Luca Abete – Intervista per Photographers.it

Luca Abete - Intervista per Photographers.it
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Ph – Cosa ti ha spinto a dare il via a questo progetto?

Luca – Volevo dimostrare che i tempi stavano cambiando. Che la fotografia non era solo una forma artistica ma anche un innovativo strumento di comunicazione e come tale volevo sperimentarlo. Le fotocamere compatte tascabili erano alleati meravigliosi per “fermare” ogni momento notevole. I social network iniziavano a diffondersi. Era quindi una provocazione perché volevo dimostrare ai puristi che la fotografia, seppur in ambiti diversi, stava diventando qualcosa di diverso.

Ph – Un esperimento insomma ma anche una sfida con te stesso?

Luca – Si ad animare il format c’è una sfida: individuare un attimo e quindi uno scatto, che potesse rappresentare la mia giornata. Un impegno quotidiano con regole precise e senza sconti: se salto una pubblicazione nelle 24 ore, il gioco è finito! L’inizio è stato impegnativo, poi ci ho preso la mano.

Ph – L’idea dell’autoscatto poi ha anticipato di qualche anno la moda del selfie…

Luca – Avevo un alleato, la fotocamera sempre con me e un problema, ovvero, chi scatterà la foto quando mi troverò solo? La prima fotografia è nata dopo un conto alla rovescia di 10 secondi con la “compattina” ferma su una cassetta elettrica. L’idea di girare verso di me l’obiettivo e cliccare alla cieca però ha preso subito il sopravvento, e giorno dopo giorno, inconsapevolmente ho sperimentato prima di molti la tecnica del selfie.

Ph – Insomma il selfie prima del selfie. Come hai vissuto poi la diffusione di questa tecnica?

Luca – Non mi sembrava vero. Ero felice. Vedevo i social network riempirsi di autoscatti fatti proprio come li realizzavo io. Ero contento personalmente di aver anticipato una moda ma anche per la conferma di un’evoluzione della narrazione fotografica personale di tanti. I primi tempi non sono mancati giudizi negativi sul selfie, presentato come strumento utilizzato da ragazzini senza valore. Poi si è diffuso talmente che nessuno ne ha potuto mettere più in dubbio la bontà.

Ph – Tu hai ricevuto critiche?

Luca – Dopo i primi tempi ho subito constatato un crescente interesse sul mio progetto. Inaspettatamente mi venivano richieste interviste per raccontarlo. Mentre però venivo invitato a realizzare mostre o partecipare a dibattiti, non mancava chi giudicava questo format negativamente. Per fortuna sono abituato alle critiche e alle contestazioni. Quindi ho rispedito al mittente ogni accusa, ho utilizzato le osservazioni che ricevevo per migliorarlo e continuare.

Ph – Il format all’inizio strizzava l’occhio soprattutto al target giovanile?

Luca – Decisamente. In un evento organizzato presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli trovai l’aula piena di studenti. Erano lì perché si parlava di ciò che faceva ormai parte della loro quotidianità. Far capire loro la potenza dello strumento e il valore di ciò che avrebbero potuto produrre era per me più importante di ogni critica che si basava sull’analisi degli aspetti degenerativi. A me, invece, piaceva l’idea di indirizzare sensibilità e creatività nella direzione più sana.

Ph – 5000 scatti è un bel numero. Sceglierne uno preferito è impossibile?

Luca – Sono tutti momenti della mia vita e quindi belli da rivivere. Ed è proprio nella somma che sta un aspetto potentissimo. La forza di un mosaico unito che sorprende per quel che è diventato, ma che può essere “sbriciolato” in 5000 pezzettini preziosi. In ognuno io ritrovo, talvolta stupendomi, luoghi, persone, circostanze dimenticate. Mi capita di rivivere anche gli umori di quel momento, gli odori, le sensazioni.

Ph – One Photo One Day continuerà per per sempre?

Luca – Certo. Io credo che tutti noi dovremmo provare a fare qualcosa del genere. anzi è l’augurio che mi sento di fare. Più che adottare la fotografia per raccontarci agli altri in un post sui social network, dovremmo iniziare a utilizzarla per fermare attimi che un giorno riconosceremo come preziosi. Magari stampandoli, oppure catalogandoli in una raccolta on line proprio come ho fatto io. E’ una sfida anche contro il tempo che passa, che vuole seppellire i ricordi e non ci riesce perchè da 5000 giorni, senza saltarne uno, li ho raccolti in un album digitale sul web, sfogliabile, che vive di quello che sono oggi e di ciò che sono stato nel tempo.

Una foto al giorno, quindi, per raccontare un momento della vita da reporter televisivo tra la gente o di quella personale, per sorprendere e riflettere, ironizzare e veicolare messaggi sociali. Ogni foto, caricata su Flickr a https://www.flickr.com/photos/onephotooneday/,  riporta un numero stampato in maniera digitale che attesta la pubblicazione associata quindi alla data. Un esperimento che, anticipando la moda del selfie, consente, oltre ogni riferimento personale del protagonista, di tracciare anche un’analisi dei radicali cambiamenti avvenuto negli ultimi anni. Complimenti Luca, ormai ufficialmente un riconosciuto Fotografo.

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