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Sidrome Paranoide : B.A.?.
Autore: Luigi Montuoro
- Pubblicato il 29/06/12 - Categoria Reportage
Unica colpa essere nato con un cognome che per motivi di “stato” non poteva avere …
Benito Albino fin da piccolo aveva dovuto subire separazioni dai suoi familiari. Non poté mai conoscere direttamente il padre e fu strappato all’affetto materno in quanto la mamma era stata prima confinata e poi rinchiusa in un manicomio a Pergine. A soli dieci anni fu allontanato brutalmente dai nonni materni e dalla zia e inserito in un istituto. Anche la ragazza di cui si era innamorato quando aveva 18 anni, fu costretta, minacciata dal regime, ad abbandonarlo. Infine, il suo tutore, dietro ordini superiori, lo fece internare in manicomio.
Aveva 19 anni e risulta che si sia presentato volontariamente per farsi curare. In realtà non aveva il requisito fondamentale per farlo, visto che all’epoca la maggiore età si raggiungeva a 21 anni! La diagnosi fatta al manicomio di Mombello fu : “Sindrome Paranoide”.
Con il passare degli anni, vivendo in questa condizione angosciante, senza via d’uscita, finì lentamente nel baratro della disperazione e fu per lui sempre più difficile rimanere lucido. Fece un tentativo di evasione che durò pochissimo. Questa situazione lo fece cadere in un tunnel senza via di uscita, e a furia di imitare le gestualità del padre, probabilmente a un certo punto colse sul suo viso le stesse sembianze e cominciò a provocarsi profonde ferite sul volto.
Gli furono fatte delle cure molto pesanti ed ovviamente inutili. Morì per “marasma” termine che indica un deperimento fisico che porta allo stremo. Alla fine pesava la metà rispetto a quando era entrato. Fu seppellito nel cimitero comunale di Limbiate, in una fossa comune riservata ai malati del manicomio di Mombello nell’agosto del 1942 a soli 26 anni.
Benito Albino fin da piccolo aveva dovuto subire separazioni dai suoi familiari. Non poté mai conoscere direttamente il padre e fu strappato all’affetto materno in quanto la mamma era stata prima confinata e poi rinchiusa in un manicomio a Pergine. A soli dieci anni fu allontanato brutalmente dai nonni materni e dalla zia e inserito in un istituto. Anche la ragazza di cui si era innamorato quando aveva 18 anni, fu costretta, minacciata dal regime, ad abbandonarlo. Infine, il suo tutore, dietro ordini superiori, lo fece internare in manicomio.
Aveva 19 anni e risulta che si sia presentato volontariamente per farsi curare. In realtà non aveva il requisito fondamentale per farlo, visto che all’epoca la maggiore età si raggiungeva a 21 anni! La diagnosi fatta al manicomio di Mombello fu : “Sindrome Paranoide”.
Con il passare degli anni, vivendo in questa condizione angosciante, senza via d’uscita, finì lentamente nel baratro della disperazione e fu per lui sempre più difficile rimanere lucido. Fece un tentativo di evasione che durò pochissimo. Questa situazione lo fece cadere in un tunnel senza via di uscita, e a furia di imitare le gestualità del padre, probabilmente a un certo punto colse sul suo viso le stesse sembianze e cominciò a provocarsi profonde ferite sul volto.
Gli furono fatte delle cure molto pesanti ed ovviamente inutili. Morì per “marasma” termine che indica un deperimento fisico che porta allo stremo. Alla fine pesava la metà rispetto a quando era entrato. Fu seppellito nel cimitero comunale di Limbiate, in una fossa comune riservata ai malati del manicomio di Mombello nell’agosto del 1942 a soli 26 anni.
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