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Cronache e cronologia di guerre, inviata speciale: la fotografia
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Una delle attività assegnate alla fotografia
fu di essere considerata documento – prova. Un compito non sempre facile
se lo guardiamo con le conoscenze di oggi, è vero, la fotografia è analogica
ma a questa analogia contribuisce il fotografo, nel momento in cui dirige
l’obiettivo verso una realtà anziché verso un’altra. Uno dei primi esordi,
ufficiale, di questo compito documentario e di prova, che fa entrare la
fotografia in rapporto con la storia, si deve alla casa Reale britannica,
in seguito alla guerra di Crimea (1853-1856). GRAN BRETAGNA
“Incompetenza ed inefficienza militare” erano le frasi ricorrenti dei
corrispondenti di guerra britannici Chenery e Russell. Asserzioni che
fomentavano il malcontento popolare inglese, e che la casa reale, per
frenarlo e testimoniare la propria supremazia, pensò bene di servirsi
del mezzo fotografico, quale prova inconfutabile di quanto avveniva. Pertanto,
incoraggiò e finanziò una spedizione del giovane fotografo, nonché allievo
del pittore Delaroche, avvocato e fondatore della Royal Photographic Society,
Roger Fenton (1819-1869), facendo di lui il primo photographer ufficiale
della fotografia.
CRIMEA
Roger Fenton giunse in Crimea nel febbraio 1855, accompagnato da due assistenti
e, vista la voluminosità delle attrezzature fotografiche, da un carro
adibito a laboratorio. Gli aspetti di una guerra cruenta, che tutti si
aspettavano di vedere, si tramutarono, nelle ca.350 immagini che riportò
in patria (la valle dell’ombra della morte è la più nota fotografia),
in paesaggi e ritratti di ufficiali; di azioni belliche, di scene drammatiche,
nessuna traccia.
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Quando nel 1855 il colonnello francese Jean Charles Langlois
e James Robertson, recatisi in Crimea, fornirono alcune immagini di corpi esanimi che dimostravano
la veridicità dei corrispondenti di guerra, fu palese che le immagini di Fenton avevano mascherato la realtà documentaristica di questa
guerra a favore di una reale committenza.
INDIA - CINA
Felice Beato, veneziano naturalizzato inglese,
sulle orme delle guerre che divampavano in quel periodo, si spostò, insieme
a Robertson, verso l’India, con l’idea di documentare le rivolte in atto
(Indian Mutiny 1857-1859), ma non giunsero in tempo così si limitarono
a fotografare solo le tracce di distruzione lasciate da questa sommossa.
La “guerra dell’oppio”, in Cina, fu la successiva tappa di Felice Beato.
Qui, le situazioni terribilmente drammatiche ed angoscianti che vi trovò,
diedero merito alle sue abilità di “ vero fotoreporter”, fornì, infatti,
delle testimonianze visive (fotografie) di una sgradevole realtà. In seguito,
in Giappone scoprì l’uso dei pigmenti per colorare le fotografie, una
tecnica che, accomunata a quella occidentale, conquistò molti compratori
occidentali, ricordiamo le fotografie sui Samurai.
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GUERRA CIVILE AMERICANA
All’inizio (1861) fu seguita da due fotoreporters, solo di uno conosciamo
il nome Mathew B. Brady (1823-1896), successivamente furono centinaia
i fotoreporter che seguirono l’evolversi di questa guerra. Brady, con
26 collaboratori scattò migliaia di immagini, con l’intento di ricavarne
un utile economico, un progetto che si rivelò un fallimento e che lasciò
Brady nelle mani della povertà. A tal proposito scrive D’Autilia “ Le
fotografie di Brady mostrano per la prima volta la guerra totale, dove
la morte non solo si comincia a vedere, ma si mostra subito in dimensioni
industriali”. Alexander Gardner, suo ex collaboratore, nel 1866,
pubblicò due volumi di immagini di questa guerra, per la maggior parte
a firma di Timoty O’Sullivan (1840-1882), tra le quali spiccava il ritratto
del presidente Lincoln in visita alle truppe. Il caso volle in seguito
che fosse lo stesso Gardner a fotografare prima di morire Lewis Payne,
uno dei complottatori dell’assassinio al presidente Lincoln.
© Maria Fina Ingaliso Collaboratrice
DAC - FIAF
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Bibliografia:
- Piccola Storia della Fotografia - Diego Mormorio
- Breve Storia della fotografia –Jean-A Keim –Piccola Biblioteca Einaudi
- L’indizio e la prova – Gabriele d’Autilia – ed. La Nuova Italia T |
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