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Quello che Marco Urso ci
propone in questa mostra è – così almeno mi sembra – un Oriente a due facce. L’Oriente della Festa dei
colori a Mathura, città indiana con
tradizioni artistiche e culturali antichissime, e l’Oriente meno definito nei luoghi,
che potrei definire ‘incantato’. Cerco di chiarire la mia
lettura. L’incredibile coralità e
l’atmosfera della Festa dei colori sono qui descritte e restituite in modo
preciso nella scelta di momenti
significativi e nella volontà di evidenziare la straordinaria autenticità dell’evento. L’altro Oriente – quello del
Nepal, della città Blu o di Myanmar – introduce significati più simbolici, in
cui la tecnica fotografica dell’autore tende – a mio avviso – a privilegiare la
‘rappresentazione’ rispetto al ‘rappresentato’, secondo le modalità tipiche della
fotografia artistica. Infatti, attraverso la
ricerca di soggetti quasi sempre ‘accattivanti’, della debole illuminazione dei contesti in contrasto con quella che
sapientemente avvolge ed evidenzia i personaggi protagonisti, la scelta degli
opportuni rapporti dimensionali tra le persone e gli sfondi, Marco compie una
operazione che in definitiva pone i fatti rappresentati in un’aura speciale che ho indicato come ‘incantata’, cioè capace
di procurare una attenzione intensa di rara suggestività. Purtroppo, come la cronaca e
la storia ci raccontano, ‘A Oriente’ non tuttofunziona in questo modo; sono
però convinto che le situazioni cercate con tanta passione da Marco Urso
contribuiscano a restituirci, di persone e terre lontane, visioni di pace e serenità;
visioni – appunto – incantate.
Sergio Magni