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GALLERIA DE “LA CUBA D’ORO”
Diretta da: Nella Giambarresi
Via della Pelliccia, 10 – 00153 Roma – Tel. 0658320342 – Tel. & Fax 065897368
(con il patrocinio della Fondazione “Filiberto Menna” e dell’Ass. Culturale “Lavatoio Contumaciale”)
PRESENTA
Dal 19 al 28 maggio 2010 (dal martedì al sabato: h. 17 - 20 )
Mostra personale di Grazia Menna – “RITOrno”
Testo in catalogo di: Paolo Guzzi
Inaugurazione: mercoledì 19 maggio 2010 – ore 18
A seguire: kermesse poetica a cura di Tomaso Binga e Francesca Farina
Il trekking scientifico di Grazia Menna
(Estratto)
Non si tratta quasi mai di foto di gruppo, di paesaggi, oppure di ritratti frontali. Lo scatto è lungamente meditato da Grazia Menna, che non ama l’istantanea. I soggetti sono presi sovente di spalle o defilati, in primo piano c’è soltanto una mano, (figura 12) un dettaglio significativo, (figura 9) il particolare della smorfia di dolore del ragazzo che si sta sottoponendo alla scarificazione (figura 11) I soggetti vengono fissati mentre osservano una foto, o fotografano a loro volta, o assistono al film della scarificazione(figura 1): il racconto è affidato specialmente al dettaglio, (figura 7) che per la sua, a volte, raccapricciante realtà, parla, grida più che l’illustrazione del momento principale che giustificherebbe, in altro fotografo, un momento che chiamerei soltanto narrativo. Il disegno è tracciato sul corpo del ragazzo (l’avambraccio) con la terra,(figura 8) quindi le linee sono sostituite dai tagli della lametta. I tagli lasciano colare il sangue, che viene subito fatto cicatrizzare con la terra.(figura 12) In altra foto,(figura 13) la lametta raccoglie tutta la luce e costituisce il particolare crudo e impressionante dell’immagine, liscia e pericolosamente tagliente, contro la ruvidezza del braccio appena scarificato. La scarificazione è documentata a Tulgit nell’Etiopia del Sud-Ovest.
Il dettaglio è privilegiato, nelle foto di Grazia Menna e il momento descritto è specialmente quello che avviene prima e dopo il fatto principale. Una mano, un braccio, quindi che si accingono a compiere l’evento, che sono in attesa dell’evento (figura 10) non tanto l’evento stesso, sono l’interesse di chi sceglie il dettaglio da fissare nello scatto.
Si vedano inoltre i ritratti: quello dell’uomo di Korum, in cui il disegno corporale, i lobi delle orecchie forati, la rasatura dei capelli si coniugano con la presenza del mitra sulle sue spalle(figura 7) e il bellissimo ritratto in piedi e di traverso del ragazzo Surma a Tulgit (figura 3) preso dal basso in modo da farne risaltare l’alta statura. Oppure il ritratto della ragazza Surma, sempre a Tulgit, con il caratteristico piatto labiale (figura 2). La scena filmata del salasso della mucca è osservata da una viaggiatrice e da una ragazza Surma, in primo piano e viste da dietro, mentre la reale scena del salasso della mucca è trascurata.(figura 1) Del salasso è privilegiato il momento in cui il ragazzo beve il sangue (figura 17)
Il commento alla foto è indispensabile alla comprensione della foto stessa, proprio perché la foto non è ciò che è, ma è presa per un particolare che ha bisogno di essere completato dalla scrittura. Si tratta, in un certo senso, di una poesia visuale, in cui scrittura e iconìa si completano. Come in quella foto, presa, sempre a Tulgit, di una scarpa da tennis, (figura 5) di difficile individuazione, in cui è infilato il braccio di un bambino, ci dice la didascalia, che non la indossa, ma che preferisce giocare con essa. Se non ci fosse la didascalia non si capirebbe molto della foto che potrebbe sembrare “altro”, eppure libera in chi guarda l’interpretazione e la creatività. Foto che guardano chi guarda, dunque, in cui si entra liberamente con la propria fantasia, che lasciano comunque spazio a molte interpretazioni. Foto che a volte sembrano “sporcate”, volutamente confuse e poco comprensibili immediatamente.
... La ricerca dell’autentico è comunque una molla che spinge il viaggiatore appassionato, anche se l’autentico va restringendosi. Proviamo dunque un po’ di delusione alla notizia che le scene, le foto, le cerimonie sono in un certo senso “artificiali” e create apposta per essere fotografate, dietro esborso di denaro da parte dei viaggiatori. Il che non toglie nulla al valore intrinseco delle singolari foto di Grazia Menna ed al suo lavoro di ricerca.
Paolo Guzzi