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L'Attesa - Viaggi nella Ex-Cecoslovacchia
Autore: Fabrizio Borra
- Pubblicato il 09/06/10 - Categoria
Ricerca
Si dice spesso che i fotografi fotografano quasi esclusivamente le proprie vite, persino quando apparentemente mostrano la vita di altre persone.
Non credo di fare eccezione a tutto ciò, e dopotutto non sarei neppure in grado di riconoscere le situazioni che rivestono un valore simbolico se non avessi provato in prima persona le stesse emozioni cui le mie immagini provano a dare forma.
Mi sono sempre posto le stesse domande mentre camminavo per le strade della ex-Cecoslovacchia: “ Riuscirò a capire? “, “ Mi capiranno? “….
Non è comunque il luogo ad essere importante, lo è la metafora. Posso dire tranquillamente che so davvero poco di questi luoghi ma ho riconosciuto le persone. Sono le stesse ovunque, anche se qui parlano una lingua a me incomprensibile.
Le ho riconosciute dagli occhi, quegli stessi occhi che mi hanno guardato con curiosità, sospetto, odio, simpatia e persino, forse, con amore. Altre volte quegli occhi non hanno neppure registrato me o la mia vita. Per molti di loro, semplicemente, non sono mai esistito.
Queste immagini dunque non riguardano la Cecoslovacchia, potrebbero essere state riprese dappertutto o in nessun luogo, però tutte parlano il mio linguaggio e illustrano le nostre comuni emozioni.
La dimensione che può essere facilmente afferrata in queste fotografie è l’attesa di un evento, di un volto o di uno stato d’animo.E forse è proprio questa la vera ragione del viaggio: allontanarsi da un luogo che non ci sorprende più, per andare dove è nuovamente possibile essere assalito da tutta una serie di novità. L’attesa che tiene i tuoi sensi in allerta anche se poi nulla accade.
Queste immagini sono una sorta di diario visivo delle mie emozioni.
Non credo di fare eccezione a tutto ciò, e dopotutto non sarei neppure in grado di riconoscere le situazioni che rivestono un valore simbolico se non avessi provato in prima persona le stesse emozioni cui le mie immagini provano a dare forma.
Mi sono sempre posto le stesse domande mentre camminavo per le strade della ex-Cecoslovacchia: “ Riuscirò a capire? “, “ Mi capiranno? “….
Non è comunque il luogo ad essere importante, lo è la metafora. Posso dire tranquillamente che so davvero poco di questi luoghi ma ho riconosciuto le persone. Sono le stesse ovunque, anche se qui parlano una lingua a me incomprensibile.
Le ho riconosciute dagli occhi, quegli stessi occhi che mi hanno guardato con curiosità, sospetto, odio, simpatia e persino, forse, con amore. Altre volte quegli occhi non hanno neppure registrato me o la mia vita. Per molti di loro, semplicemente, non sono mai esistito.
Queste immagini dunque non riguardano la Cecoslovacchia, potrebbero essere state riprese dappertutto o in nessun luogo, però tutte parlano il mio linguaggio e illustrano le nostre comuni emozioni.
La dimensione che può essere facilmente afferrata in queste fotografie è l’attesa di un evento, di un volto o di uno stato d’animo.E forse è proprio questa la vera ragione del viaggio: allontanarsi da un luogo che non ci sorprende più, per andare dove è nuovamente possibile essere assalito da tutta una serie di novità. L’attesa che tiene i tuoi sensi in allerta anche se poi nulla accade.
Queste immagini sono una sorta di diario visivo delle mie emozioni.
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