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Ho iniziato a fotografare “seriamente” circa sette/otto anni fa con una reflex analogica completamente meccanica, portandola con me quando in viaggio e nelle attività che ho intrapreso, forse attirato dal fascino del bianco e nero da una parte e forse dal mio iniziale rifiuto verso la sbornia digitale del nuovo millennio. Da qui ho iniziato a conoscere gradualmente i grandi fotografi del passato e del presente, artisti e non, stranieri e non, oltre alla miriade di fotografi semisconosciuti che ho scoperto in community online come Flickr. Anni fa, ho seguito un corso con Robert Marnika, che visse la guerra in Croazia e tuttora è fotogiornalista, ma per il resto mi definisco un autodidatta.
Certamente sì, e credo che con i suoi pro e contro sia stato proprio quello che cercavo, ovvero fuggire da quell'idea un po' romantica e naif che ci fa sentire tutti un po' artisti a tempo perso e capire se era possibile intraprendere un percorso formativo per farne un lavoro vero e proprio. Le ragioni principali per cui ho scelto il corso si riassumono nel fatto che ti dava l'opportunità di conoscere il mondo editoriale interagendo con chi ne fa già parte e la possibilità di fare uno stage, insomma non l'avrei fatto se non avesse avuto un'esplicita funzione formativa. Nella realtà poi tra cambi di programma vari e una disomogeneità quasi completa tra gli studenti molte volte ci si è anche arenati, ma nel complesso posso dirmi soddisfatto, gli ospiti erano di livello (dato che non capita tutti i giorni di parlare con direttori di testate giornalistiche) e i docenti hanno cercato di mantenerci sul pezzo anche nei momenti meno esaltanti. Penso che lo stage abbia in qualche modo completato il tutto.
Diciamo che ho affrontato il passaggio analogico/digitale subito prima dell'inizio del corso, quindi per me è stato come ricominciare da capo. Sono passato dallo sviluppo delle pellicole fai-da-te (senza abbandonarlo) alla post-produzione digitale in poche settimane, dunque insieme alle altre cose mi sono dovuto un po' reinventare anche come fotografo. A parte questo, la differenza fondamentale per me è stata certamente d'intenti: ovvero imparare a concepire la fotografia non solo come un esercizio estetico ma come mezzo per comunicare qualcosa nel modo migliore e più semplice possibile. Da qui ho imparato a portare a casa la foto, a produrre immagini pulite, a curare la presentazione e le didascalie, senza dimenticare tutti gli aspetti commerciali a me ignoti prima del corso e l'approfondimento del ritratto e del posato in genere che non avevo mai affrontato seriamente prima.
Non so se ho una risposta a questa domanda. Come lavoro è sicuramente più difficoltoso di quello che si immagina di solito, ma anche estremamente gratificante se inizia a girare bene. L'impatto col mondo dell'agenzia non è stato tutto rose e fiori, più volte sono inciampato nel mio percorso ma com'è giusto che sia per uno che inizia a intraprendere una qualsiasi attività professionale.
Sinceramente non ho visto fisicamente la foto pubblicata, l'ho vista solo sul Corriere! In ogni caso mi ha dato molta soddisfazione saperlo! In particolar modo per il fatto che il servizio che ho presentato era qualcosa che ho trovato e sviluppato, non la classica foto d'archivio a copertura di un evento, quindi per essere la mia prima volta (sperando non sia l'unica) la soddisfazione è stata doppia. In questo senso è bello sapere di essere riusciti a comunicare qualcosa, per quanto leggera o comunque di dimensione locale sia la notizia.
Principalmente di ordine tecnico. Il lavoro del fotografo d'agenzia è basato sulla rapidità e sulla qualità, cose che se non hai un'attrezzatura professionale e al tempo stesso non impari a viaggiare leggero (e sempre connesso, aggiungo) non riesci a bilanciare. Mi sono trovato in difficoltà in particolare per questioni puramente tecniche come le immagini inutilizzabili ad alti iso e la velocità di autofocus, oltre a non avere un laptop così “portatile” da permettermi di essere agile negli spostamenti e mandare in fretta le foto. Tutto il resto l'ho visto nel bene e nel male come un'applicazione pratica di tutto quello che è stato detto e fatto durante il corso.
Come professione, spero di sì. Al di là di averci investito tempo, soldi e formazione, che comunque sono importanti, è un mestiere che supera i miei numerosi limiti e mi permette di vivere e toccare con mano, e soprattutto di raccontare e interpretare, una realtà che spesso mi limito ad assistere passivamente tramite i media (tv, giornali, internet) pretendendo di averla compresa. Tuttavia se mi si apriranno altre strade non credo assolutamente che smetterò di scattare.
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