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di Claudia Rocchini
“I fotografi non possono scegliere le proprie fotografie. E’ una sofferenza, ma è normale e comprensibile che sia così: è come chiedere loro di tagliare il proprio cordone ombelicale”. Una frase buttata lì quasi per caso, pronunciata con pacata e inevitabile consapevolezza, e che colpisce nel punto più debole perché sai essere vera. In aggiunta, se a dirla è uno dei photo editor più conosciuti nel panorama fotogiornalistico italiano, non c’è davvero possibilità di replica.
Chiara Corio, photo editor del settimanale “A” (RCS), è curatrice di mostre fotografiche, insegna fotogiornalismo ed è anche docente di Obiettivo Reporter. La incontro per un aperitivo/intervista a tutto campo sulla sua professione, sul ruolo strategico del photo editor in una testata giornalistica, e sull’importanza del giornalismo all’interno della fotografia: “I giornali sono fatti di notizie, anche foto-notizie, e vengono fatti dai giornalisti. Questo è un aspetto che gli aspiranti reporter faticano a capire. Anche il fotografo di moda, per esempio, deve conoscere le tendenze, avere una curiosità e un’intelligenza che vanno di pari passo con quelle del giornalista, altrimenti al più mi proporrà una bella foto, tecnicamente corretta, ma senza notizia. E dunque non pubblicabile”.
Fotogiornalismo, cosa si intende?
“Anche chi scatta è un giornalista. Il fotografo di reportage, e non solo, svolge l’identico mestiere di un giornalista, scrivendo con la luce. Si assume la responsabilità di raccontare e documentare attraverso le immagini, dopo essersi informato su un determinato fatto. Ciò vale per moltissimi generi fotografici: dal viaggio, al sociale, alla cronaca, all’attualità, il ritratto… E’ un modo di essere, di osservare la realtà e poi di ritrasmetterla, si deve avere la curiosità di scoprire il chi, come, dove, quando, perché. Poi li puoi gestire fotograficamente come ti pare, ma se mancano, non c’è servizio”.
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