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Testi » Cultura Fotografica » Scheda Articolo

DADAISTA? SURREALISTA? - L’ inclassificabile MAN RAY
Autore: Maria Fina Ingaliso - Pubblicato il 17/06/08 - Categoria Cultura Fotografica
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Emmanuel Radnitzky, (1890 -1976) ovvero Man Ray, può essere considerato, per il periodo in cui quest’artista opera, l’anello di congiunzione fra il movimento Dada ed il Surrealismo, ma artisticamente, come scrive Emmanuelle De L’Ecotais, non si può inserire in una specifica categoria o in un particolare movimento, Man Ray rimane inclassificabile.La voglia espressiva sviluppata nei primi anni di gioventù, vissuti a New York, ( apprendista incisore, disegnatore, cartografo), si rivelò presto una necessità vitale tanto da indurlo alla frequentazione di ambienti artistici sempre più all’avanguardia. La conoscenza di Alfred Stieglitz e la frequentazione alla galleria 291 gli fecero conoscere la libertà espressiva, l’elusione dalle tecniche accademiche e lo indussero ad inoltrarsi in quello che fu poi il suo terreno più fertile: la sperimentazione (“cominciai a sperimentare attraverso carte colorate i colori dello spettro, obbedendo ad una certa logica nel sovrapporre i colori primari e secondari”)









Man Ray

Il 1914 è l’anno dei grandi cambiamenti: si sposò con Adon Lacroix, poetessa belga che lo introdusse concettualmente al mondo della letteratura francese e materialmente ad altri artisti sulla cresta dell’onda; cambiò il suo impronunciabile nome in Man Ray; concepì, dopo la conoscenza con Marcel Duchamp, che “ sedersi davanti ad un oggetto per carpirne la forma è un ostacolo al lavoro creativo” decise, quindi, di liberarsi delle convenzioni artistiche.



Rayographs









Questa conoscenza con Duchamp, rafforzò il suo modo di vivere l’arte tanto da fondare, con lo stesso Duchamp e Katerine Dreier, pittrice-scrittrice, la Società Anonima di avanguardia internazionale e di seguire questi artisti in Francia, dove il Surrealismo cominciava a mettere radici.Le opere di Man Ray furono sempre elaborate come momenti espressivi che richiedevano sia la spazialità artistica che nel materiale d’uso.
Limitandoci alla fotografia, (1915- la prima macchina fotografica), possiamo dire che all’inizio furono i Cliché Verre, nel 1917, ad entusiasmare Man Ray ( un vetro annerito sul quale veniva eseguito un disegno ed esposto su carta fotografica) a seguire poi, a Parigi, i famosi Rayographs, l’appoggio diretto degli oggetti sulla carta sensibilizzata.


Per la prima volta la fotografia usciva fuori dallo schema fisso della macchina fotografica.
In Europa venne a contatto con André Breton, figura dominante del movimento surrealista, un movimento che, tra l’altro, decantava ed adorava il corpo femminile in una sessualità idealizzata, Man Ray, pur dedicandosi dal 1923 a Parigi alla fotografia come professione, si distaccò da questa concezione di “sessualità idealizzata” e si servì del corpo come” veicolo principale del suo progetto estetico, riutilizzando lo stesso corpo ogni volta questi aveva una rilevanza importante nella sua vita”.


Eseguì moltissimi ritratti, soprattutto ad Alice Print, nota col nome di Kiki di Montparnasse, sua amante e musa ispiratrice. Una delle sue opere più affascinanti è Le Violin D’Ingres, al torso di questa bella donna Man Ray sovrappose due chiavi di violino, fondendo due realtà in una unica e facendo diventare, quest’immagine, un’icona surrealista.
Il procedimento della solarizzazione arrivò invece dallo stretto contatto con Lee Miller, modella di Steichen, di Horst e di molti altri fotografi nonché assistente di Man Ray, dai quali apprese il mestiere di fotografa. Lo scoppio della Seconda Guerra mondiale lo costrinse a ritornare in America e a Hollywood dove si stabilì e ricominciò ad interessarsi di pittura.









Le Violin D’Ingres

Solo nel 1951 poté fare ritorno in Francia dove abbandonò la fotografia per la pittura e dove visse sino al 1976, anno della sua morte.

© Maria Fina Ingaliso Docente DAC -FIAF


Bibliografia :

Man Ray – Autoritratto – Saggi e Documenti del Novecento
La fotografia come simbolo del mondo – Alfredo De Paz - Editrice Clueb

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