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Questa foto l'ho scattata su un bus della Malpensa nel settembre 2005, circa un anno dopo aver iniziato la mia avventura digitale insieme a una minifotocamera Casio compatta, piccolissima, praticamente invisibile anche nella mia mano extra small, e comunque provvista di un discreto zoom.
Prima del luglio 2004 avevo sempre usato reflex analogiche (Yashica, Fujica ST-705, Olympus OM1 e OM2) a cui sono tutt'ora molto affezionata e con cui ho scattato foto splendide, ma che per loro intrinseca natura non erano in grado di soddisfare tutte le mie esigenze.
Perché in realtà ciò che ho sempre desiderato era un terzo occhio, un obiettivo fotografico che coincidesse anche fisicamente col mio sguardo.
Un mito irrealizzabile per quei tempi.
Poi, nel 2004, la rivoluzione.
Mischiarmi alla folla, o alla natura, era ciò che mi serviva; rendermi invisibile per ritrarre ciò che di eccezionale cova all'interno della più assoluta normalità.
Una topolina curiosa che coglie l'attimo e fugge. Poi nella sua tana riavvolge l'attimo, lo proietta, e ci riflette su.
Questo è ciò che faccio, dal 2004, e questa foto ne è una prova: non avrei mai potuto scattarla con una fotocamera reflex analogica, e neanche con una fotocamera digitale odierna, perché a causa delle loro dimensioni avrebbero attirato l'attenzione dei soggetti procurandomi nel peggiore dei casi qualche minaccia e/o insulto, e nel caso migliore un semplice e prudente voltafaccia, o una inopportuna posa stereotipata e narcisista.
Purtroppo le minifotocamere digitali sono ormai quasi scomparse dal mercato, e sembrano destinate a diventare oggetti di puro modernariato, forse perché in gran parte surrogate dall'uso compulsivo di cellulari e smartphone.
Per carità, la Reflex è la fotocamera per eccellenza, e anch'io uso lo smartphone in caso di emergenza... ma la minifotocamera digitale compatta con un buono zoom per me resta tutt'ora lo strumento più adatto per realizzare un comune reportage.