o far prevalere le ombre? E poi: è sicuro che una foto sottoesposta, dove cioè prevalgono le zone scure, sia da buttare, come quasi sempre asseriscono le famose riviste per fotoamatori? In realtà, “regole” di questo tipo non possono considerarsi “canoni”, tantomeno estetici, a meno che non si voglia, nel giudicare una fotografia, applicare esclusivamente la didattica della grammatica e della sintassi, come a scuola (il che, sia chiaro, non è inutile). Il problema principale, secondo noi, di una foto è se essa sia frutto di un pensiero, di una riflessione e se il fotografo sia stato in grado di esprimerlo. Certo, non tutti i pensieri risultano interessanti, quindi il risultato in termini estetici di un’immagine dovrebbe essere legato anche all’originalità e importanza del pensiero formulato. Ma il primo passo è questo. In altri termini, non è l’atto in sé del fotografare a connotare una immagine ma è l’attività cognitiva che essa racchiude a determinare l’interesse di un’immagine. Quest’ultima può ben essere espressa anche da una foto sfocata o sovraesposta, a condizione che il significato di un pensiero originale sia percepibile. Soltanto lo sfogliare distratto di un album di immagini può far ritenere che gli esclusivi "canoni" estetici per la qualità di una fotografia siano una buona esposizione, un'avvincente inquadratura ed luce giusta. Lo sguardo distratto si attaglierà perfettamente al lavoro di un fotografo altrettanto distratto.
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