Alberto Roveroni

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Inizia a suonare la batteria all’età di 10 anni, a 12 “ruba” due registratori a cassette ai fratelli maggiori cercando di creare un 4 piste casalingo collegando in parallelo i motori… primo tentativo fallito, ma la passione per la musica e la tecnologia da allora non si sono più fermate.
A 19 anni apre il suo primo studio di registrazione “La Fabbrica del suono” a Padova, a 24 il primo tour all’estero come programmatore midi e fonico, a 26 fonda a Londra uno dei primi VJ group dell’epoca, “Cluster-1” remixando per Peter Gabriel:)

Con Gary Marlowe per alcuni anni produce colonne sonore per Film cinema e Tv per il mercato Tedesco, poi si trasferiscs a Milano a si occupa di fonica e produzione per molti artisti italiani lavorando a stretto contatto per molti anni con i Pooh e Mario Biondi e collaborando con: Gianluca Grignani, Amoroso, Nick The Nightfly, Enrico Ruggeri, Eugenio Finardi, Marco Masini, Tuck & Patty, Marco Carta, Anna Tatangelo, Luca Carboni e molti, molti altri. Dal 2016 con l’azienda “BoXy” fondo LePark, primo hub creativo per artisti in italia con lo scopo di ospitare artisti e talenti vari e connetterli tra loro e con il resto dell’industria.

Attualmente si occupa dello sviluppo italiano ed estero di BoXy, di management per artisti e come co-founder dello sviluppo della rete LePark con lo scopo ci creare una community di artisti e addetti ai lavori connessa e proattiva.

La passione per la tecnologia e la musica mi hanno spinto a creare insieme a dei meravigliosi collaboratori Smart Audio Acoustic Solution, con lo scopo di creare una piattaforma di consulenza, scambio e divulgazione per il mondo dell’audio e della produzione.

http://www.albertoroveroni.com

il sunto dell’intervento di  Alberto Roveroni al convegno AI Next Step

AI come uno strumento inevitabile, un facilitatore o un possibile pericolo? Quali sono le ripercussioni in positivo e in negativo? Ed a livello sociale cosa porterà?

Io credo che a volte vada cambiato il punto di vista prospettico per poter decifrare questo tsunami tecnologico, che per forza di cose è ancora un prodotto in mano nostra, per esempio usare le AI come facilitatori anziché come “eliminatoria” di posti di lavoro, stiamo impiegando le AI per provare a fargli fare quello che noi facciamo meglio e loro peggio, creare, mentre si parla meno di come possano invece risolverci processi tediosi.

Questo vale in campo artistico, tecnico, quotidiano.

Da quando si parla di AI il denominatore comune è confusione e paura, proviamo vederla da un punto di vista diverso: AI come evoluzione di un processo di interazione tra digitale e flusso di lavoro iniziato fin dal primo PC disponibile a livello consumer.

Non sono un esperto di AI dal punto di vista dell’ingegnerizzazione, ma un avido fruitore dal punto di vista artistico, hobbystico e di intrattenimento personale, evedendo l’arte come uno scambio di emozioni tra esseri umani, è interessante analizzare questo connubio analogico/digitale/emozionale.

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