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Sussidiario Egoista
Autore: Alessandro Pagni
- Pubblicato il 30/05/11
Non sono mai riuscito, nella mia vita, a tenere un diario in modo costante.
Non sono un individuo particolarmente lineare.
Ma è capitato che in ogni momento della mia esistenza sentissi il bisogno di raccogliere briciole, impressioni sfuggenti, piccoli punti e appunti interrogativi, immagini, oggetti, foglie e foglietti, che scandissero il rintocco delle ore e dei giorni.
Ma nel caos della mia testa e del mio vivere quotidiano, questi cimeli non avevano un loro posto preciso e finivano accatastati un po' ovunque, ammassati alla rinfusa senza riuscire a trovare una strada, né tantomeno un senso compiuto.
Sussidiario Egoista è quel senso che tanto cercavo per tutti quei giorni passati, fragili e biodegradabili.
Un archivio egoista, per la personale "memoria storica" del sottoscritto.
Sussidiario sia perchè mi è di supporto nella comprensione retroattiva della mia vita, sia perchè mi fa pensare a quei libri adottati dai bambini delle elementari per imparare a comprendere le materie che si porteranno dietro per anni.
E infondo questo mio incollare, attaccare, ricercare, colorare, e poi scannerizzare, aggiungendo ulteriormente, in digitale, dove serve, piccoli ritocchi (o creazione ex novo totalmente immateriali), è fondamentalmente un gioco di bambino.
Un gioco che mi aiuta a ripercorrere episodi passati e a leggerli col filtro del tempo e dei possibili paragoni e accostamenti con vite e pensieri altrui, in modo da dare ad alcuni giorni del mio trascorso, una chiave di lettura nuova.
Quando è cominciato, il Sussidiario Egoista, non aveva una direzione precisa e le pagine si componevano da sole, con l'istinto e l'improvvisazione: c’era una componente più materiale e meno concettuale nel mio modo di agire.
Qualcosa che ricordava piuttosto la sedimentazione naturale di tracce.
Col passare del tempo però ho sentito sempre più (in modo comunque spontaneo) forte, la necessità di un progetto, di una pre-visualizzazione della pagina che andavo a comporre.
Ogni ricordo allora si è arricchito di una serie di divertissement e accostamenti che rimandano ad altre vite più autorevole dove c'è da imparare qualcosa, di una struttura che lascia sempre meno spazio al caso e un continuo sguardo verso il mondo del medium fotografico con le sue caratteristiche tecniche e filosofiche.
E il risultato finale è una fotografia bidimensionale, appiattita in tutte le sue componenti, ridotta a pensiero, a idea senza alcun appiglio materiale.
Non sono un individuo particolarmente lineare.
Ma è capitato che in ogni momento della mia esistenza sentissi il bisogno di raccogliere briciole, impressioni sfuggenti, piccoli punti e appunti interrogativi, immagini, oggetti, foglie e foglietti, che scandissero il rintocco delle ore e dei giorni.
Ma nel caos della mia testa e del mio vivere quotidiano, questi cimeli non avevano un loro posto preciso e finivano accatastati un po' ovunque, ammassati alla rinfusa senza riuscire a trovare una strada, né tantomeno un senso compiuto.
Sussidiario Egoista è quel senso che tanto cercavo per tutti quei giorni passati, fragili e biodegradabili.
Un archivio egoista, per la personale "memoria storica" del sottoscritto.
Sussidiario sia perchè mi è di supporto nella comprensione retroattiva della mia vita, sia perchè mi fa pensare a quei libri adottati dai bambini delle elementari per imparare a comprendere le materie che si porteranno dietro per anni.
E infondo questo mio incollare, attaccare, ricercare, colorare, e poi scannerizzare, aggiungendo ulteriormente, in digitale, dove serve, piccoli ritocchi (o creazione ex novo totalmente immateriali), è fondamentalmente un gioco di bambino.
Un gioco che mi aiuta a ripercorrere episodi passati e a leggerli col filtro del tempo e dei possibili paragoni e accostamenti con vite e pensieri altrui, in modo da dare ad alcuni giorni del mio trascorso, una chiave di lettura nuova.
Quando è cominciato, il Sussidiario Egoista, non aveva una direzione precisa e le pagine si componevano da sole, con l'istinto e l'improvvisazione: c’era una componente più materiale e meno concettuale nel mio modo di agire.
Qualcosa che ricordava piuttosto la sedimentazione naturale di tracce.
Col passare del tempo però ho sentito sempre più (in modo comunque spontaneo) forte, la necessità di un progetto, di una pre-visualizzazione della pagina che andavo a comporre.
Ogni ricordo allora si è arricchito di una serie di divertissement e accostamenti che rimandano ad altre vite più autorevole dove c'è da imparare qualcosa, di una struttura che lascia sempre meno spazio al caso e un continuo sguardo verso il mondo del medium fotografico con le sue caratteristiche tecniche e filosofiche.
E il risultato finale è una fotografia bidimensionale, appiattita in tutte le sue componenti, ridotta a pensiero, a idea senza alcun appiglio materiale.
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