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ANDRE' KERTESZ: una vita per la fotografia
Autore: Maria Fina Ingaliso
- Pubblicato il 17/06/08 - Categoria
Cultura Fotografica
Una macchina fotografica a lastre "ICA"
4,5x6, le strade di Budapest, l'esercito Austro-Ungarico fanno da scenario
alla formazione fotografica di Andrè Kertesz ( 1894-1985), la cui passione
per la fotografia, sbocciata a diciotto anni, ne segnerà tutta la vita.
"Il racconto circostanziato della realtà" a Budapest, il racconto della
quotidianità dei soldati sotto l'esercito, sono le immagini che Kertesz
nel suo percorso ci indica come intermezzo alla sua crescita creativa;
intermezzo come lo saranno poi le Distorsioni del 1933, create in seguito
all'influenza delle avanguardie storiche e dei lori schemi artistici ribaltati.
Ma, Kertesz rimarrà sempre un oppositore del pittorialismo fotografico
e della valorizzazione della sola tecnica. La transitorietà della
vita quotidiana; il cogliere lo sfuggire dell'attimo; il gioco della luce
e delle ombre, il loro rincorrersi, saranno i suoi elementi privilegiati
che sfoceranno, nella maturità fotografica, nella "quotidianità
svelata".
E' a Parigi, che in Kertesz irrompe lo spirito artistico, non tanto nelle tecniche, quanto nel modo di vedere: il suo è puro realismo (la realtà è fonte inesauribile d'immagini) trasmutato in poetica di vita col solo punto di vista fotografico; con lui il piano dell'immagine diventa "trampolino visivo" (sono gli anni nei quali la Leica fa il suo ingresso sul mercato e Kertesz entusiasta la definirà fatta apposta per il suo occhio).
Parigi gli concede la sua prima mostra fotografica al Sacre du Printemps Gallery nel 1927; l'incontro con Robert Capa, Brassai ed Henri Cartier Bresson, dei quali sarà maestro di fotografia; l'appellativo di " uno dei massimi ed emblematici protagonisti negli anni di nascita del fotogiornalismo" (I. Zannier), grazie alla sua collaborazione con giornali come " Frankfurter Illustrierte", "Berliner Illustriate"e "VU";
numerose proposte lavorative fra le quali quella dell'agenzia Keystone che porta Kertesz, insieme alla moglie, Elisabeth Saly, a New York.Il suo entusiasmo per questa nuova realtà è presto offuscato da controversie col suo datore di lavoro (definito da lui un truffatore - approfitta del nome di Kertesz per i suoi scopi commerciali) e col Museum of Modern Art, che acquista alcuni suoi primi lavori ma rincornicia una fotografia delle famose distorsioni " per coprire i peli pubici".

Tutto ciò lo demoralizza e gli fa tentare, vanamente dato il corso gli eventi bellici, il ritorno in Europa.
Si scuote dal suo torpore e ricomincia a fotografare, ma due editori gli rifiutano le immagini definendole troppo eloquenti ("le sue immagini parlano troppo").


Saranno poi le fotografie degli emarginati di Washington Square, un lavoro fotografico che sfocerà in seguito in un libro, che gli daranno l'incentivo ad andare avanti e solo nel 1964, con la mostra curata da Johnn Szarkowki al Museum of Art all'opera fotografica di Kertesz ne è ufficialmente riconosciuta l'importanza. Le sue immagini fanno il giro del mondo. Quando, finalmente, ritorna a Parigi e decide di rimanervi stabilmente, muore: è il 28 Settembre del 1985.
Maria Fina Ingaliso - Docente DAC - FIAF
E' a Parigi, che in Kertesz irrompe lo spirito artistico, non tanto nelle tecniche, quanto nel modo di vedere: il suo è puro realismo (la realtà è fonte inesauribile d'immagini) trasmutato in poetica di vita col solo punto di vista fotografico; con lui il piano dell'immagine diventa "trampolino visivo" (sono gli anni nei quali la Leica fa il suo ingresso sul mercato e Kertesz entusiasta la definirà fatta apposta per il suo occhio).
Parigi gli concede la sua prima mostra fotografica al Sacre du Printemps Gallery nel 1927; l'incontro con Robert Capa, Brassai ed Henri Cartier Bresson, dei quali sarà maestro di fotografia; l'appellativo di " uno dei massimi ed emblematici protagonisti negli anni di nascita del fotogiornalismo" (I. Zannier), grazie alla sua collaborazione con giornali come " Frankfurter Illustrierte", "Berliner Illustriate"e "VU";
numerose proposte lavorative fra le quali quella dell'agenzia Keystone che porta Kertesz, insieme alla moglie, Elisabeth Saly, a New York.Il suo entusiasmo per questa nuova realtà è presto offuscato da controversie col suo datore di lavoro (definito da lui un truffatore - approfitta del nome di Kertesz per i suoi scopi commerciali) e col Museum of Modern Art, che acquista alcuni suoi primi lavori ma rincornicia una fotografia delle famose distorsioni " per coprire i peli pubici".

Tutto ciò lo demoralizza e gli fa tentare, vanamente dato il corso gli eventi bellici, il ritorno in Europa.
Si scuote dal suo torpore e ricomincia a fotografare, ma due editori gli rifiutano le immagini definendole troppo eloquenti ("le sue immagini parlano troppo").


Saranno poi le fotografie degli emarginati di Washington Square, un lavoro fotografico che sfocerà in seguito in un libro, che gli daranno l'incentivo ad andare avanti e solo nel 1964, con la mostra curata da Johnn Szarkowki al Museum of Art all'opera fotografica di Kertesz ne è ufficialmente riconosciuta l'importanza. Le sue immagini fanno il giro del mondo. Quando, finalmente, ritorna a Parigi e decide di rimanervi stabilmente, muore: è il 28 Settembre del 1985.
Maria Fina Ingaliso - Docente DAC - FIAF
Bibliografia:
- A new History of Photography- Michel Frizot -
- La fotografia come simbolo del mondo - Alfredo De Paz
1 pagina: 1
Alcune riflessioni sorgono spontanee, inevitabili...: in questi tempi di diffusione di massa del mezzo fotografico, dell'uso e dell'abuso dell'immagine, non tanto e non solo a causa della riproducibilita' della foto, per dirla con W. Benjamin, quanto piuttosto a causa della possibilita' infinita di manipolazione dell'immagine, che significa essere fotografi? Che significa per un professionista emergere? Che significa creativita'? E poi, punto ancor piu' cruciale, quale importanza assume oggi, rispetto al "tempo della camera oscura", la fase iniziale della ripresa rispetto all'editing, l'abilita' del fotografo nella scelta del soggetto rispetto alla sua bravura, tecnica ma anche artistica, nel modificare l'opera?
Altri innumerevoli quesiti mi pongo, indulgendo alla riflessione...Il piu' divertente: Che farebbero gli Stieglitz, gli Avedon, I Kertesz, i Cartier Bresson se, vivendo oggi, avessero in tasca una compatta digitale e in laboratorio un computer veloce e dotato di Adobe Photoshop?! Sarebbero puristi come prima? Forse no...E' la storia che crea l'artista e non viceversa..Forse..Chissa'..