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Il Novecento si apre all’insegna di élan vital, energia vitale, evoluzionecreatrice; dell’intolleranza verso il simbolismo e dalla nascita delle prime avanguardie artistiche. Promotori di questo nuovo cambiamento sono rintracciabili nella “poetica bergsoniana dello stato d’animo” che 'implicava la convergenza framemoria e percezione', ed ai progressi tecnologici con le loro accelerazioni ritmiche di vita. Era il 20 Febbraio 1909quando Le Figaro pubblicò il Manifesto dei Futuristi del poeta Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), nel quale tral’altro erano esaltate l’amore per il pericolo, il coraggio, l’abitudine all’energia e 'noi affermiamo che lamagnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità….'; dichiarazioni forti edaudaci tanto da spingere la redazione a dissociarsene. Questo fu l’inizio di una lunga e nuova ricerca linguistica, sia in campo letterario, artistico e musicale che sfociò in altrettanti Manifesti. | ![]() |
L’arte pittorica, in particolare, assorbì pienamente questa nuova concezionedel vedere e la tradusse in “dinamismo”, come nel Dinamismo di un cane al guinzaglio di Giacomo Balla. Si formarono nuovi gruppi artistici futuristi, in particolare, il gruppo dei futuristi milanesi, con a capo Umberto Boccioni (1882-1916), difensore della “specificità del dinamismo pittorico, ” che si rivelarono ostili verso la fotografia, intesa come “rigor mortis” (arrestava il tempo, non penetrava l’intimità delle cose e non attraversava la simultaneità psico-fisica della percezione), ostilità soprattutto verso la nuova sperimentazione fotografica dei fratelli Bragaglia, uno dei quali era Anton Giulio (1890-1960), tanto da pubblicare sul giornale Lacerba un annuncio con il quale “noi Pittori futuristi dichiariamo che tutto ciò che si riferisce alla fotodinamica concerne esclusivamente delle innovazioni nel campo della fotografia". D’ altro avviso era Marinetti, più pacato nei confronti di Bragaglia, tanto da finanziarne le ricerche. | |
![]() | Le prime fotodinamiche furono ottenute con l’utilizzo di lampade che, conferendo al soggetto molta luminosità, ne isolavano le traiettorie del movimento nello spazio; successivamente la gestualità fu eseguita a scatti così da dare proprio il senso del movimento e non del mosso: era l’artefatto fotografico, l’opera d’arte. Le fotografie di Bragaglia, al contrario di quelle di Mujbridge e Marey, non volevano fermare il movimento ma rappresentarlo “in una dimensione di vitalismo assoluto”con tutte quelle “forme e linee” che il movimento stesso creava e che annullavano lo spazio visibile all’occhio umano; era la proiezione visiva pluridimensionale dell’Io e la sua coscienza. Certamente si potrebbero fare delle altre analogie con le fotografie fatte dagli spiritualisti (Spirith photograph o gost photograph usate per lo più nell’800) o con le cronofotografie (in uso verso il 1880 che riprendevano il soggetto in movimento con una serie di istantanee ad intervalli regolari per poi riunirle in stampa), ma alla luce dei nuovi sviluppi linguistici dell’arte, il fotodinamismo, |
in
altre parole la “fotografia trascendentale del movimento” di Anton
Giulio Bragaglia era certamente più “concettuale”delle precedenti
sperimentazioni fotografiche. Il fotodinamismo arricchì l’esiguità
visiva entro quale si stava muovendo la fotografia, ed è questa la
prima vera rivoluzione moderna fotografica, in seno alla quale nacque
la cartolina postale: l’immagine - comunicazione. |