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Douglas Beasley - Ambiguous Relationships: Sacred body/Sacred ground
Autore: VisionQuesT 4rosso contemporary photography
- Pubblicato il 02/04/14 - Categoria Cultura Fotografica
Curatore: Clelia Belgrado
Presentazione giovedì 10 aprile dalle ore 18.30 alle 20.30 Periodo: il progetto sarà visibile fino al 7 giugno, 2014
Orario: dal mercoledì al sabato ore 15.30 - 19.30 e su appuntamento (tel. +39 3356195394)
Sito web: www.visionquest.it Informazioni e-mail: info@visionquest.it
Sacro corpo / sacro suolo.
Sempre, prima di iniziare a scrivere un testo per un artista, voglio incontrarlo e parlare a lungo con lui del suo lavoro: solitamente ho domande che nascono dall’osservazione delle opere e so con certezza che nessuno mi potrà dire più di quanto l’artista stesso mi dica. Anche se l’opera d’arte, quando è tale, parla di se e del suo autore, la voce che l’accompagna mi aiuta ad approfondire la lettura, mi da conferme o smentite (talora necessarie), in ogni caso arricchisce la mia conoscenza.
Ma oggi Douglas Beasley è lontano. L’ho conosciuto e ho parlato brevemente con lui durante la sua prima mostra alla VisionQuest Gallery, ma non ho avuto la possibilità di approfondire con lui il tema del suo nudo in fotografia, tema che resta per me del tutto nuovo. Quando Clelia Belgrado mi ha fatto la gradita richiesta di uno scritto per la sua prossima presentazione, ho letto ciò che altri hanno già pubblicato su di lui e mi sono soffermata soprattutto sulle sue dichiarazioni. Cercando di immaginare che fosse proprio la sua voce ad accompagnarmi, ho iniziato a indagare le sue fotografie. Beasley parla della necessità di un’intensa connessione e sintonia con se stesso e quindi con il soggetto, di osservazione profonda, di lentezza nel farsi del processo creativo, di ricerca spirituale che esclude qualsiasi forma di intellettualismo.
Per lui la fotografia è un messaggio e non soltanto un mezzo, un messaggio per comunicare “…la compassione assoluta che è l’espressione più totale dell’amore”. Guardando ora i corpi nudi, quasi esclusivamente femminili, che emergono purissimi, si fondono ma non scompaiono nel paesaggio altrettanto puro che li ospita, lo esaltano e ne vengono esaltati, penso alla rappresentazione del nudo in arte. Essa inizia con l’arte stessa, all’alba dell’uomo, dai grafiti rupestri fino appunto alla fotografia, al cinema, all’immagine digitale, non si interrompe mai. Gli esempi che mi vengono alla mente sono assolutamente infiniti e qualsiasi citazione sarebbe assurda e arbitraria. Ma, fingendo di partecipare al gioco “… quale opera di nudo porteresti con te su un’isola deserta?”, scelgo senza pentimenti “Amor sacro e profano” di Tiziano perché “… nella visione neoplatonica la contemplazione della bellezza del creato era finalizzata a percepire la perfezione divina dell'ordine del cosmo…”.
Ecco, penso che questo stesso intento sia assolutamente evidente nel lavoro di Beasley, e ne ho conferma da questa sua dichiarazione: “Amo pensare le mie fotografie come metafore visuali. Fotografo per scoprire il mio sentimento in relazione al soggetto, sentimento che esprimo poi attraverso la stampa dell’immagine. Spero che le mie immagini si offrano allo spettatore come poemi visuali o come preghiere, e siano accolti come una spinta verso il punto di vista personale di colui che guarda o come invito ad un viaggio spirituale.”
Caterina Gualco
Scheda Tecnica Stampe a getto d’inchiostro su Epson Archival Premjum paper cm 50x50, cm 50x64, cm 50x100, cm 50x135, cm 50x150, cm 20x120 edizioni di 10 esemplari
Presentazione giovedì 10 aprile dalle ore 18.30 alle 20.30 Periodo: il progetto sarà visibile fino al 7 giugno, 2014
Orario: dal mercoledì al sabato ore 15.30 - 19.30 e su appuntamento (tel. +39 3356195394)
Sito web: www.visionquest.it Informazioni e-mail: info@visionquest.it
Sacro corpo / sacro suolo.
Sempre, prima di iniziare a scrivere un testo per un artista, voglio incontrarlo e parlare a lungo con lui del suo lavoro: solitamente ho domande che nascono dall’osservazione delle opere e so con certezza che nessuno mi potrà dire più di quanto l’artista stesso mi dica. Anche se l’opera d’arte, quando è tale, parla di se e del suo autore, la voce che l’accompagna mi aiuta ad approfondire la lettura, mi da conferme o smentite (talora necessarie), in ogni caso arricchisce la mia conoscenza.
Ma oggi Douglas Beasley è lontano. L’ho conosciuto e ho parlato brevemente con lui durante la sua prima mostra alla VisionQuest Gallery, ma non ho avuto la possibilità di approfondire con lui il tema del suo nudo in fotografia, tema che resta per me del tutto nuovo. Quando Clelia Belgrado mi ha fatto la gradita richiesta di uno scritto per la sua prossima presentazione, ho letto ciò che altri hanno già pubblicato su di lui e mi sono soffermata soprattutto sulle sue dichiarazioni. Cercando di immaginare che fosse proprio la sua voce ad accompagnarmi, ho iniziato a indagare le sue fotografie. Beasley parla della necessità di un’intensa connessione e sintonia con se stesso e quindi con il soggetto, di osservazione profonda, di lentezza nel farsi del processo creativo, di ricerca spirituale che esclude qualsiasi forma di intellettualismo.
Per lui la fotografia è un messaggio e non soltanto un mezzo, un messaggio per comunicare “…la compassione assoluta che è l’espressione più totale dell’amore”. Guardando ora i corpi nudi, quasi esclusivamente femminili, che emergono purissimi, si fondono ma non scompaiono nel paesaggio altrettanto puro che li ospita, lo esaltano e ne vengono esaltati, penso alla rappresentazione del nudo in arte. Essa inizia con l’arte stessa, all’alba dell’uomo, dai grafiti rupestri fino appunto alla fotografia, al cinema, all’immagine digitale, non si interrompe mai. Gli esempi che mi vengono alla mente sono assolutamente infiniti e qualsiasi citazione sarebbe assurda e arbitraria. Ma, fingendo di partecipare al gioco “… quale opera di nudo porteresti con te su un’isola deserta?”, scelgo senza pentimenti “Amor sacro e profano” di Tiziano perché “… nella visione neoplatonica la contemplazione della bellezza del creato era finalizzata a percepire la perfezione divina dell'ordine del cosmo…”.
Ecco, penso che questo stesso intento sia assolutamente evidente nel lavoro di Beasley, e ne ho conferma da questa sua dichiarazione: “Amo pensare le mie fotografie come metafore visuali. Fotografo per scoprire il mio sentimento in relazione al soggetto, sentimento che esprimo poi attraverso la stampa dell’immagine. Spero che le mie immagini si offrano allo spettatore come poemi visuali o come preghiere, e siano accolti come una spinta verso il punto di vista personale di colui che guarda o come invito ad un viaggio spirituale.”
Caterina Gualco
Scheda Tecnica Stampe a getto d’inchiostro su Epson Archival Premjum paper cm 50x50, cm 50x64, cm 50x100, cm 50x135, cm 50x150, cm 20x120 edizioni di 10 esemplari