"Questa ricerca di Alice Brunello indaga l'apparato percettivo e cognitivo dell'organismo umano di fronte al grande sviluppo delle nuove tecnologie, con particolare riguardo al corpo e alle sue modificazioni, uniche vie di scampo in un ambiente in continua mutazione.
La ricerca di un rapporto più originario con la realtà porta le artiste a sperimentare modalità espressive legate al corpo. Un corpo che diviene specchio della propria intimità, luogo di appropriazione e conoscenza, passando attraverso la pelle e il con-tatto.
Alice Brunello utilizza la fotografia per indagare il confine che unisce e separa l’uomo dal mondo esterno, considerandolo non limite ma apertura dove inizia l’esplorazione. I corpi ripresi sono frammenti da ricomporre e da modellare, seguendo le tracce e i segni sulla pelle.
Parti del corpo di diversi individui, già modificate e segnate dal tatuaggio e dal taglio, vengono messe in posa fino a creare un’apparente unità formale che in realtà non è unica ma molteplice. La superficie fotografica diviene mezzo di comunicazione per creare un contatto interno ed esterno all’opera.
Se la superficie sensoriale è continuamente sollecitata da stimoli diversi, diventando luogo di contatto con la più profonda intimità, allo stesso modo viene vissuta come limite e chiusura.
"Pratiche di modificazione estrema del corpo, tatuaggio, piercing...sono i segni più evidenti di una mutazione che tende a ridisegnare i corpi del nuovo millennio. Corpo come strategia di mutazione, il luogo dove scrivere i segni e i sogni. Il corpo si fa carta, specchio supporto, diviene altro in un lungo e doloroso processo di modificazione che fonde pelle e inchiostro, carne e metallo.
Un corpo sconfina in un altro da sè, una ibridazione tra umano, primitivo, fantascienza, mitologia, un corpo come con-fusione di mondi, di generi, di elementi. Cicatrici indelebili come scelte di pensiero che si aziona sulla pelle, mutandola, trasformandola, alterandola.
Corpo come spazio della comunicazione diretta, come imprevedibile ipertesto urbano. Mettersi in gioco in prima persona, usare il proprio corpo come microcosmo, farlo diventare oggetto, un corpo attraversato dal mondo, da flussi contrapposti che ne disseminano le identità, un corpo come topografia multidimensionale dell' identità.
Ed è un nuovo corpo quello che ci appartiene, è un corpo "ripensato", capace di mutare, di trasfigurarsi. Un corpo di metamorfosi, di volti, di ruoli, di identità: corpo non psicologico, ma come superficie di iscrizione dei sogni, come metafora liberato dalla soggettività. Bisognerebbe avere la possibilità di modificare il proprio corpo a seconda della moltitudine delle identità che la mente produce, bisognerebbe avere la possibilità di non lasciarsi riconoscere, di essere in continua metamorfosi in cui il corpo non è più una dichiarazione di appartenenza, di razza, di sessualità."

Morena Schiffo - curatrice GALLERIA A+A (Venezia)