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Immagini » Reportage » Scheda Progetto

Supercarcere dell'Asinara
Autore: Beppe Ranieri - Pubblicato il 19/09/10 - Categoria Reportage
L’isola dell’Asinara diventa una colonia penale nel 1885, stesso anno in cui viene istituito anche il Lazzaretto. Il modello ispiratore era quello della colonia penale agricola dell’isola di Pianosa, nata nel 1858. Furono espropriati i terreni e i fabbricati di 500 isolani, per organizzare il carcere in insediamenti residenziali, detti anche “diramazioni”. A proporre il disegno di legge fu l’allora ministro dell’Interno Agostino De Pretis, che riteneva il carcere un’utilità per il governo e per i detenuti. Il governo, facendo lavorare i detenuti sull’isola, non avrebbe dovuto inviare del personale per la costruzione del lazzaretto, e i detenuti avrebbero potuto condurre una vita più attiva, secondo le parole di De Pretis: “…si era riconosciuto conveniente l’impianto di una colonia di coatti, dei quali molti si hanno sempre relegati in località in cui manca assolutamente il modo di occuparli al lavoro…e che pure ad essi si ravviserebbe conveniente trovare produttivo impiego”. Alla fine del 1888 nella colonia dell’Asinara si trovavano 254 detenuti. Il 25 giugno del 1971 sbarcano all’Asinara 15 presunti mafiosi. Cominciano gli anni del supercarcere o carcere di massima sicurezza, in cui, per la durezza e la rigidità dei sistemi di controllo dei detenuti, l’Asinara prenderà il nome di “Cajenna del mediterraneo”. È il ministero di Grazia e Giustizia, che ha la proprietà dell’isola da un punto di vista giuridico - istituzionale, a avviare dunque un processo di rafforzamento del carcere, anche se il comune di Porto Torres, la cui giurisdizione territoriale ricade l’Asinara, sperava di svincolare l’isola dal ministero rendendola un Parco naturale. Il comune dovrà invece pagare 750 lire al giorno per ognuno dei detenuti sospettati di appartenere alla mafia. Gli anni ’70 saranno i peggiori della storia del carcere dell’Asinara. Il clima di tensione dei detenuti, le violenze tra loro e verso le guardie, portano anche i direttori del carcere a prendere provvedimenti sin troppo drastici. Nel 1976 l’allora direttore del carcere Luigi Cardullo fece sparare dagli agenti contro un turista svizzero che aveva inavvertitamente oltrepassato il limite dei 500 metri imposto dalla capitaneria. In questo stesso anno il ministero per i beni culturali e amministrativi riconosceva per l’Asinara il vincolo paesaggistico dovuto alle sue bellezze naturali.

L’Asinara era dunque da una parte un luogo ameno di bellezza e dall’altro la sede di una delle carceri più dure d’Italia. “…il “lager di Stato” dove i detenuti e anche le guardie vi sono tenute in condizioni subumane” (La Nuova Sardegna, 1980) Negli anni ’80 il carcere si “normalizza”. I 450 detenuti lavorano e hanno delle condizioni migliori rispetto ai periodi precedenti. Il 27 dicembre 1997 il carcere viene chiuso e l’Asinara è proclamata ufficialmente Parco naturale. L’ultimo detenuto ha lasciato l’isola il 28 febbraio 1998.
 
"E’ un fortino bianco alla messicana, e tutt’intorno al muro esterno tanti fiori, sopra il muro le sentinelle. Trafila di cancelli e di chiavi nelle serrature., otto celle tre uomini in ognuna, spazio ristrettissimo, la finestra per l’aria sullo stesso lato della porta ( a fianco) . La porta è intera, non ha persiana, non passa aria, dietro la porta una cancellata di ferro , sbarre doppie alle finestre, nella cella letti a castello, molte, troppe cose, libri e radio, giornali frutta, file e file di bottiglie di plastica di acqua minerale, in una parola : soffocante.
La dimensione del silenzio è assoluta. C’è silenzio ovunque sull’Asinara, sul mare, sull’isola, nei suoi grandi spazi, nei burroni, nelle spiagge, qui c’è anche il silenzio degli uomini."

da Avvenimenti Italiani
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