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Tracce di Presenza Umana
Autore: Simone Stanislai
- Pubblicato il 27/12/09 - Categoria Paesaggio
Fondamenta di colline nell’ascesa
visibile solo la loro percorribile sostanza
non era comprensibile per il tempo umano
trovar con loro coincidenza
Simone Stanislai
TRACCE DI PRESENZA UMANA - Fotografie di Simone Stanislai
Tempo.
Si, credo che il lavoro di Simone abbia molto a che fare con il tempo.
La riconquista di un tempo, di una temporalità negata.
La fotografia come fatto poetico, estetico ma soprattutto come esercizio dell’anima.
Mi piace pensare alla sua fotografia come ad un esercizio di meditazione, ad una respirazione cosciente, magari come ad una pratica dello spirito. Nelle sue foto ci sento il camminare, l’atto stesso del cercare, l’odore dei mozzi, delle argille di quella stessa terra che dolcemente si lascia segnare lungo i declivi dagli strumenti del lavoro umano. Nel marasma apparentemente senza senso del mondo tecnologizzato le inquadrature di Simone, seppur vere, reali, mi rimandano a scenari metafisici, dove il tempo pare fermato, un respiro sospeso, appunto, dove un’orma, un solco o i cavi di un traliccio diventano apparizioni rivelatrici di un accordo possibile, semplice, tra l’umano e il naturale. Non v’è spettacolarizzazione in questa serie di immagini, non c’è gesto eclatante né posa teatrale, non c’è l’uomo con i suoi drammi, le sue problematiche, le sue virtù; non c’è l’uomo. Una scelta quella di Simone, un’accusa quasi, contro un antropocentrismo che troppo spesso ha la presunzione di poter modificare gli assetti naturali, di poter scavalcare la natura stessa, contro quest’uomo contemporaneo affrettato nelle calche indiscrete delle metropoli, adagiato nel lusso delle tecnologie senza fine, un uomo che pare abbia deciso di tagliare i ponti con le sue vere origini. “Vi scongiuro fratelli rimanete fedeli alla terra e non credete a coloro che vi parlano di speranze ultraterrene! Essi sono degli avvelenatori, che lo sappiano o no. Sono spregiatori della vita, moribondi ed essi stessi avvelenati, dei quali la terra è stanca.” Così Nietzsche si appellava, con un’intensità senza precedenti, all’umanità più di un secolo fa in previsione di una frattura incontrollabile tra l’uomo e la sua madre generatrice. Ed è così che Simone fa della terra la vera protagonista di questo percorso poetico, riducendo l’uomo a traccia, passaggio discreto, leggero, le cui orme affondano sulla superficie crettata dall’arsura estiva. Le tracce dei macchinari agricoli, i solchi, le strade, i recinti, le ombre si fanno al suolo percorsi dello sguardo, in un movimento morbido, carnale: quasi vorresti sapere dove iniziano e dove finiscono. Non ci è dato saperlo.
Alessio Marolda
12 Dicembre 2009
visibile solo la loro percorribile sostanza
non era comprensibile per il tempo umano
trovar con loro coincidenza
Simone Stanislai
TRACCE DI PRESENZA UMANA - Fotografie di Simone Stanislai
Tempo.
Si, credo che il lavoro di Simone abbia molto a che fare con il tempo.
La riconquista di un tempo, di una temporalità negata.
La fotografia come fatto poetico, estetico ma soprattutto come esercizio dell’anima.
Mi piace pensare alla sua fotografia come ad un esercizio di meditazione, ad una respirazione cosciente, magari come ad una pratica dello spirito. Nelle sue foto ci sento il camminare, l’atto stesso del cercare, l’odore dei mozzi, delle argille di quella stessa terra che dolcemente si lascia segnare lungo i declivi dagli strumenti del lavoro umano. Nel marasma apparentemente senza senso del mondo tecnologizzato le inquadrature di Simone, seppur vere, reali, mi rimandano a scenari metafisici, dove il tempo pare fermato, un respiro sospeso, appunto, dove un’orma, un solco o i cavi di un traliccio diventano apparizioni rivelatrici di un accordo possibile, semplice, tra l’umano e il naturale. Non v’è spettacolarizzazione in questa serie di immagini, non c’è gesto eclatante né posa teatrale, non c’è l’uomo con i suoi drammi, le sue problematiche, le sue virtù; non c’è l’uomo. Una scelta quella di Simone, un’accusa quasi, contro un antropocentrismo che troppo spesso ha la presunzione di poter modificare gli assetti naturali, di poter scavalcare la natura stessa, contro quest’uomo contemporaneo affrettato nelle calche indiscrete delle metropoli, adagiato nel lusso delle tecnologie senza fine, un uomo che pare abbia deciso di tagliare i ponti con le sue vere origini. “Vi scongiuro fratelli rimanete fedeli alla terra e non credete a coloro che vi parlano di speranze ultraterrene! Essi sono degli avvelenatori, che lo sappiano o no. Sono spregiatori della vita, moribondi ed essi stessi avvelenati, dei quali la terra è stanca.” Così Nietzsche si appellava, con un’intensità senza precedenti, all’umanità più di un secolo fa in previsione di una frattura incontrollabile tra l’uomo e la sua madre generatrice. Ed è così che Simone fa della terra la vera protagonista di questo percorso poetico, riducendo l’uomo a traccia, passaggio discreto, leggero, le cui orme affondano sulla superficie crettata dall’arsura estiva. Le tracce dei macchinari agricoli, i solchi, le strade, i recinti, le ombre si fanno al suolo percorsi dello sguardo, in un movimento morbido, carnale: quasi vorresti sapere dove iniziano e dove finiscono. Non ci è dato saperlo.
Alessio Marolda
12 Dicembre 2009
Gradimento: Fantastico
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Commenti:
19/02/11 22:20
andrea franci scrive:
un progetto davvero molto interessante e foto splendide ! ottime composizioni e ottima post !
03/06/10 20:08
d_2tf__08 scrive:
davvero notevoele____set fantastico____
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